lunedì 5 dicembre 2022

"Di turno la notte di Natale", Adam Kay

 

Quando a settembre avevo letto "Le farò un po' male" di Adam Kay ero sicura che questo altro suo libro mi sarebbe tornato utile a dicembre per la Reading Challenge e infatti è risultato perfetto per la traccia "un libro con la parola Natale nel titolo".

Scritto quattro anni dopo, nel 2019, è identico all'altro, tranne ovviamente per gli aneddoti raccontati. Strutturato allo stesso modo, quindi come un diario (e le odiose note, per fortuna molto inferiori di numero), prende in esame soltanto le due settimane a cavallo dei Natali che l'autore ha trascorso lavorando in ospedale, in particolare ogni 25 dicembre dal 2004 al 2009 quando era specializzando in ginecologia e ostetricia.

La causa del suo ritrovarsi sempre di turno la notte di Natale va senz'altro attribuita al suo essere ebreo (non credente) e al non avere figli (cosa che gli ha precluso la corsia preferenziale riservata a chi è genitore), ma soprattutto al sistema sanitario inglese che porta gli specializzandi in medicina a cambiare ospedale ogni sei mesi, facendoli quindi risultare Natale dopo Natale come gli ultimi arrivati del reparto e, quindi, vittime sacrificali nella turnazione.

Adam Kay si fa di nuovo paladino dei suoi ex colleghi, ricordando come per il personale medico di tutto il mondo Natale sia un giorno come un altro.
Da figlia di ex autista AMT (il servizio pubblico degli autobus di Genova) ricorderei a Kay che lavorare 365 giorni all'anno non è un'esclusiva di medici e infermieri. Anche noi giornalai sfioriamo l'en plein, ci salvano solo i pochissimi giorni dell'anno in cui i quotidiani non escono, con conseguente facoltà per le edicole di tenere chiuso il giorno successivo.

Certo guidare un autobus e vendere giornali non è impegnativo come cercare di salvare delle vite, ma fa bene Kay a sottolineare che "per quanto sia merdoso lavorare in ospedale sotto Natale, per i pazienti è molto peggio trovarsi in questo luogo". Sempre gustosamente dissacrante ("Possiamo chinare il capo e fare una preghiera. Non per ringraziare il dio che - siamo onesti -, a partire da quella famosa, intensissima settimana, ha fatto più danni che altro"), qui - fra incarti del Mars usati come profilattici, macinini da pepe introdotti come vibratori e un bambino chiamato Spiro dalla madre perché aveva la spirale quando era rimasta incinta - gli aneddoti sono più divertenti rispetto al libro precedente, ma come nell'altro, con una leggerezza da sceneggiatore comico qual è, spinge a profonde riflessioni sul funzionamento (o malfunzionamento) di quella sanità nazionale che è un bene prezioso per tutti.

Reading Challenge 2022, traccia dell'avvento di dicembre: un libro con la parola Natale nel titolo