mercoledì 5 aprile 2023

"L'animale morente", Philip Roth

 

Dopo "Lamento di Portnoy", ecco un altro grande monologo di Philip Roth. Scritto nel 2001, quindi trentadue anni dopo, è lungo poco più della metà rispetto al precedente (114 pagine vs 220). 
Non che ci sia un collegamento fra i due titoli: l'associazione la faccio io perché mi affascina come Roth riesca a costruire libri grandiosi dando voce a un solo personaggio.

La voce narrante in questo caso è quella di David Kepesh e qui mi domando: com'è possibile che una persona (io) che si è guadagnata il soprannome di "odiosa precisina" e che ama mettere tutto in fila e procedere con ordine - ordine che nel caso dei libri si traduce nel leggerli seguendo quello cronologico con cui sono stati scritti - proprio con i due scrittori di maggior pregio che legge (Roth e Oates) non abbia seguito questa abitudine pescando, invece, dalle loro bibliografie senza nessuna logica e senza documentarsi in precedenza riguardo a eventuali collegamenti?

Per fortuna con la Oates ho scoperto prima di leggerli che "Il giardino delle delizie", "I ricchi", "Loro" e "Il paese delle meraviglie" fanno parte di quella che viene definita la grande epopea americana, ma con Roth - dopo aver già fatto danni con la sua trilogia americana partendo dall'ultimo - ho di nuovo sbagliato: "L'animale morente" è il terzo libro con David Kepesh, per cui avrei dovuto leggere prima "Il seno" e "Il professore di desiderio", e mi bastano i titoli per capire che il collegamento fra i tre c'è e non deve essere da poco.

David Kepesh è un professore universitario impegnato da anni in un unico corso, un grande seminario di critica letteraria per laureandi. Ama il suo ruolo, ama il sesso, ama il seno delle donne. Grazie al suo carisma, al suo aspetto e alla notorietà che gli deriva dall'apparire in un programma televisivo come critico culturale, fra i partecipanti al suo corso la percentuale femminile supera sempre di gran lunga quella maschile. Con la calma che solo le persone molto sicure di sé riescono a mantenere, David aspetta sempre la fine del corso per avvicinarsi alla ragazza che più gli interessa ed è per questo che ogni anno organizza una festa per i suoi studenti.

"E' il sesso a sconvolgere le nostre vite, solitamente ordinate."

Nel 1992 la prescelta è Consuela Castillo, statuaria bellezza cubana con - come avrà modo di constatare - il seno più bello che abbia mai visto. La differenza di età sembra essere irrilevante sia per lei (che ha 24 anni) sia per lui (che ne ha 62).

Quello che succede tra loro ce lo racconta il libro, dove il presente si riduce a un paio d'ore o giù di lì di un qualunque giorno dell'anno 2000: recentemente (e non solo) ho letto libri dove l'ambientazione aveva un ruolo primario nella storia, per il contesto sociale che andava a creare o per l'atmosfera cupa data dal clima e dall'isolamento o per altro. Qui no. Roth prende il suo protagonista e lo fa parlare con qualcuno, che siano faccia a faccia o al telefono lo scopriamo alla fine, ma è irrilevante, così come lo è sapere (altra cosa che scopriamo alla fine) dove si trovino queste due persone, se a casa di uno dei due, in un bar, per strada o altrove.

Non c'è neppure dialogo: Kepesh parla, l'altro ascolta (ecco perché ho pensato a "Lamento di Portnoy"...) e solo alla fine scopriamo perché otto anni dopo averla conosciuta stia raccontando a un'altra persona di Consuela e a quel punto Roth riesce a fare male descrivendo una situazione esclusivamente femminile in un modo così reale e doloroso che rende difficile vedere in lui la misoginia che i più gli hanno attribuito.

Personalmente arrivata in fondo ero così colpita da perdonargli anche l'avermi raccontato una delle pratiche sessuali più disgustose che abbia mai letto.

Reading Challenge 2023, traccia di aprile: libri con una donna in copertina