sabato 18 febbraio 2023

"Hotel Portofino", J. P. O'Connell

 

Portofino (Genova), estate 1926. Bella Ainsworth a 48 anni è riuscita a realizzare il suo sogno: ha comprato una villa affacciata sul golfo di Portofino e l'ha trasformata in un lussuoso hotel per aristocratici (come lei), preferibilmente inglesi (di nuovo, come lei). La stagione è appena iniziata e i problemi non mancano: non è semplice gestire una struttura rivolta a una clientela decisamente esigente e capricciosa e poi bisogna far quadrare i conti, occuparsi del personale e, come se non bastasse, subire le angherie e i ricatti di Danioni, il consigliere comunale degno esponente della neonata dittatura fascista.
A questo si aggiungono le preoccupazioni familiari e personali: un marito opportunista e maneggione, una figlia che a soli 26 anni è già vedova a causa di quella guerra che, invece, nel figlio ha lasciato ferite fisiche e psicologiche non ancora del tutto superate nonostante gli otto anni trascorsi dalla fine del conflitto.
Ma come padrona dell'Hotel Portofino non ha alternative: deve mettere a tacere le angosce e indossare il suo miglior sorriso, perché i suoi ospiti pagano anche per questo.

Amo la mia Liguria, ma non ho mai subito il fascino di Portofino: ci sono stata solo due volte quando ero ragazza e non ho nessun desiderio di tornarci. Per quanto sia un posto oggettivamente bellissimo, ha il difetto di essere preso di mira da ricchi e riccastri, da vip di ogni risma e da chi non ha tutti i soldi che vorrebbe avere e che finge di averne di più, oltre a invidiare e ammirare quelli che ostentano patrimoni che più sono grandi e meno sono meritati.

Però Portofino resta una delle perle della mia regione, per cui quando sulla guida di Sky mi è comparsa la serie "Hotel Portofino" ho programmato la registrazione. Questo succedeva quasi un anno fa. Subito dopo avevo scoperto l'esistenza del libro, che non avrei mai letto se prima avessi guardato la serie TV. E adesso che il libro l'ho letto mi è definitivamente passato ogni stimolo a vederla.

Mi dispiace soltanto perché l'attrice che impersona Bella, Natascha McElhone, la ricordo volentieri da "Californication" e da "The Truman Show", ma la simpatia per lei non basta a farmi sciroppare una serie che Barbara Ellen di The Observer ha definito "così ridicola che potresti apprezzarla", affibbiandole un impietoso due stelline su cinque.

Io nei confronti del libro (che è stato tratto dalla serie TV, non il contrario) non mi sento di essere altrettanto generosa perché è sì molto lontano sotto a ogni aspetto da ciò che normalmente apprezzo (come genere, tematiche, ambientazione, eccetera), ma bisogna davvero essere di poche pretese per non trovarlo scialbo e insulso, pieno di luoghi comuni, povero di emozioni e così presuntuoso nel rapporto inglesi vs italiani da essere offensivo e razzista.

"Ci sono alcune cose per cui è meglio non fidarsi degli italiani."

"La messa rappresentava una occasione d’oro per osservare gli italiani nel loro habitat naturale.”

"Maledetti italiani. Sempre in cerca di soldi o potere."

"Sono certa che arriverà. Anche se la posta qui non è tanto affidabile. Per usare un eufemismo."

"Viscido italiano"

"Solo perché non sto strillando o gesticolando come amano tanto fare gli italiani non significa che non sia arrabbiato."

Ma quanto sono simpatici gli inglesi...

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