"Dammi mille baci, e poi cento, e poi ancora altri mille"
Così recita una poesia di Catullo per Lesbia: ma gli antichi romani non erano romantici, bensì prepotenti, arroganti e predatori, nei confronti delle donne o dei ragazzi. Questo a causa dell'educazione da dominanti che ricevevano e che si estendeva anche all'amore e, ovviamente, al sesso.
Due anni fa avevo letto un altro saggio di Eva Cantarella, "Come uccidere il padre. Genitori e figli da Roma a oggi", trovandolo molto difficile, ben al di fuori dalla mia portata. Se "Dammi mille baci" non fosse stato l'unico titolo, fra i tanti che ho, di adattabile alla traccia della Reading Challenge "Un libro che dedichi a una persona che ami" non so quando e se avrei trovato il coraggio per leggerlo, ma questa volta non ho avuto problemi, forse perché l'argomento lo rende maggiormente divulgativo.
Scritto nel 2009, è diviso in tre parti.
Nella prima l'autrice descrive come i romani si baciassero in modo diverso a seconda delle circostanze (ad esempio c'erano baci funebri, baci di congedo, eccetera) e come fosse un'abitudine per gli uomini baciare sulla bocca le matrone della famiglia, ma non si trattava di baci erotici, bensì di controllo: alle donne era vietato bere vino e un marito poteva addirittura uccidere la propria moglie dopo averla sorpresa nel locale in cui venivano conservate le anfore (come antica romana avrei avuto vita breve...).
Procedendo - e sempre tenendo presente come la storia dei romani sia interrotta da una linea di censura segnata dalla nascita e dalla diffusione del cristianesimo - l'autrice affronta le loro abitudini nei confronti del sesso, evidenziando gli eventuali cambiamenti avvenuti dopo la nascita dell'Impero.
"Non erano severi e moralisti come si pensa e non erano uguali a noi, non provavano gli stessi sentimenti che proviamo noi, non amavano come noi, non soffrivano come noi.
Non è vero che nulla è cambiato.
Tutti quelli che hanno vissuto nel passato erano diversi da noi anche nel modo di provare emozioni e sentimenti."
Nell'antica Roma i figli venivano istruiti dai genitori: al padre spettavano le questioni politiche, alla madre la trasmissione dell'orgoglio di essere romano.
Fin da piccoli ai romani veniva insegnato a essere dei dominatori. In quanto cittadini romani dovevano sottomettere il mondo e questo si estendeva anche al sesso. Una simile mentalità sfociava in vanteria e si traduceva in quella che la Cantarella definisce "virilità da stupro".
Nella seconda parte, la più sostanziosa, l'autrice spiega come e perché i romani classificassero i diversi tipi di amori in tre categorie: gli amori dovuti (coniugale, genitoriale, figliale), quelli possibili e quelli proibiti.
"La famiglia romana non era una famiglia felice."
I matrimoni venivano combinati dalle famiglie ed erano considerati un dovere civico, quelli d'amore erano estremamente rari: partendo da qui la Cantarella, facendo un'analisi della natura e della struttura della famiglia romana, con il padre-padrone al vertice, riprende velocemente i temi trattati ne "Come uccidere il padre" e sottolinea come - in una società che vedeva nella castità una delle massime virtù femminili - la prostituzione (presente già dalla fondazione di Roma) venisse considerata una professione socialmente utile perché evitava di mettere a repentaglio la virtù di donne sposate con altri.
L'autrice approfondisce il tema, spiega chi si prostituiva e perché, chi usufruiva di queste prestazioni e perché, sottolineando come gli uomini fossero attratti dai ragazzi solo fino al momento in cui spuntava loro la barba: "Quando i peli avevano coperto le loro cosce e il loro viso non era più morbido, i ragazzi non piacevano più".
Oggi parleremmo di pedofilia.
Il saggio descrive le abissali differenze fra ciò che era consentito alle donne (solo il sesso coniugale) rispetto agli uomini, parla dell'emancipazione femminile (vissuta dagli uomini come un pericolo sociale), di ciò che cambiò nel passaggio dalla Repubblica all’Impero, a cui si aggiunse la diffusione dell’etica sessuale cristiana.
Parla di contraccezione, di aborto, dell'abbandono dei neonati, della preoccupazione per il calo demografico. Di come e perché a Roma fossero difficili i rapporti fra i sessi e i motivi per cui gli uomini temevano le donne e di come cominciò la persecuzione contro gli omosessuali nonostante fra i primi quindici imperatori romani solo uno, Claudio, fosse eterosessuale.
Da notare che l'omosessualità femminile già in epoca pagana veniva considerata una mostruosità: per noi nessuna chance neanche su quel fronte...
Nella terza parte vengono raccontate dieci storie d'amore: Enea e Didone, Cleopatra e Cesare, Cleopatra e Antonio, Messalina e Silio, eccetera.
Un saggio interessante, che mi sprona a leggere anche "L'amore è un dio" sugli antichi Greci.
Penoso riscontrare come a duemila anni di distanza non sia ancora stata raggiunta una reale parità di genere né una piena libertà sessuale, di come ci sia ancora chi si permette di biasimare scelte personali altrui e di quanta voce in capitolo abbiano ancora i culti religiosi.
Reading Challenge 2023, traccia annuale di febbraio: un libro che dedichi a una persona che ami