lunedì 22 luglio 2019

"La vita quotidiana delle cortigiane nell'Italia del Rinascimento", Paul Larivaille


E' corretto considerare il Rinascimento italiano come l'epoca d'oro delle cortigiane? Oppure è stato il ruolo da loro occupato nella letteratura mondiale del periodo, sia in qualità di autrici che di protagoniste dei racconti, a creare un falso mito?

Questo è ciò a cui l'autore ha cercato di dare risposta con questo saggio datato 1975: il titolo e la sinossi, piuttosto accattivante, mi hanno tratto in "inganno" facendomi pensare a una lettura piacevole e scorrevole sullo stile del nostro preziosissimo Alberto Angela...
Giammai, questo testo ha ben poco di divulgativo. E', viceversa, estremamente didattico. Non difficile, ma ripetitivo e noioso, almeno per me.

Va detto che il Rinascimento non è il mio periodo storico preferito e anche che Paul Larivaille è riuscito ad attirarsi tutta la mia antipatia già con l'iniziale cronologia dei secoli del Rinascimento dove Genova viene citata solo per la morte di Andrea Doria e per le date di nascita, viaggi e morte di Cristoforo Colombo: va bene che il testo prende in esame le cortigiane di Roma e di Venezia, però - se scrivendo "secolo d'oro" - Google propone in automatico "dei genovesi", forse forse in quell'epoca qualcosina i miei antenati lo avranno ben fatto, credo...

Ma anche sorvolando sul mio campanilismo, il libro resta per me poco interessante e a tratti pesante.

Inizia descrivendo la condizione femminile nel Rinascimento, che vede per le donne italiane un'emancipazione a cui in gran parte dell'Europa si arriverà solo dopo l'avvento della Riforma, però non sottolineando a sufficienza che ciò riguardava una minoranza (le agiate donne aristocratiche e borghesi) e che Caterina de Medici è stata un'eccezione.

E, infatti, per le donne dei ceti inferiori l'unica strada da intraprendere per cercare di sfuggire alla miseria era proprio quella della prostituzione, anche se per pochissime si trattava davvero di una scelta personale: come ha ben chiarito Vivian Ward, "Non è il tuo sogno di bambina"! Non lo era a Hollywood nel 1990 e sicuramente non lo era nemmeno a Venezia nel 1490 (forse sarebbe stato meglio far trattare questo argomento da una donna per non avere solo freddi dati e considerazioni magari accettabili quarant'anni fa, ma sessiste oggi)...

Sia come sia, nel 1490 la popolazione di Roma (considerata all'epoca la capitale del cristianesimo e della prostituzione) era composta al 60% da uomini, mentre si calcola che il 20% delle donne "romane" fossero prostitute.
Il libro - raccontando delle cortigiane romane e di quelle veneziane - si concentra soprattutto su quelle che oggi verrebbero definite escort di lusso, donne capaci di conquistarsi autentiche fortune fatte di vestiti, gioielli, arredi, a volte anche interi palazzi. Delle madame Pompadour, amanti più o meno in carica di un unico uomo per volta.

Per tutte le altre, però, "la vita" non era molto diversa da quella delle prostitute di oggi: anche loro venivano sfruttate da protettori e ruffiane (che spesso erano la madre, il padre, lo zio, ecc...), anche loro dovevano fare i conti con le leggi, più o meno restrittive a seconda del papa di turno (e all'epoca l'avvicendamento era frenetico), anche per loro era altissimo il rischio di contrarre malattie o di essere derubate, picchiate e/o stuprate.

La grossa differenza era che nel Rinascimento pagavano le tasse, non solo quelle ordinarie, ma anche quelle straordinarie, che ricadevano unicamente su di loro quando lo Stato doveva fare cassa per effettuare lavori pubblici, ad esempio il rifacimento di una strada.

A tal proposito spoilero (quindi attenzione!) l'unico aneddoto divertente dell'intero libro. Lodovico Domenichi racconta che, passeggiando su un'importante strada romana il cui restauro era stato pagato con la famosa "tassa delle puttane", tal Giulia urtò un poco una gentildonna, venendo accusata da quest'ultima di villania. E che Giulia rispose: "Madonna, perdonatemi, ché io so bene che voi avete più ragione in questa via, che non ho io"!

E brava Giulia ^^

PS: anche a Genova i lavori pubblici venivano effettuati grazie alle tasse pagate dalle prostitute, come ricorda Fabrizio De Andrè ne "A dumenega" dove il direttore del porto le guarda sfilare e pensa al nuovo molo finanziato da loro:

"E u direttú du portu c'u ghe vedde l'ou
'nte quelle scciappe a reposu da a lou
pe nu fâ vedde ch'u l'è cuntentu
ch'u meu-neuvu u gh'à u finansiamentu
u se cunfunde 'nta confûsiún
cun l'euggiu pin de indignasiún
e u ghe cría u ghe cría deré
bagasce sëi e ghe restè"

Reading Challenge 2019: collegamento con la traccia musicale di luglio per la parola "vita" nel titolo