martedì 13 settembre 2022

"Il morso della vipera", Alice Basso

 

Torino, giugno 1935. Anita è la più bella ragazza del quartiere, nessun uomo rimane indifferente di fronte alle sue forme e ai lunghi capelli neri. Anita sa quello che tutti pensano: che se una donna è bella, allora è inevitabilmente stupida e lei non ha mai esitato a sfruttare questa convinzione a suo vantaggio. Del resto è anche vero che a scuola non ha mai brillato (a differenza della sua migliore amica Clara, che incarna l'altro luogo comune di cui sono vittime le donne: bruttezza = intelligenza), ma quel diploma preso all'istituto professionale adesso le torna utile per realizzare un suo desiderio, quello di lavorare per sei mesi prima di convolare a giuste nozze con il fidanzato Corrado.
Un desiderio che, in verità, non sapeva neppure di avere prima che le sfuggisse di bocca al momento della proposta di lui...
Ma adesso un lavoro lo ha: è la dattilografa della casa editrice Monné, quella che stampa la rivista di racconti gialli "Saturnalia". Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, Anita batte sui tasti della Olivetti M40 quello che Sebastiano Satta Ascona traduce e inventa: perché lui, oltre a tradurre i racconti gialli americani, è l'autore della serie che ha come protagonista il commissario Bonomo.
Anita, che non è mai stata amante della lettura, scopre all'improvviso quanto sia bello immergersi nelle parole. A non piacerle sono solo le avventure di Bonomo, un fascistone come il suo creatore... o forse no?

Il mese scorso avevo letto l'ultimo libro con Vani Sarca come protagonista e non avevo in programma di buttarmi subito in questa nuova serie di Alice Basso.
Ma poi sono uscite le tracce di settembre della Reading Challenge... La prima recita "il primo libro di una serie" e la mia wish list mi offriva due opzioni: Anita Bo della Basso oppure la trilogia di Notting Hill di Madeleine St John. Ha vinto la Basso solo perché un'altra traccia del mese chiede che venga letto un libro con un mezzo di comunicazione in copertina e nel secondo di questa serie ("Il grido della rosa", che ho già iniziato oggi al mare) c'è un bel telefono in bachelite.
C'è anche una traccia per la quale bisogna leggere un libro con un investigatore dilettante o professionista, così, se ne avrò il tempo, leggerò anche il terzo (e per ora ultimo) romanzo di questa serie ("Una stella senza luce").

Da questo via uno, sotto l'altro sarebbe lecito pensare che questo libro mi sia piaciuto da morire. Invece no. E' senz'altro una serie che voglio proseguire, il punto di forza (e contemporaneamente anche il grosso, enorme, limite) dei libri di Alice Basso è la semplicità: pura lettura di svago, piacevole (se piace il genere, ovvio), rilassante, divertente. Libri così è difficile che possano "piacere da morire", di certo non a me. Si lasciano leggere (o leggiucchiare, come direbbe l'autrice ^^) e non distraggono né impegnano quando ci si dedica a più di un titolo contemporaneamente.

E qui scatta l'impietoso paragone con Gianrico Carofiglio: ieri, dopo aver finito "Il morso della vipera", ho iniziato "Rancore", il secondo della serie di Penelope Spada. Sono arrivata solo al 21%, che corrisponde grossomodo a pagina 43, ma posso già fare un confronto fra questi due gialli che hanno come protagonista una investigatrice donna: la distanza fra loro è abissale.

E non mi riferisco alle storie gialle che raccontano: quella di "Rancore" nel punto in cui sono arrivata è ancora ai preludi, mentre quella de "Il morso della vipera" - un cold case risalente al 1919 - è solo il pretesto su cui Alice Basso ha costruito e raccontato non solo la sua protagonista, ma anche i vari personaggi seriali (Sebastiano, Corrado, Clara, ma anche la famiglia Bo e gli altri minori). Un abbozzo di gialletto, in linea con quelli che impegnavano Vani Sarca: ci stà, se si cerca un vero giallo si legge altro.

L'abisso che separa Carofiglio dalla Basso sono i contenuti: il 21% di "Rancore" mi ha già fornito nozioni sui metodi di indagine e considerazioni politiche e sociali al limite della saggistica. Carofiglio non rientra nel mio concetto di lettura di svago: raramente è rilassante; il suo umorismo è particolare, personalmente lo amo, ma non è per tutti; e nei suoi libri ci mette tutta la sua esperienza di magistrato e politico finendo col fare scuola.

Alice Basso non ha il suo spessore, forse non vorrebbe neppure averlo, di sicuro neanche prova ad avvicinarcisi. Però questa volta ha scelto di ambientare la sua nuova serie in epoca fascista. Nella postfazione spiega il perché di questa scelta e perché abbia optato per il 1935 come anno di ambientazione:

"Perché ho pensato che ambientare una storia nel 1938 significasse per noi, lettori di oggi, farla troppo facile. Il 1938 è l’anno delle leggi razziali in Italia, della Conferenza di Monaco; c’era il Minculpop, si era già visto cos’avevano fatto in Etiopia, cosa stava facendo l’amicone Hitler eccetera. Noi, oggi, se guardiamo al 1938, lo vediamo subito, da che parte stanno i cattivi. Poi lo sappiamo, perché lo studiamo a scuola, che essere italiani e antifascisti nel 1938 era difficilissimo, che a esserci in mezzo c’era il rischio di non capirci niente o di cedere alla tentazione di non voler capire, che opporsi era così pericoloso e inusuale che la maggior parte dei cittadini non prendeva neanche in considerazione di poterlo fare eccetera; però, lo stesso, per noi lettori di oggi è più facile, forse anche più interessante, identificarci con quell’atmosfera ancora nebulosa che aleggiava fino al 1935. Quella in cui le cose non erano ancora esplose, tanta gente era ancora disposta a stare a vedere, a dire sì, mah, però, tutto sommato, ad accettare il compromesso. Ecco. Secondo me quell’atmosfera lì sì che ci fa suonare delle corde interiori."
Non sono d'accordo. Dal 10 giugno 1924 era chiaro per chiunque cosa fosse il fascismo. Undici anni dopo l'atmosfera non era affatto "nebulosa" e siccome vengo da una famiglia che non ha mai accettato "il compromesso" (pagandone le conseguenze) non ho digerito la bonarietà con cui la Basso ha intriso questo libro. Molti torinesi figli o nipoti dei miei omologhi genovesi racconterebbero episodi ben diversi da quelli al limite della caricatura interpretati da Anita e dagli altri. Leggendo ho più volte pensato che il libro aspirasse a candidarsi per una fiction di mamma RAI, ma - soprattutto quando l'Italia è prossima all'essere di nuovo governata da un partito che ha la fiamma nel suo simbolo - è bene essere chiari e netti quando si racconta cosa è e cosa è stato il fascismo. E' proprio il momento storico più sbagliato per essere magnanimi.

Reading Challenge 2022, traccia di settembre: il primo libro di una serie