Così le ha detto Tim una sera dopo averla sorpresa a piangere in bagno, ma lei non gli crede: i sei mesi successivi a chi daranno ragione?
Ovviamente a lui e non sto facendo spoiler: si sa che i libri della Da Costa sono un inno alla rinascita, un tripudio di buoni sentimenti, un invito a non perdere mai la speranza. E "Je revenais des autres" non fa eccezione (per una volta approvo il cambio di titolo dell'edizione italiana e come Rizzoli abbia colto la metafora fra la protagonista e il fiore che sboccia d'inverno).
Scritto nel 2016 e autopubblicato su Amazon passando inosservato, è stato poi riproposto dalla casa editrice Le Livre de poche nel 2021, dopo il successo riscosso da "Tutto il blu del cielo" e "I quaderni botanici di Madame Lucie", letti nel 2022.
Ho affrontato questa terza lettura aspettandomi il peggio del peggio avendone sempre sentito parlare malissimo, soprattutto per il paragone con i due titoli precedenti, ma personalmente non ho riscontrato chissà quali differenze: quelli non sono dei capolavori e questo non è da buttare. Sono sullo stesso livello sotto a ogni aspetto: stile di scrittura, caratterizzazione dei personaggi, dialoghi e tematiche pesanti che vengono trattate con una serenità piuttosto irreale, ma che si adatta al genere di messaggio che l'autrice vuole trasmettere.
Le carenze di affetto spingono Ambre verso una vita balorda quando è ancora troppo giovane per poter capire certi meccanismi e per essere in grado di riconoscere di essere più fortunata di tanti altri. Quando arriva in montagna dopo il tentato suicidio smette di essere la protagonista assoluta e il romanzo diventa corale, vengono ricostruite le vite degli altri personaggi fra i quali spiccano una ragazza madre e un giovane omosessuale che danno modo all'autrice di trattare altri argomenti di rilievo con un po' troppa superficialità, proponendo un cambio di rotta che può appagare solo bigotti e perbenisti e con un finale che avrei trovato deludente, perché falsamente conclusivo, se non avessi saputo che c'è un seguito ("All'incrocio dei nostri destini").
E l'immersione nella natura resta il punto di forza dei romanzi della Da Costa. Questa è la bella Arvieux:
