martedì 30 giugno 2020

"Il bordo vertiginoso delle cose", Gianrico Carofiglio


Firenze, un maggio dei nostri giorni. Non manca molto al 48° compleanno di Enrico Vallesi, una fascia di età in cui sarebbe meglio evitare di fare un bilancio fra le cose fatte e non fatte perché il tempo che si ha davanti diminuisce giorno per giorno, spesso al pari dell’energia necessaria per cercare di cambiare qualcosa. L’impresa diventa più drammatica quando si ha la sensazione di essere rimasti fermi, di aver perso grandi occasioni. Come succede a Enrico, che dopo la pubblicazione del suo primo romanzo non ha saputo bissarne il successo. Sono passati dieci anni, dieci anni trascorsi nella vana ricerca di una nuova ispirazione, un’attesa resa più logorante dopo che il suo editore lo ha declassato al ruolo di editor e occasionalmente di ghostwriter.
Ma una mattina, mentre sta bevendo il caffè al bar leggendo un quotidiano, qualcosa cambia: un trafiletto di cronaca nera dov’è riportata la notizia di una rapina cruenta. C’è stata una sparatoria e uno dei banditi è stato ucciso. E’ successo a Bari, la città dove Enrico è nato e ha vissuto fino al diploma, per poi proseguire gli studi altrove, quasi scappando. E il nome del bandito morto lui lo conosce bene, così bene che due ore dopo è già su un treno diretto a sud…

Ormai è diventata mia abitudine leggere sempre due libri contemporaneamente, a volte tre, ed Emilia Marasco merita una riflessione. I suoi due titoli si sono “scontrati” rispettivamente con Veronesi e con Carofiglio: la bravura dei due ha inevitabilmente accentuato la semplicità (a tratti anche la mediocrità) dello stile di lei e della struttura dei suoi romanzi. Il mio giudizio non cambia, ma indubbiamente se appaiata ad autori al suo livello il confronto non sarebbe stato così schiacciante.

Di Carofiglio ho amato principalmente i titoli della serie di Guerrieri e di Fenoglio: belle le storie e meravigliosi i due protagonisti. Anche questa storia mi è piaciuta, diversa dalle altre (non è un giallo, niente indagini, niente processi, ecc), ma è molto profonda e decisamente più originale con i capitoli numerati ambientati nel passato che vedono Enrico studente del liceo classico a raccontare i fatti in prima persona e quelli intitolati “Enrico” narrati in seconda persona (stile originale e, secondo me, per niente facile) con lui adulto nel presente.

Ma questo non è quel tipo di protagonista che ammiri e a cui ti affezioni. Non ha niente da insegnare, non è un personaggio negativo, ma neppure uno che ti viene voglia di imitare.

A tratti ho pensato di leggere spunti autobiografici, in particolare con i capitoli scolastici. Mi domando se anche Carofiglio studente si sia infatuato di una giovane supplente di filosofia, ma queste parti per me sono state pesanti: non ho mai studiato filosofia, la mia ignoranza in materia è totale, il mio interesse nullo e ho avuto non poche difficoltà con le vere e proprie lezioni tenute dalla prof. Celeste.

Carofiglio ha un po' esagerato, diciamo che in questo caso non mi sentirei di dare torto a chi lo accusa di tracotanza..

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di giugno "un libro con meno di 400 pagine"