Amsterdam, fine ottobre di un anno non precisato. Quanta pazienza ha avuto Vera con Luuk? Tanta. Per anni ha fatto di tutto per rendergli la vita il più tranquilla possibile in modo che lui potesse concentrarsi unicamente sulla scrittura del suo libro. E dopo aver abbandonato gli studi al terzo anno di università aveva accettato un lavoro mediocre per poter mantenere la famiglia. Poi, quando Luuk era caduto in depressione dopo la stroncatura del suo primo lavoro da parte di una editor, lei aveva sopportato il suo malumore senza mai smettere di spronarlo, esaltando in ogni modo possibile la sua superiorità.
E alla fine ce l'aveva fatta: "La soglia del dolore" - il saggio filosofico di Luuk Van Vleuten (oltre 900 pagine dal margine stretto e prive di capitoli, scritte con un font piccolo, con pochissima punteggiatura e con periodi lunghi spesso più di una pagina) - adesso occhieggia dalle vetrine delle librerie.
Ma Vera viene esclusa dai festeggiamenti perché Luuk ha lasciato lei e Timo sei mesi prima.
Ma come farà a conservare tutta quella calma e quell'equilibrio dopo aver scoperto che Luuk nel libro parla di lei, descrivendo se stesso come un pensatore appassionato che è riuscito a resistere ai richiami di lei, "una sirena della mediocrità" che ha cercato di "attirarlo nelle spire di una banale esistenza"?
"Siediti sulla riva del fiume e aspetta: prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico": così diceva Confucio e magari è anche un buon consiglio, ma io appartengo al genere di persona che nel fiume ci si butta e che nuota controcorrente andando a cercare il nemico.
Vera Samson, invece, è una di quelle persone che sulla riva del fiume ci mette radici e che, quando finalmente il nemico passa, lo saluta e gli manda dei baci.
Una divergenza di caratteri che mi ha creato un'infinita insofferenza nei confronti del personaggio, e non tanto per la sua remissività - di per sé già parecchio esasperante - ma soprattutto per la sua indecisione e le sue insicurezze.
Detto questo, "La moglie del filosofo" è un buon libro: se gli ho preferito "La bottega del cioccolato", letto il mese scorso, è proprio perché mi sono sentita molto più vicina al burbero Joop che all'accomodante Vera, ma anche questa volta l'olandese Philibert Schogt ha raccontato una storia piacevole da leggere e ben scritta, giusto un pochino ostica per me nei rimandi filosofici e con un finale amaro, ma cucito addosso alla protagonista.
E alla fine ce l'aveva fatta: "La soglia del dolore" - il saggio filosofico di Luuk Van Vleuten (oltre 900 pagine dal margine stretto e prive di capitoli, scritte con un font piccolo, con pochissima punteggiatura e con periodi lunghi spesso più di una pagina) - adesso occhieggia dalle vetrine delle librerie.
Ma Vera viene esclusa dai festeggiamenti perché Luuk ha lasciato lei e Timo sei mesi prima.
"Si era ripromessa solennemente di non fare la fine della ex acida e inviperita, ed era molto orgogliosa quando le sue amiche la trovavano così calma ed equilibrata, nonostante tutto."
Ma come farà a conservare tutta quella calma e quell'equilibrio dopo aver scoperto che Luuk nel libro parla di lei, descrivendo se stesso come un pensatore appassionato che è riuscito a resistere ai richiami di lei, "una sirena della mediocrità" che ha cercato di "attirarlo nelle spire di una banale esistenza"?
"Siediti sulla riva del fiume e aspetta: prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico": così diceva Confucio e magari è anche un buon consiglio, ma io appartengo al genere di persona che nel fiume ci si butta e che nuota controcorrente andando a cercare il nemico.
Vera Samson, invece, è una di quelle persone che sulla riva del fiume ci mette radici e che, quando finalmente il nemico passa, lo saluta e gli manda dei baci.
Una divergenza di caratteri che mi ha creato un'infinita insofferenza nei confronti del personaggio, e non tanto per la sua remissività - di per sé già parecchio esasperante - ma soprattutto per la sua indecisione e le sue insicurezze.
"Vera sospira pensando agli anni dell'università e a quanto fosse mortificante constatare come si facesse prendere dal panico se Luuk non le teneva la mano."
Detto questo, "La moglie del filosofo" è un buon libro: se gli ho preferito "La bottega del cioccolato", letto il mese scorso, è proprio perché mi sono sentita molto più vicina al burbero Joop che all'accomodante Vera, ma anche questa volta l'olandese Philibert Schogt ha raccontato una storia piacevole da leggere e ben scritta, giusto un pochino ostica per me nei rimandi filosofici e con un finale amaro, ma cucito addosso alla protagonista.
Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: libreria