mercoledì 26 febbraio 2025

"The help", Kathlyn Stockett

 

Jackson (Mississippi), agosto 1962.

"Provi mai il desiderio di... cambiare le cose?"

La destinataria della domanda è Aibileen Clark, 53 anni, bambinaia e domestica nera. A rivolgergliela è Eugenia "Skeeter" Phelan, trent'anni di meno, bianca, tornata a casa da tre mesi dopo aver conseguito una doppia laurea, in inglese e in giornalismo.
Mentre lei studiava Elizabeth e Hilly, sue amiche fin dall'infanzia, hanno fatto quello che ci si aspetta da ogni brava ragazza: si sono sposate e sono diventate madri. Esattamente quello per cui Eugenia subisce pressioni da parte della madre, mentre lei ha un solo grande sogno: diventare scrittrice.
La domanda arriva un mercoledì pomeriggio, giorno della partita a bridge a casa di Elizabeth. Eugenia si è accorta che Aibileen ha sentito quando Hilly si è messa a pontificare sull'esigenza di avere un gabinetto esterno per i domestici di colore, "perché i negri portano malattie".
Una domanda troppo grande per Aibileen, che fin dalla nascita non ha mai avuto dubbi su quale sarebbe stato il suo destino, né speranze di poterlo cambiare.
Finché da Miss Skeeter arriva una proposta: raccontare in forma anonima cosa devono sopportare i neri a servizio dai bianchi.
Nel profondo Sud degli Stati Uniti, dove il Ku Klux Klan non ha mai smesso di uccidere e di farla franca, Aibileen è consapevole dei rischi dell'impresa, ma adesso che le è stato chiesto ha capito che, sì, il desiderio di cambiare le cose lei lo ha provato. Eccome!

"Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla"
(Martin Luther King)

Kathlyn Stockett, mia coetanea (1969), è nata e cresciuta proprio a Jackson. Nel 2009, dopo ben sessanta rifiuti da parte degli editori, è riuscita a pubblicare la sua opera prima (e tutt'ora ancora unica). Un esordio notevole, un tomo di 526 pagine che scorrono appassionando, coinvolgendo, commuovendo e facendo rabbrividire.

Fra i fatti realmente accaduti citati c'è l'uccisione di Medgar Evers, attivista per i diritti civili, avvenuta il 12 giugno 1963 a opera di un membro del Ku Klux Klan, Byron De La Beckwith, che lo freddò con un colpo di fucile alla schiena mentre rincasava, venendo poi assolto in due processi con giuria interamente bianca svoltisi nel 1964.
Alla condanna all'ergastolo si arrivò trent'anni dopo, nel 1994.

E' un libro che merita la fama di essere bello, ma che personalmente avrei preferito più incisivo.
I capitoli si alternano fra Eugenia, Aibileen e Minny, la terza splendida protagonista, e sono loro le voci narranti, per cui è corretto che parlino, ragionino e si comportino come donne bianche benestanti e come donne nere di servizio dell'epoca, ma la Stockett avrebbe potuto dare più risalto ai fatti epocali accaduti in quegli anni - la marcia su Washington dell'agosto 1963, l'assassinio di Kennedy, la guerra in Vietnam - che invece si riducono a miseri accenni.

E leggendo di pari passo un libro su Jim Morrison - che una manciata di anni più tardi rispetto all'ambientazione di "The Help", si opponeva non solo alla guerra, ma anche al perbenismo e al capitalismo dell'America, e lo faceva in tempo reale - mi è mancata una vera condanna da parte dell'autrice che nei ringraziamenti ricorda
 Demetrie McLorn, la domestica di quando era bambina, a cui dedica l'appendice dicendo una grande verità:

"Di un fatto sono sicura: non credo di sapere che cosa significasse davvero essere una donna nera in Mississippi, specialmente negli anni Sessanta. Penso che nessuna bianca che stacca un assegno per pagare una nera possa mai capirlo veramente."

Ma intanto il libro lo ha dedicato a suo nonno, non alla balia di colore...

Reading Challenge 2025, traccia di febbraio: un  libro con più di 500 pagine

domenica 23 febbraio 2025

"Lungo petalo di mare", Isabel Allende

 

Lungo petalo di mare e vino e neve

E' così che Pablo Neruda ha descritto il suo Cile. Suo e di Isabel Allende e l'autrice lo ha omaggiato aprendo ognuno dei tredici capitoli del libro, scritto nel 2019, con un suo verso.

Ignoravo il ruolo fondamentale svolto da Neruda nell'ideazione e organizzazione del corridoio umanitario che portò in Cile circa duemila spagnoli repubblicani costretti all'esilio al termine della guerra civile spagnola. Il piroscafo Winnipeg salpò da Paulliac il 4 agosto 1939 e Isabel Allende vi ha fatto imbarcare i suoi due protagonisti, Victor Dalmau e Roser Bruguera.

Ma per arrivare a quel punto c'è la prima delle tre parti in cui si divide il romanzo, che ci porta nella Barcellona del 1938, con Victor e suo fratello Guillem impegnati sul fronte della guerra che, dal colpo di stato militare avvenuto due anni prima, spacca la nazione.

No pasarán

Come si sa la frase non fu profetica e per oltre trent'anni, dal 1939 al 1975, la Spagna visse sotto la dittatura franchista.

"I conservatori e la Chiesa cattolica, che avevano investito soldi, propaganda e prediche apocalittiche dal pulpito, furono sconfitti alle elezioni generali del 1936 dal Fronte popolare, una coalizione di partiti di sinistra. La Spagna, ancora scossa dal trionfo repubblicano di cinque anni prima, si spaccò come se un violento colpo d’ascia l’avesse divisa in due. Argomentando che era necessario mettere ordine in una situazione caotica, che in verità era ben lontana dall’esserlo, la destra iniziò subito a cospirare con i militari per rovesciare il governo legittimo, formato da liberali, socialisti, comunisti, sindacalisti ed euforicamente appoggiato da operai, contadini, lavoratori e dalla maggior parte di studenti e intellettuali."

Alla fine di gennaio del 1939 iniziò l’esodo, passato alla storia con il nome di Retirada. Una strada ripercorsa dai personaggi del romanzo che si troveranno, una volta scavalcati i Pirenei, a sperimentare il campo di concentramento di Argelès-sur-Mer allestito dai francesi per gli spagnoli.

Dopodiché a bordo del Winnipeg. 
La nave arrivò in Cile il 3 settembre del 39, giorno dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. E sul molo ad attenderla c'era anche Salvador Allende, Ministro della Sanità.

"Uno dei fondatori del Partito socialista, uomo di fiducia del presidente e ministro della Sanità. Allende aveva seguito con passione e interesse il trionfo della Repubblica in Spagna, il sollevamento militare, la sconfitta della democrazia e la dittatura instaurata da Franco, quasi presagisse che un giorno sarebbe toccato a lui perdere la vita in un conflitto simile all’interno del suo paese."

Come sempre la Allende usa la storia delle vicende romanzate per raccontare la Storia (e lo fa meravigliosamente bene), affiancando personaggi di fantasia a persone realmente esistite (all'inizio e alla fine del testo ci sono anche due dozzine di fotografie): non solo suo zio, Pablo Neruda, i due dittatori, Franco e Pinochet, ma anche figure meno note, fra cui Elisabeth Eidenbenz, infermiera svizzera che salvò più di seicento bambini, prima quelli spagnoli dal fascismo e poi quelli ebrei e rom dal nazismo.

Il romanzo prosegue dando, ovviamente, largo spazio al golpe cileno, evidenziando l'operato di chi - oggi più che mai - si sente padrone del mondo e si comporta come tale.

"L’operazione per silenziare il paese, organizzata dall’ambasciata degli Stati Uniti, fu precisa ed efficace. La censura fu subito operativa."

E va oltre, arrivando al 1994. E leggere quello che ricorda e racconta, pensando alla svolta a destra che il mondo ha ormai intrapreso, fa paura.


Reading Challenge 2025. traccia di febbraio cascata di lettere: fungo, mungo, lungo


giovedì 20 febbraio 2025

"Port Mungo", Patrick McGrath

 

Londra, 1957. E' in un fumoso locale che Jack Rathbone conosce Vera Savage. Una coppia improbabile. Lui ha 17 anni ed è il rampollo di una ricca famiglia del Suffolk. Lei ne ha 30, figlia di operai di Glasgow, sposata con un uomo violento. In comune hanno l'amore per la pittura, l'impulsività e l'immaturità. Chi mai scommetterebbe su di loro? Eppure dopo appena sette settimane si imbarcano sulla nave che li porterà dall'altra parte del mondo, prima a New York, quindi in Florida, poi a Cuba e infine in Honduras, nella piccola cittadina fluviale di Port Mungo.

"Sulla spiaggia affollata, vidi rozzi bar fatti di blocchi di cemento, locali gestiti da cinesi dalla faccia dura e frequentati da prostitute e tipi loschi che scendevano dalle barche da pesca. Ricordo vie e vicoli polverosi, e canali che puzzavano - erano fogne a cielo aperto - e si buttavano nel fiume."

E' così che Gin, sorella maggiore di Jack, descrive il posto, un luogo dove difficilmente verrebbe voglia di trasferirsi. Invece Jack vi rimane per vent'anni, traendo forza dai suoi quadri per sopportare gli squilibri del suo rapporto con Vera, ma che si rivelano insufficienti quando muore Peg, la loro primogenita sedicenne.

Prosciugante

Sono trascorsi sei anni da quando ho letto "Follia" e tre dalla lettura de "L'estranea": dubito che fra altri tre tornerò a leggere McGrath, queste esperienze mi possono bastare. Perché sono tre romanzi stilisticamente perfetti, ma che per atmosfere, tematiche, ritmo e conclusioni fanno precipitare in un abisso di cupezza che più invecchio e meno ho voglia di gestire.

Scritto nel 2004, viene classificato come giallo/thriller. Non sono d'accordo: il mistero che riguarda la morte di Peg è rilevante, ma non è il perno centrale di una storia che, secondo me, rientra nel genere della narrativa drammatica.

Storia che McGrath ha strutturato facendola raccontare da Gin, che procede senza un filo conduttore logico, raccontando gli episodi in ordine sparso, pochi a cui ha assistito in prima persona, molti che le sono stati raccontati dal fratello o da Vera, moltissimi che sono solo sue supposizioni.
Una serie di eventi descritti senza seguire nessuna cronologia dove sarebbe stato facilissimo cadere nella confusione senza la bravura dell'autore che, sfruttando pochissimo i dialoghi, distribuisce tasselli e incastri ricostruendo quarant'anni di vita dei suoi personaggi.

"La vita migliore è quella tranquilla e i piaceri più soddisfacenti sono quelli assaporati con moderazione"

Tranquillità e moderazione che McGrath non elargisce a nessuno dei suoi personaggi, né in questo né negli altri due romanzi letti, né ai protagonisti né alle figure marginali, neppure quando inventa per loro un riscatto a cui si fa fatica a dare credito.
Menti deviate, menti disturbate e disturbanti.

Grande scrittore che, però, per me è diventato troppo difficile da sopportare a livello emozionale.

Reading Challenge 2025, traccia di febbraio cascata di lettere: fungo, mungo


lunedì 17 febbraio 2025

"Sabato", Ian McEwan

 

Londra, 15 febbraio 2003. Henry Perowne, 48 anni, affermato neurochirurgo, si sveglia in piena notte. Mentre beve un bicchiere d'acqua guardando fuori dalla finestra vede ciò che potrebbe essere la concretizzazione della grande paura che accomuna i londinesi dopo gli attentati dell'11 settembre: essere i prossimi a venire colpiti. Ma il telegiornale del mattino lo tranquillizza: l'aereo che poche ore prima ha visto volare a bassa quota sopra alla sua casa era un cargo russo con un motore in fiamme. Nessuna catastrofe, non ci sono né morti né feriti, anche i due piloti dopo l'atterraggio sono scesi incolumi.
Henry può quindi iniziare il suo sabato di riposo dal lavoro, cullandosi fra hobby e impegni familiari. Ma sarà davvero un sabato tranquillo?

Rocambolesco

Nonostante non sia un romanzo d'avventura - come non si può definire avventuroso il suo protagonista - è questa la parola che uso per descriverlo perché nell'arco di una sola giornata si crea una successione di eventi quasi spossante.

La storia segue passo passo la giornata di Perowne nei suoi diversi ruoli: marito, padre, figlio, genero, ma anche medico e amico. Un uomo meticoloso e intelligente, aspetti che rendono il libro estremamente descrittivo, che si tratti di lavoro (l'autore per due anni ha svolto ricerche sulla neurochirurgia sotto la guida di un famoso medico inglese che gli ha permesso anche di assistere ad alcuni interventi), sport (la cronaca della sua partita di squash andava forse ridimensionata), musica (il figlio è musicista jazz), poesia (la figlia è poetessa) e cucina.

Ha lui il compito di preparare la cena a base di pesce per la famiglia, cosa che lo porta ad andare a fare la spesa.

"Quanta abbondanza in arrivo da mari sempre più vuoti. Sul pavimento in piastrelle accanto alla porta aperta, ammucchiati dentro due casse di legno come scarti industriali arrugginiti, ci sono granchi e aragoste e, nel groviglio guerresco di corpi, si intravede del movimento. Intorno alle chele i crostacei portano il marchio funereo di elastici neri. E una fortuna per il pescivendolo e per i suoi clienti che le creature del mare non siano dotate dell’uso di onde sonore e non abbiano voce. Altrimenti da queste gabbie si leverebbero grida."

"Era comodo un tempo pensarla in termini biblici, crederci circondati da automi commestibili diffusi per terre e per mari a nostro beneficio. E adesso si scopre che anche i pesci provano dolore. Ecco da dove deriva la problematicità crescente della condizione moderna: dal progressivo espandersi del cerchio di compassione morale. Non basta che popoli lontani siano nostri fratelli e sorelle, ma pure le volpi, e i topi di laboratorio, e adesso anche i pesci. Perowne continua a pescarli e a mangiarli e, se è vero che non tufferebbe mai un’aragosta viva nell’acqua bollente, tuttavia è disposto a ordinarne una al ristorante. Il trucco, come sempre, la chiave del successo e del predominio dell’uomo, consiste nell’essere selettivi nella misericordia."

E' l'ottavo romanzo di McEwan che leggo e mi spiace davvero tanto, tanto, tanto non averlo fatto quando è stato pubblicato (nel 2005) perché tutta la parte geopolitica nei vent'anni successivi è ormai diventata storia e questo toglie una parte di interesse alla lettura. Un dettaglio non da poco, l'argomento è un punto cardine: la minaccia del terrorismo che il protagonista pensa sia diventata reale quando vede l'aereo in fiamme transitare nel cielo di Londra, la manifestazione che si tiene quel giorno contro la guerra in Iraq, le discussioni pro e contro fra Henry e sua figlia...

Ma poi il pericolo arriva da qualcos'altro e il romanzo accumula una suspense che non ci si aspetta.

Reading Challenge 2025, traccia rebus di febbraio: sciarpa, piatto, berretto, fiori, foglia, bollitore, calzini, stivali, ombrello, mele, libri, candela e tazza


giovedì 13 febbraio 2025

"Mi affeziono molto facilmente", Hervé Le Tellier

 

Inverness, estate 2007. Il nostro eroe vola da Parigi a Inverness per raggiungere la nostra eroina, che si trova in Scozia da due settimane in visita alla madre. Non ce l'ha fatta ad aspettare il suo rientro in Francia, vuole rivederla. Ma quello che potrebbe apparire un romantico struggimento d'amore, in realtà è ottusità. Il non riuscire a capire l'evidenza: sono stati amanti per due mesi e lei ha già perso ogni interesse per lui.

Petulante

Di Le Tellier nel 2022 avevo letto "Adesso basta parlare d'amore" e "L'anomalia", due romanzi diversissimi fra loro e che avevo molto apprezzato (soprattutto il secondo). Successivamente ne sono stati tradotti altri due in italiano e uno è questo, scritto nel 2007 e vincitore nello stesso anno del premio Guanahani per i romanzi d'amore.

Più che di un romanzo si tratta di un racconto lungo, 112 pagine che si leggono in poco più di un'ora. Una costruzione particolare, con un narratore esterno che parla usando 
la prima persona plurale e che dice ben poco dei personaggi. Per esempio in tutta la storia non compare nessun nome proprio: il protagonista viene chiamato il nostro eroe, lei la nostra eroina. E poi c'è l'Altro, l'uomo con cui lei ha una relazione da tre anni e che sta per raggiungerla in Scozia.

Entrambi gli uomini hanno cinquant'anni, lei ne ha venti di meno. Eroe ed eroina si sono frequentati per due mesi scarsi, poi lei ha cominciato a distaccarsi.

E qui inizia l'insofferenza verso il nostro eroe a cui non basta che lei non lo chiami mai, che non lo cerchi mai, che abbia sempre qualche impegno, che giri la testa dall'altra parte quando lui cerca di baciarla. Non è chiaro perché lei non abbia chiuso definitivamente prima di partire, forse pensava/sperava che un allontanamento di 1.400 chilometri rendesse evidente la fine del rapporto.

"Lei aveva preteso un po’ di solitudine, lui gliel’aveva concessa"

Cioè non l'ha chiamata per una settimana. E poi ha preso un aereo ed è andato in Scozia!

L'umorismo di Le Tellier non basta a smussare il fastidio generato da quest'uomo con la sua insistenza, tale da rovinarmi il piacere della lettura.

Reading Challenge 2025, traccia dadi di febbraio: 50

martedì 11 febbraio 2025

"Un giorno di calma apparente", Arwin J. Seaman

 

Isola (immaginaria) di Liten (Svezia), estate di un anno non precisato. Le tre ragazze morte nella primavera dell'anno precedente, fra le tante, hanno portato anche a due conseguenze particolari: hanno trasformato l'isola in una meta del turismo macabro e hanno regalato a Malin Dahlberg migliaia di follower. La ragazzina, dopo i suoi video cronaca messi on-line all'epoca dei fatti, è passata alle challenge e il 21 luglio si registra mentre si lascia cadere proprio nel lago maledetto. Quattro giorni dopo Åke Lind, coetaneo di Malin, muore precipitando nel vuoto mentre gira un video che imita quello di lei.
E sulla figlia del capo della polizia si scatena, di nuovo, l'inferno.

Ingarbugliato

Ecco la seconda, e non ultima, puntata della serie fintamente scandinava scritta da un autore italiano sotto pseudonimo. A mia sorella, che deve ancora leggere "Omicidio fuori stagione", 
ho consigliato di aspettare l'uscita di tutti i titoli (si dice che saranno sei) per poi leggerli in rapida successione. Questo perché la serie si presenta in maniera diversa rispetto a quelle che seguo (Marsons, Castillo, Masella, eccetera), dove le vicende gialle sono autoconclusive e la trama orizzontale è costituita principalmente dall'avanzare della vita dei personaggi ricorrenti, con solo alcuni rimandi ai casi precedenti. Questo, invece, è proprio il proseguimento della storia e bisogna avere buona memoria per rimettere insieme tutti i pezzi.

All'inizio del libro c'è l'elenco dei personaggi e nel romanzo vengono spiegati molti degli episodi trascorsi, ma mai come questa volta sono stata felice di avere l'abitudine di fare il riassunto dei libri che non voglio dimenticare (solitamente gialli e thriller, soprattutto se seriali come questo).

Penso che leggerò i seguiti, perché ormai sono coinvolta, ma questo secondo episodio l'ho apprezzato molto meno del primo.

All'inizio è intrigante, ma man mano che si evidenziano i collegamenti con le vicende dell'anno prima diventa sempre più esagerato e meno credibile, cadendo in dinamiche ridondanti.

Ed è stata una deludente sorpresa trovare Malin come protagonista assoluta. Da tradizione davo per scontato che il filo conduttore dei libri sarebbero stati i due investigatori, Henning Olsson (ispettore della scientifica di Malmo) e Annelie Lindhal (agente della polizia di Liten), che invece hanno una rilevanza marginale (specialmente lui, che in "Omicidio fuori stagione" era il protagonista). 

Ma è Malin "la star" (così viene definita nell'elenco dei personaggi) ed è odiosa, si fa fatica a non essere d'accordo con Annelie:

"Sei una piccola stronza ingrata ed egocentrica"

Si dovrebbe provare empatia per questa ragazzina scottata dalla perdita della madre quando ancora era bambina e cresciuta con un padre che non è stato capace di colmare quel vuoto affettivo, ma "Seaman" le mette addosso un'arroganza, una presunzione, un'insolenza e una maleducazione tali da suscitare solo il desiderio di prenderla a ceffoni ogni volta che dice qualcosa.

"Era un cretino, lui e il suo gruppo. Idioti e invidiosi che si rodevano il fegato perché io ero finita in televisione e loro, invece, erano delle nullità."

E qui entra in gioco anche la mia età e la conseguente incapacità nel riuscire a dare valore alla fama raggiunta sui social, magari riprendendosi mentre si mangia cibo di un solo colore o mostrando la spesa fatta al supermercato fino ad arrivare a sfide pericolose per sé e per gli altri.

Reading Challenge 2025, traccia di gennaio: libri di autori che hai già letto


domenica 9 febbraio 2025

"Qualcosa di vero", Barbara Fiorio

 

Luogo e anno non precisati, si sa solo che è gennaio. Cosa hanno in comune Giulia e Rebecca? Il pianerottolo di casa.
La prima ha 40 anni, è una donna forte e sicura di sé, pubblicitaria di successo con all'attivo ben due Leoni d'Oro vinti a Cannes per altrettanti spot e una situazione sentimentale volutamente libera, perché lei non ha bisogno di nessuno.
La seconda ha quasi 9 anni e da meno di due mesi si è trasferita in quella nuova città con la sua mamma. Il padre è morto quando lei era così piccola da non poterlo ricordare.
L'incontro/scontro fra le due avviene una sera, quando Giulia torna a casa ubriaca e al buio inciampa su Rebecca che, scalza e impaurita, stringe forte il suo cane di pezza. Era sola in casa, spiega, ed era uscita un attimo sul ballatoio senza badare alla porta che si era chiusa alle sue spalle. Giulia, ottenebrata dall'alcool, le offre il suo divano, una coperta e il racconto di una fiaba, ma una di quelle vere.

Né strepitoso né straordinario

Strepitoso e straordinario: è così che l'agente di Barbara Fiorio, come ci viene detto nelle note in fondo al libro, ha commentato il romanzo dopo averlo letto per la prima volta. Un entusiasmo che non mi sento di condividere, principalmente per un motivo: la mancanza di fantasia della mia concittadina.

Per quante volte è lecito sfruttare un'idea? Per altro simpatica, ma di certo non trascendentale? Di sicuro non tre, e invece...

Nel 2009 la Fiorio ha pubblicato il saggio (che non ho letto) "C'era una svolta", sottotitolo "Cosa hanno in comune Andersen, i Grimm e Perrault con Disney? Niente".
Nel 2011 nel suo primo romanzo, 
"Chanel non fa scarpette di cristallo" (che avevo definito una belinata di libro), le protagoniste sono delle principesse che vivono in incognito nel mondo reale.
"Qualcosa di vero" lo ha scritto quattro anni dopo
 e c'è di nuovo il confronto fra le fiabe di Perrault, di Andersen e dei fratelli Grimm e le versioni purificate della Disney.

Eddai.

La parte bella della storia ruota attorno a Rebecca, a cui viene attribuito un buonsenso esagerato per i suoi nove anni, ma che è un personaggio adorabile grazie al quale vengono introdotti temi importanti come la violenza sulle donne e il bullismo nelle scuole.

Ma poi c'è Giulia, con la sua boria, a rovinare tutto. Donna indomita e sprezzante, ma che - spoiler - finirà con l'arrendersi all'amore. E che, nonostante tutta la sua presunta intelligenza, non arriva a capire (Giulia o chi l'ha inventata?) un concetto piuttosto semplice e ovvio:


"Chi ama gli animali non li può mangiare, se li mangia non può dire di amarli"

Reading Challenge 2025, traccia gennaio cascata di lettere: fungo

giovedì 6 febbraio 2025

"Boccamurata", Simonetta Agnello Hornby

 

Palermo, inizio maggio di una quindicina di anni fa. Per il sessantesimo compleanno di Tito la famiglia si riunisce nella villa di Torrenuova: la moglie Mariola e i tre figli - Teresa, Santi ed Elisa - con i rispettivi coniugi, i cinque nipotini e la sorella del padre di Tito, zia Rachele, che dalla morte del fratello, avvenuta sedici anni prima, non ha più voluto lasciare la villa. E' Titino, il nipote prediletto del festeggiato, a rovinargli la giornata: "La maestra vuole che ognuno di noi scriva la storia della sua famiglia. Dobbiamo fare il nostro albero genealogico. Mi aiuti, nonno?". Una richiesta innocente che però fa esplodere dentro Tito la rabbia: in quel maledetto albero Titino dovrà lasciare vuoto lo spazio dedicato alla bisnonna paterna perché Tito non ha conosciuto sua madre, un vuoto mai colmato, una vergogna mai superata.

D'altri tempi

"Boccamurata"
 chiude quella che viene definita la trilogia siciliana dell'autrice, dopo "La Mennulara" e "La zia marchesa". Tre romanzi che raccontano storie non collegate fra loro, uniti soltanto dalle atmosfere, dall'ambientazione siciliana e dallo stile elegante che contraddistingue la penna di Simonetta Agnello Hornby, che qui dimostra come non serva un crimine per riuscire a creare suspense.

I quarantotto capitoli divisi in tre parti seguono piani temporali diversi: il presente, con i rapporti conflittuali fra sorelle, fratelli, cognate e cognati, le tensioni fra coniugi e quel genere di gelosie e di ripicche che si creano quando ci sono in ballo soldi, ruoli e questioni ereditarie future. E il passato, che viene man mano ricostruito a partire dagli anni Quaranta del secolo scorso, con il suo carico di misteri che, seppur facilmente intuibili, è piacevole veder emergere a poco a poco dalle pagine.

Tre romanzi scritti nell'arco di cinque anni e in epoca recente (fra il 2002 e il 2007), ma che sanno dolcemente di antico. Una narrazione che da giovane non sarei stata in grado di apprezzare, ma che a questa età (55 anni) mi allieta.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

martedì 4 febbraio 2025

"Serge", Yasmina Reza

 

Parigi, estate 2019. I tre ragazzi Popper - Serge, Jean e Nana - hanno smesso da un pezzo di essere ragazzi, ma quando pensano a loro stessi come unità familiare è così che continuano a definirsi. E, come la giovinezza è ormai lontana, anche l'unità vacilla: il cancro, che si era portato via il padre più di vent'anni prima, il 15 dicembre dell'anno precedente ha fatto il bis rendendoli orfani del tutto. Al dispiacere si uniscono i rimpianti, come quello di rendersi conto di non essere stati abbastanza curiosi circa la storia della loro famiglia quando ancora avrebbero potuto fare delle domande ai genitori.
E quando sei ebreo e questa consapevolezza ti coglie mentre ti trovi sdraiato di fianco a tuo fratello sul letto di un albergo di Auschwitz e nella stanza di fianco ci sono tua sorella e tua nipote, quella che ha voluto fare con voi tre questo viaggio della memoria, bè, non deve essere piacevole realizzare che ormai è tardi per recuperarla.

Inconcludente

Scritto nel 2021 è attualmente l'ultima opera di prosa di Yasmina Reza - drammaturga, scrittrice, nonché autrice e sceneggiatrice teatrale - nata a Parigi nel 1959 da madre ungherese e padre iraniano, entrambi ebrei.

Privo di capitoli (ma con frequenti intermezzi che non ne fanno sentire la mancanza) e piuttosto breve (186 pagine), è un libro che probabilmente avrei apprezzato di più se non ne avessi subito il bombardamento sui social (soprattutto su IG) e i relativi entusiastici giudizi.

Mi aspettavo un'ottima scrittura e quella l'ho trovata, come mi è piaciuto il dissacrante umorismo della Reza (
«Non capisco perché nonna si è fatta cremare. Mi sembra assurdo che un’ebrea si faccia cremare». «L’ha voluto lei». «L’idea di farsi infilare in un crematorio con quello che ha passato la sua famiglia è assurda»), ma quello che non ho trovato sono i "personaggi indimenticabili" promessi nella sinossi.

Non lo è Jean, la voce narrante, che ritaglia per sé un ruolo piuttosto marginale,
 e non lo è nessuno degli altri (non pochi, visto l'intreccio di legami familiari). Soprattutto non lo è Serge, il fratello maggiore, che abusa di cibo, fumo e alcool spiccando per le sue ossessioni scaramantiche e che non merita di avere il titolo.

Personaggi stereotipati che non riescono a generare un arco narrativo coinvolgente nonostante le tematiche: malattia e olocausto.

"Non il massimo dell'allegria questa storia"

Turismo per immagini. Arrivati in Polonia Jean dice di 
Auschwitz che è la cittadina più fiorita che abbia mai visto. Le ricerche su Google immagini portano ovviamente al campo di concentramento, ma usando Oświęcim (il nome polacco) si scoprono panorami di una piacevolezza inaspettata: 


Reading Challenge 2025, traccia annuale Scarabeo

sabato 1 febbraio 2025

Reading Challenge: tracce di febbraio

  



Tracce generiche:
  • libri più di 500 pagine
    The help, Kathryn Stochett (5 punti)

  • libri di autori che hai già letto
    Un giorno di calma apparente, Arwin J. Seaman (3 punti)

Traccia cascata di lettere:
  • Fungo: Qualcosa di vero, Barbara Fiorio (2 punti)
  • Mungo: Port Mungo, Patrick McGrath (3 punti)
  • Lungo: Lungo petalo di mare, Isabel Allende (3 punti)

Traccia rebus: 
  • Sabato, Ian McEwn (3 punti)

Traccia dadi:
  • Mi affeziono molto facilmente, Hervé Le Tellier (1 punto)

I miei punti di febbraio: 20