Graines,
frazione di Brusson (Aosta), agosto 1984. E’ durante quella estate
che nasce l’amicizia fra Pietro e Bruno. In comune hanno solo gli
11 anni di età e il carattere chiuso. Bruno in quelle montagne ci
vive e nonostante sia giovanissimo aiuta già lo zio con il pascolo.
Pietro, invece, vive a Milano, la città dove i suoi genitori
sono emigrati dal Veneto all’inizio degli anni ‘70. Assistente sociale
lei, chimico lui, aspettano l’estate per tornare sui monti
cambiando sempre paese (ma non regione), finché lei riesce a
convincere il marito ad affittare una casetta, poco più che un
rudere, in modo da avere una base fissa, fare conoscenze, illudersi
di essere anche loro gente del posto e non di città…
E’
così che fra i due ragazzi, ritrovandosi anno dopo anno,
nasce un forte legame che si interromperà con l’allontanamento
di Pietro dalla sua famiglia, per poi solidificarsi in età adulta.
Libro
famosissimo, vincitore del Premio Strega 2017 (anche del Premio Strega
Giovani di quello stesso anno), che ammetto di aver deciso di leggere
solo perché ha in copertina un elemento invernale, la neve,
obbligatorio per tutti i libri letti a dicembre nella mia Reading
Challenge.
La
trama mi era nota ed immaginavo che fosse un libro adatto agli
appassionati della montagna, cosa che io decisamente non sono. E non
sono neppure un’amante dei libri di formazione. Unendo i due
fattori - pur riconoscendo che si tratta di un libro discreto,
scritto bene, in maniera semplice e scorrevole – è successo quello
che mi aspettavo, non mi ha né interessato né emozionato.
L’essere
descrittivo come è rende la montagna l’indiscussa protagonista,
ma al suo fianco non ho trovato, come mi aspettavo, l’amicizia
fra i due personaggi (né tanto meno ho colto l’omosessualità
celata di cui avevo sentito parlare ai tempi della vittoria dello
Strega), bensì il rapporto padre-figlio. Un legame fragile, freddo,
non bello, cosa che mi ha reso l’intera lettura molto triste.
Tristezza
amplificata dal ridottissimo ruolo in cui vengono relegati gli
animali: se penso alla montagna vedo orsi, lupi, cervi, ecc… Sono
loro gli abitanti della montagna, noi uomini ne siamo solo ospiti
usurpatori, al pari di quando ci immergiamo nel mare rispetto ai
pesci che lo popolano.
Cognetti non parla mai degli animali come di
esseri viventi, ma come di bestie, dalle mucche al pascolo, al mulo
da soma, alle trote da pescare fino all’atroce descrizione della
macellazione di una povera camoscia.
Oggetti al servizio dell’uomo,
da vivi e da morti.
Certi
amanti della natura, come immagino che si definisca Cognetti,
per coerenza dovrebbero limitarsi a dire di amare le piante (ma forse gli alberi abbattuti avrebbero qualcosa da ridire anche su questo).
Reading
Challenge 2019: collegamento a cascata con la traccia di dicembre. Lo
collego a "Un buon posto per l'inverno" perchè entrambi
gli autori sono italiani