Genova,
25 dicembre 1976. Giovanna,
Lara e Carla hanno 12 anni e sono inseparabili: stessa scuola, stesso
palazzo e quell’anno condividono anche i festeggiamenti del Natale
a casa della prima. Il trio è in realtà un quartetto perché con
loro - un po’ per scelta, un po’ per obbligo - c’è sempre
Silvia, la sorellina di Giovanna.
Dopo
pranzo compaiono quattro pacchetti identici con dentro lo stesso
libro: una copia per ciascuna di “Piccole donne”, regalo delle mamme, sicure che la storia saprà conquistare le bambine come
aveva fatto con loro a quell’età.
Genova,
una trentina d’anni dopo, autunno. Solo le sorelle Masini vivono
ancora in città: Carla si era trasferita nell’entroterra alla fine
delle medie, mentre
è stato il lavoro di giornalista a portare Lara a Roma.
Sarà
Jo March a fornire l’occasione per ritrovarsi dopo tutti quegli
anni, il personaggio che si erano tanto contese da bambine perché
loro erano sì in quattro come le piccole donne del libro, ma tutte
volevano essere Jo…
Libro
diviso equamente in due parti, la prima racconta in terza persona i
fatti degli anni ‘70, mentre nella seconda è Giovanna a diventare
protagonista e voce narrante.
Come per “Famiglia: femminile plurale” il libro avrebbe potuto essere ambientato ovunque: non c’è
alcuna connessione con
Genova
e con
i
suoi abitanti nel modo di scrivere dell’autrice e i
riferimenti
espliciti si
riducono alla citazione del quotidiano locale e allo scatenarsi di
una delle tante nostre alluvioni, scenario evitabile perché inutile
ai fini della storia, ma
che
una volta inserito avrebbe meritato di
essere trattato con più sentimento.
"Si
muore di pioggia”: no, Maresco, a Genova si muore per il cemento!
Curioso
che l’autrice nei ringraziamenti, che lei ha chiamato “backstage”,
citi salita Santa Brigida e il paesino di Apricale: non capisco
perché non dare i legittimi nomi ai luoghi descritti nel romanzo,
probabilmente dettagli irrilevanti per chi non è del posto, ma una
bella marcatura del territorio per chi lo è. A
mio avviso una stupidaggine: quando sei un autore minore e scegli di
ambientare i tuoi romanzi nella tua città dovresti puntare molto
su questo per creare un legame con quelli che saranno
sicuramente i tuoi primi lettori, un dettaglio che i Fratelli Frilli, e non solo loro, hanno
sempre sfruttato molto bene…
Ma
non è per questo elemento che ho trovato il libro
deludente. Peccato perché l’idea di base - la
trasposizione con le quattro protagoniste del libro della Alcott e la
“lotta” per aggiudicarsi il ruolo di Jo nei giochi delle quattro
bambine - era carina, ma
viene sviluppata poco e male, perdendosi in infinite, inutili e
insopportabili ripetizioni.
E
non aiutano nemmeno i personaggi, che sono troppi e nessuno coinvolgente,
avrei preferito un approfondimento delle personalità delle quattro
bambine/donne e per tutte non avrebbe guastato una maggior simpatia.
Però
la vera carenza del romanzo la si ha in quello che credo dovesse
essere il centro della storia, cioè quell’emancipazione della
donna che è invece la grande assente nel percorso delle quattro.
Reading
Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di giugno "un libro con meno di 400 pagine"