Lagos (Nigeria), mese e anno non precisati. Korede è una giovane donna maniaca dell'igiene. Una particolarità che Ayoola - la sorella minore, tanto bella quanto superficiale - sfrutta per farle pulire le scene dei suoi crimini. Dicono che si debbano uccidere tre persone per venire classificati come serial killer e, se è vero, allora Ayoola lo è: quando all'inizio della storia chiama Korede chiedendole di raggiungerla subito, lo fa perché ha appena accoltellato a morte un uomo, il terzo. Con ognuno di loro aveva una relazione e, a suo dire, si sono trattati di omicidi per legittima difesa. Korede ha dubbi in proposito, ma lei è la sorella maggiore e proteggere Ayoola a ogni costo è un suo dovere.
Opera prima, e al momento unica, della giovane (classe 1988) autrice nigeriana Oynkan Braithwaité. Libro tradotto in più di trenta Paesi (quindi perfetto per la traccia della Reading Challenge a cui l'ho abbinato), vincitore di due premi letterari (Los Angeles Times Book Prize e Morning News Tournament of Books), nonché finalista di un terzo (Women’s Prize for Fiction), mi aveva attratta principalmente per il titolo, anche se alla mia di sorella viene un mancamento alla vista di un taglietto di un millimetro per cui, se dovesse mai decidere di uccidere qualcuno, l'ultima arma a cui ricorrerebbe è senz'altro il coltello ^^
Il libro non mi è parso una gran cosa, forse senza avere informazioni aggiuntive lo avrei apprezzato di più, ma sapendo del gran successo internazionale riscosso avevo aspettative molto alte che alla fine non sono state soddisfatte.
L'aspetto più deludente è stato senz'altro il modo in cui viene gestita l'ambientazione, la Lagos di "Culo nero", ma mentre Barrett usa il suo romanzo per raccontare al mondo i problemi della sua nazione, la Braithwaité sviluppa la storia includendo esclusivamente esponenti e scenari dell'alta borghesia nigeriana dando l'idea di una Lagos simile a una Montecarlo di colore, cosa che ovviamente non è.
Leggendo questo libro sembra che in Nigeria cose come povertà, emarginazione, disuguaglianza, criminalità, ecc, non siano gli enormi problemi che in realtà solo. La Braithwaité sfiora appena la questione della corruzione nelle forze dell'ordine e la sottomissione delle donne agli uomini, argomento quest'ultimo che ai fini della storia che racconta avrebbe potuto (e dovuto) essere sviluppato in maniera molto più approfondita, facendolo diventare un testo di tutt'altro spessore e valore.
Invece è un librino, per i contenuti e per il numero della pagine, appena 172 che - al di là della mancata analisi di alcuni possibili macro argomenti - in generale sono poche per un "giallo", fra virgolette perché non è propriamente tale, come non è un thriller.
E le pagine volano, non solo perché sono poche e divise in capitoli brevissimi (così corti da disturbare anche chi, come me, li preferisce a quelli lunghi), ma anche per lo stile, semplice, essenziale, secco.
Una storia sicuramente originale avrebbe meritato uno sforzo maggiore da parte dell'autrice.
Opera prima, e al momento unica, della giovane (classe 1988) autrice nigeriana Oynkan Braithwaité. Libro tradotto in più di trenta Paesi (quindi perfetto per la traccia della Reading Challenge a cui l'ho abbinato), vincitore di due premi letterari (Los Angeles Times Book Prize e Morning News Tournament of Books), nonché finalista di un terzo (Women’s Prize for Fiction), mi aveva attratta principalmente per il titolo, anche se alla mia di sorella viene un mancamento alla vista di un taglietto di un millimetro per cui, se dovesse mai decidere di uccidere qualcuno, l'ultima arma a cui ricorrerebbe è senz'altro il coltello ^^
Il libro non mi è parso una gran cosa, forse senza avere informazioni aggiuntive lo avrei apprezzato di più, ma sapendo del gran successo internazionale riscosso avevo aspettative molto alte che alla fine non sono state soddisfatte.
L'aspetto più deludente è stato senz'altro il modo in cui viene gestita l'ambientazione, la Lagos di "Culo nero", ma mentre Barrett usa il suo romanzo per raccontare al mondo i problemi della sua nazione, la Braithwaité sviluppa la storia includendo esclusivamente esponenti e scenari dell'alta borghesia nigeriana dando l'idea di una Lagos simile a una Montecarlo di colore, cosa che ovviamente non è.
Leggendo questo libro sembra che in Nigeria cose come povertà, emarginazione, disuguaglianza, criminalità, ecc, non siano gli enormi problemi che in realtà solo. La Braithwaité sfiora appena la questione della corruzione nelle forze dell'ordine e la sottomissione delle donne agli uomini, argomento quest'ultimo che ai fini della storia che racconta avrebbe potuto (e dovuto) essere sviluppato in maniera molto più approfondita, facendolo diventare un testo di tutt'altro spessore e valore.
Invece è un librino, per i contenuti e per il numero della pagine, appena 172 che - al di là della mancata analisi di alcuni possibili macro argomenti - in generale sono poche per un "giallo", fra virgolette perché non è propriamente tale, come non è un thriller.
E le pagine volano, non solo perché sono poche e divise in capitoli brevissimi (così corti da disturbare anche chi, come me, li preferisce a quelli lunghi), ma anche per lo stile, semplice, essenziale, secco.
Una storia sicuramente originale avrebbe meritato uno sforzo maggiore da parte dell'autrice.
Reading Challenge 2022, traccia di novembre: un libro tradotto in almeno altre due lingue oltre all'italiano