giovedì 15 settembre 2022

"La bambina con il cappotto rosso", Kate Hamer

 

Norfolk (Inghilterra), marzo 2000. Carmel, otto anni appena compiuti, è una bella bambina, intelligente e un po' svagata. Sembra aver superato serenamente la separazione dei genitori, è meglio non vederli più insieme se vederli insieme significa vederli litigare. E pazienza se sono cinque mesi che suo padre non la cerca, lui ha una nuova casa, una nuova compagna, una nuova vita, ma per fortuna Carmel ha ancora la sua mamma, ogni tanto bisticciano, ma si vogliono tanto bene, fanno tutto insieme e adesso le ha anche regalato quel bellissimo montgomery rosso, il suo colore preferito! La mamma le ha promesso che appena avrà risparmiato abbastanza soldi le comprerà anche le scarpe che hanno visto in una vetrina di un negozio in città, sembrano due coccinelle e Carmel non vede l'ora di averle ai piedi. Ma intanto si può distrarre con le loro gite, di recente sono andate in un labirinto bellissimo, quando è arrivata al centro Carmel si è addirittura addormentata sotto a un albero e purtroppo non ha sentito la mamma che la chiamava. E' stato il custode a ritrovarla quando era già buio. Non aveva mai visto la mamma così preoccupata...
Così lo sa di fare qualcosa di sbagliato quando al festival delle storie si nasconde sotto a un tavolo, ma non ne può più di essere strattonata dalla mamma che non le lascia la mano neppure per un attimo, non permettendole di sfogliare i libri come vorrebbe! Un attimo di distrazione e Carmel scivola sotto al tavolo, ma poi ci resta per troppo tempo, come nel labirinto, e quando esce fuori la mamma non c'è più. Si mette a cercarla, ma trova solo quel signore con gli occhiali rotondi che aveva già notato in precedenza, senza mai parlargli. Questa volta, però, lui le va vicino e le dice qualcosa di terribile: sua madre è stata investita da un camion mentre la cercava e l'hanno portata in ospedale. Gli ha chiesto di badare a lei perché lui è suo nonno.
E Carmel lo segue, perché ha otto anni, perché lo sa di avere davvero un nonno anche se non lo ha mai visto, perché si sente in colpa per l'incidente della madre e perché non sa che quell'uomo in realtà la sta rapendo.

Opera prima, scritta nel 2015, da questa gallese autrice di almeno altri due romanzi, ma per ora in italiano (e in altre quindici lingue) è stato tradotto soltanto questo.

Una discreta penna, uno stile che non è scontato trovare all'esordio. Soprattutto una grande capacità nel dare voce ai pensieri e agli stati d'animo di una bambina nei capitoli dove è Carmel la voce narrante e nel trasmettere il panico (prima) e il senso di vuoto (poi) di Beth, la madre, in quelli dove è lei raccontare.

"Andarmene da quel posto sarebbe stata un'ammissione, eravamo arrivate in due e me ne andavo via da sola"
Un libro che però mi ha delusa. L'inizio è davvero coinvolgente (e sconvolgente), decisamente thriller, con il rapimento di questa bambina - tema decisamente abusato all'epoca dell'uscita - che però si distingue per la particolarità della convinzione da parte di Carmel di essere stata affidata al nonno materno. Ma una volta avvenuto il rapimento la suspense cessa di colpo e il libro va a rientrare nel genere di narrativa contemporanea (come viene classificato sui soliti Amazon e IBS), di stampo altamente drammatico. L'adrenalina torna a riaffacciarsi ancora un paio di volte nelle pagine, ma giusto un guizzo, possibili svolte che l'autrice abortisce subito creando non poca delusione da parte di chi, come me, dalla trama e dall'incipit pensava di aver comprato e di stare leggendo un thriller. Manca però tutta la parte investigativa, la vicenda non si focalizza mai sulle indagini della polizia, la storia non viene mai spiegata dal punto di vista dei detective, né viene mai detto cosa fanno. Ma ci sono svariati punti inseriti nella trama che poi non vengono sviluppati e/o chiariti, difetti che per alcuni possono essere irrilevanti, ma che io noto e biasimo. In generale manca proprio il giusto equilibrio fra le parti: il contrasto fra l'inizio altamente trascinante e tutto il corpo centrale lento, ripetitivo, addirittura noioso, è già di per sé penalizzante, ma poi si arriva a un finale che sembra mozzato di netto: è conclusivo, ma non è esaustivo e dopo tutta quella staticità il lettore avrebbe diritto a essere reso partecipe di ciò che accade, mentre si ha la sensazione di essere cacciati via.

Reading Challenge 2022, traccia di settembre: un libro con un colore nel titolo