Città XX,
a due ore da Tokyo, settembre 2012. Tre ladruncoli da strapazzo hanno
appena compiuto un furto in un alloggio e, non potendo scappare
perché l’auto che avevano rubato per darsi alla fuga li ha
lasciati a piedi, decidono di nascondersi all’interno di un vecchio
emporio abbandonato per poi mischiarsi ai pendolari il mattino
successivo. Ma l’emporio Namiya non è stato un negozio normale:
nel 1979 grazie ai consigli elargiti dal proprietario era diventato
famoso in zona come “l’emporio che risolve i problemi”. E
durante la notte Shota, Atsuya e Kohei si renderanno conto di quanto
quel posto sia anormale, non solo perché le lettere continuano ad
arrivare nonostante siano passati 33 anni, ma soprattutto perché chi
le scrive lo ha fatto nel 1979!
Se
la sinossi di un libro già nella prima frase parla di “storia
magica” e di “piccoli miracoli” non ha nessuna speranza di
finire nella mia wish list. Con questo ho ceduto esclusivamente per i
5 punti che mi avrebbe regalato essendo una delle letture Gold di
dicembre della mia Reading Challenge e durante la prima delle cinque
parti in cui è diviso mi sono stramaledetta per la mia avidità! Poi
devo riconoscere che la situazione è migliorata, non troppo, ma quel
tanto da non farmi più recriminare per il tempo perso.
Le
storie basate sui portali spazio-temporali mi disturbano. Nel corso
della vita ho apprezzato soltanto la serie TV “22.11.63” perché
è quasi un capolavoro e mi era piaciucchiato “Ritorno al futuro”
(solo il primo film) perché avevo 16 anni.
In
questo libro la mancata spiegazione del perché i due piani temporali
vadano a incrociarsi proprio a distanza di 33 anni lo rende più
favoletta che romanzo di “fantascienza”, e infatti non si spaccia
come tale, ma questa imprecisione ha aumentato il mio fastidio.
Per
contro l’intreccio fra passato e presente ha permesso di dare
risalto all’abilità dell’autore nel non facile gioco di incastro
perfetto fra le vicende dei vari personaggi. Personalmente ho trovato
poco interessanti le storie, ma
la bravura c’è e in futuro voglio leggere altro di questo
scrittore giapponese specializzato in thriller.
Sarei anche curiosa
di sapere come mai all’improvviso sia passato a un genere così
diverso. Concordo con mia sorella, viene da pensare che possa essere
dipeso da una situazione analoga a quella di Grisham che raccontò di
aver scritto “Fuga dal Natale” come ripicca al suo editore che
pretendeva da lui un romanzo da vendere sotto le feste imminenti.
Quello fu un grande successo anche al cinema, io lo ricordo come un
libretto simpatico, nulla di più, e probabilmente finirò con
apprezzare maggiormente anche il Keigo Higashino giallista.
Reading
Challenge 2019: questo testo è una traccia gold del mese di dicembre