Torino, settembre 1935. Sono trascorsi tre mesi da quando Anita ha iniziato a lavorare come dattilografa per la rivista "Saturnalia" e questo significa che ne mancano altrettanti allo scadere della condizione posta al suo fidanzato Corrado: permetterle di fare un'esperienza lavorativa di sei mesi prima del matrimonio. In lei non c'è traccia della gioia che ci si aspetterebbe di trovare in una giovane futura sposa, se già era poco convinta al momento del fidanzamento, dopo aver sperimentato l'ebbrezza che il lavoro a "Saturnalia" le regala - fra le traduzioni dei racconti gialli americani che il suo capo le detta e le loro indagini in incognito - lo è ancora meno.
A distrarla è il famoso regista Leo Luminari, tornato a Torino dopo una pausa quinquennale nella capitale e deciso a riportare il grande cinema sotto alla Mole. E vuole farlo con un film giallo, magari con protagonista quel John Dorcas Smith, su cui però Sebastiano e Anita non possono certo rischiare di attirare l'attenzione del fascio. E se quella di Luminari fosse solo una farsa? Se a Roma qualcuno avesse capito che quello che succede nei racconti di Dorcas Smith non è frutto della fantasia di uno scrittore americano, ma descrive fatti veramente accaduti a Torino? In quel caso Sebastiano e Anita rischierebbero qualcosa di ben più grave della censura fascista!
Scritto nel 2022, "Una stella senza luce" è la terza puntata della serie con protagonista Anita Bo dopo "Il morso della vipera" e "Il grido della rosa", che avevo letto a settembre dell'anno scorso. Un'altra letturina semplice semplice. Troppo semplice. Enormemente semplice. Alice Basso non sforna letteratura, ma ha comunque un modo di scrivere piacevole e sciolto, ha delle idee buone, è spiritosa (anche se con una frequenza esagerata) e non manca mai di inserire qua e là anche qualche spunto profondo, ma cade sempre nella struttura della storia, non prova mai di andare oltre al gialletto cercando di costruire una trama un po' più complessa ed efficace. Ed è un peccato. Questa volta si scende ancora più in basso, la trama gialla è proprio uno sciocco teatrino che fa solo da contorno al vero soggetto della storia, il cinema. Ma per quanto abbia apprezzato l'omaggio fatto dalla Basso alla sua Torino, città dov'è nato il cinema italiano, questo resta un giallo storico e come giallo è inconsistente. E la questione storica è proprio il vero punto dolente di questa serie perché se lo stile leggero dell'autrice ben si adattava al personaggio di Vani Sarca, che viveva in epoca attuale, con Anita Bo e la scelta di ambientare i romanzi nel 1935, quella stessa leggerezza disturba. Certo la Basso è accurata nell'inserire fatti realmente accaduti (qui cita la retata del 15 maggio 1935 che portò all'arresto di numerosi esponenti antifascisti del gruppo Giustizia e Libertà, fra cui Cesare Pavese, Carlo Levi, Giulio Einaudi e altri), ma è sempre tutto molto distante da quello che era il vivere quotidiano di quegli anni, la vita di Anita e degli altri personaggi scorre normalmente, con non pochi punti di frivolezza. A leggere questi libri sembra quasi che il ventennio fascista sia stato una favoletta, quando in realtà viverlo è stato ben altra cosa.
A distrarla è il famoso regista Leo Luminari, tornato a Torino dopo una pausa quinquennale nella capitale e deciso a riportare il grande cinema sotto alla Mole. E vuole farlo con un film giallo, magari con protagonista quel John Dorcas Smith, su cui però Sebastiano e Anita non possono certo rischiare di attirare l'attenzione del fascio. E se quella di Luminari fosse solo una farsa? Se a Roma qualcuno avesse capito che quello che succede nei racconti di Dorcas Smith non è frutto della fantasia di uno scrittore americano, ma descrive fatti veramente accaduti a Torino? In quel caso Sebastiano e Anita rischierebbero qualcosa di ben più grave della censura fascista!
Scritto nel 2022, "Una stella senza luce" è la terza puntata della serie con protagonista Anita Bo dopo "Il morso della vipera" e "Il grido della rosa", che avevo letto a settembre dell'anno scorso. Un'altra letturina semplice semplice. Troppo semplice. Enormemente semplice. Alice Basso non sforna letteratura, ma ha comunque un modo di scrivere piacevole e sciolto, ha delle idee buone, è spiritosa (anche se con una frequenza esagerata) e non manca mai di inserire qua e là anche qualche spunto profondo, ma cade sempre nella struttura della storia, non prova mai di andare oltre al gialletto cercando di costruire una trama un po' più complessa ed efficace. Ed è un peccato. Questa volta si scende ancora più in basso, la trama gialla è proprio uno sciocco teatrino che fa solo da contorno al vero soggetto della storia, il cinema. Ma per quanto abbia apprezzato l'omaggio fatto dalla Basso alla sua Torino, città dov'è nato il cinema italiano, questo resta un giallo storico e come giallo è inconsistente. E la questione storica è proprio il vero punto dolente di questa serie perché se lo stile leggero dell'autrice ben si adattava al personaggio di Vani Sarca, che viveva in epoca attuale, con Anita Bo e la scelta di ambientare i romanzi nel 1935, quella stessa leggerezza disturba. Certo la Basso è accurata nell'inserire fatti realmente accaduti (qui cita la retata del 15 maggio 1935 che portò all'arresto di numerosi esponenti antifascisti del gruppo Giustizia e Libertà, fra cui Cesare Pavese, Carlo Levi, Giulio Einaudi e altri), ma è sempre tutto molto distante da quello che era il vivere quotidiano di quegli anni, la vita di Anita e degli altri personaggi scorre normalmente, con non pochi punti di frivolezza. A leggere questi libri sembra quasi che il ventennio fascista sia stato una favoletta, quando in realtà viverlo è stato ben altra cosa.