Lago Titisee (Foresta Nera, Baden-Württemberg), 2 settembre 2013. Sono le quattro del pomeriggio e manca giusto un'ora al termine del servizio di noleggio barche quando un uomo sulla trentina si avvicina a Martin Sperber e chiede di poterne avere una. Non è certo la giornata ideale, il cielo plumbeo di solito allontana i turisti, senza contare che il giro del lago in barca attrae soprattutto coppie o famiglie con bambini, ma Martin non può rifiutare. Spera solo che il cliente rientri entro le diciassette per potersene andare a casa. Si tranquillizza quando lo vede remare vigorosamente verso il centro del lago, quindi va al chiosco a prendersi un caffè. E mentre se ne sta seduto dando le spalle al lago, confidando alla barista le sue perplessità verso quel cliente singolo che gli ha chiesto quale fosse la profondità massima per poi mettersi in bocca una pastiglia di Prozac, all'improvviso la vede aggrottare le sopracciglia prima di sentirle dire: "Martin, sulla barca non c'è nessuno".
Questo è quanto accade nelle due pagine di prologo, uno dei più brevi e dei più intriganti che abbia mai letto.
Patrick Brosi è uno sviluppatore di software nato nel 1987 vicino a Stoccarda, a Backnang, una cittadina a meno di duecento chilometri dal Titisee, immersa nel verde e piena di magnifici graticci che ha più o meno lo stesso un numero di abitanti del mio quartiere.
Di libri, a quanto mi risulta, ne ha scritto due, uno nel 2013, che non è stato tradotto in italiano, e questo, del 2015.
Lo avevo scoperto per caso e subito comprato per via dell'ambientazione, quel lago Titisee dove ho trascorso una meravigliosa giornata (era il 1° agosto del 2007, anno della mia prima vacanza tedesca con base a Friburgo), facendo prima il giro del lago in battello e poi l'intero giro a piedi.
E' un posto splendido (come tutta la zona) dove ci passerei un'intera vacanza, da pensionata anche un'intera estate.
Non mi stupisce che Brosi l'abbia scelto come fulcro della sua storia, una storia piuttosto complessa che coinvolge anche Basilea e, meno rilevanti, Friburgo, Berlino e Amburgo. Una storia di spionaggio industriale che strizza l'occhio al noir grazie alla figura del (bel) personaggio del comissario Nagel e decisamente thriller, fra omicidi cruenti, suicidi veri o presunti, pedinamenti, sparizioni, depistaggi e bei colpi di scena (uno mi ha addirittura strappato un piccolo applauso).
Un libro che avevo comprato anni fa e di cui continuavo a rimandare la lettura, in parte per il font (non propriamente piccolo, ma abbastanza per la mia vista, disagio aggravato dall'inchiostro grigino; per contro il volume ha una splendida apertura a 180°, cosa rara in un brossurato), ma soprattutto perché lo spionaggio è un genere che mi respinge, sia su carta che sullo schermo. Qui poi si tratta di industria farmaceutica e Brosi in alcuni passaggi scivola in ricostruzioni complottistiche che non ho gradito, ma l'intreccio è così ben riuscito e avvincente da avermi fatto amare il libro a prescindere.
Scritto prima che i blog venissero soppiantati da Instagram, la storia ha come protagonista apparente René Berger, blogger d'inchiesta (da qui il titolo), di cui nessuno aveva mai sentito parlare finché con i suoi post aveva reso pubblici i raggiri di una delle tre maggiori società farmaceutiche mondiali.
Protagonista apparente perché quelli reali sono Marie Sommer, giovane stagista del "Berlin Post", e Andreas Nagel, commissario della polizia criminale di Friburgo.
I due si alternano nei capitoli del libro: Nagel è la colonna portante del presente, che inizia dal 2 settembre del prologo, mentre Marie lo è del passato recente, che parte dal 5 agosto.
La lettura procede con l'alternanza del passato e del presente, passato che ovviamente si avvicina sempre più al 2 settembre di partenza fino a combaciare, e Brosi - svelando particolari del passato nel presente - crea in chi legge tutta una serie di falsi paradossi temporali (falsi perché la successione degli eventi è molto lineare ed è solo la costruzione narrativa a dar vita a questa impressione) che rendono il libro molto originale e altrettanto bello (come il Titisee).
A volte Brosi se ne esce con frasi ridondanti ("Le sillabe guizzavano per la stanza come bagliori di luci su pitture rupestri") che sono inutili per la storia e lontanissime dal modo di pensare e di parlare dei personaggi, ma per non essere uno che scrive di mestiere ha tirato fuori un gran bel libro, che meriterebbe maggior notorietà.
Probabilmente un autore più profondo avrebbe dato spazio a considerazioni etiche che qui mancano del tutto, ma il libro vince con la sua dinamicità.
PS: il Titisee arriva a 40 mt di profondità.
Reading Challenge 2023, traccia di aprile: libri scritti da autori il cui cognome abbia un significato (brosi in islandese significa sorriso)