Bari,
pochi anni fa. Gianrico e Francesco Carofiglio hanno accettato la
proposta del loro editore di scrivere un libro a quattro mani. Avendo
carta bianca sulla scelta del tema, non è semplice decidere quale storia
raccontare. Ma i due fratelli devono fare anche un’altra cosa
insieme: tornare nelle Murge per chiudere la casa nel bosco, cioè il
casolare immerso nella foresta Mercadante dove da bambini
trascorrevano le vacanze estive con i genitori. E saranno il breve
viaggio, di un’ora soltanto, e il breve soggiorno, di un giorno
soltanto, a dar loro l’idea per
questo libro: un tuffo nel passato e nei ricordi, soprattutto quelli
legati alla cucina…
Da
sempre, come tutti suppongo, mi baso sulla sinossi dei libri per decidere se inserirli nella mia
sempre più lunga wish list (sono quasi a 700 titoli), ma da qualche
tempo – dopo essere incappata in sinossi contenenti assurdi spoiler
- ho smesso di riguardarla quando poi arriva il momento di
leggerli. Per questo motivo non mi ero resa conto di aver selezionato
due libri “revival”.
La struttura di questo e de “Il bar dei cani” è la stessa: i
tre autori raccontano episodi della propria infanzia e
della primissima adolescenza, ma essendo più vecchi di una decina d’anni
rispetto a Cutrona, i Carofiglio ci portano negli anni ‘70.
Anche
questa volta ho rispolverato alcuni ricordi, cosucce come l’abitudine di rubare i
grani di Citrosodina per il gusto di farli sciogliere sotto alla
lingua, particolari a cui non pensavo più da decenni, ma non molto perché i miei genitori non erano insegnanti, non
andavano a Recanati per i convegni su Leopardi e, soprattutto, erano
gente di mare e le rare volte in cui la famiglia si spingeva
nell’entroterra di Genova era solo per andare a pranzo in qualche
trattoria, non certo per passarci l'estate.
I
Carofiglio legano i ricordi ai piatti, con tanto di mini ricettario
in appendice, cosa che mi ha disturbato non poco: detesto cucinare e
se non ho fame mi si rivolta lo stomaco a sentir parlare di cibo,
senza contare che nessuno dei piatti citati è vegano, ma a giudicare
dal numero di riviste di cucina che vendo in edicola e dagli slalom
che devo fare per bypassare
i cuochi che infestano la televisione di oggi, capisco che la loro scelta sia
stata furba, anche se questo libro non ha ricevuto molti consensi.
Cucina
a parte, invece a me è piaciuto: certo non ha nulla a che vedere con
i libri dell’avvocato Guerrieri o del maresciallo Fenoglio, questo
non è un giallo e non ha neppure una trama. E’ un semplice memoir
anche privo delle riflessioni di spessore cui mi ha abituato Gianrico
(di Francesco non ho mai letto nulla), però è scritto bene, su un altro
livello rispetto alla semplicità stilistica di Cutrona.
Ma se il suo giovane
protagonista era figlio unico, qui con due fratelli ho
ritrovato
nel
loro modo di parlarsi quello che c’è fra me e mia sorella, quell'intesa nata dall’infinito carico di confidenza accumulata nei tanti anni di
convivenza. Poi si cresce, si seguono strade diverse e non vivendo più la quotidianità si smette di sapere tutto l’uno dell’altro, ma parlarsi fa tornare giovani perchè a ben pensarci quello fra fratelli, o sorelle, è l’unico rapporto che non invecchia mai.
Reading
Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di
febbraio "un libro che hai in wish list da più di un anno"