martedì 21 dicembre 2021

"Il quaderno dell'amore perduto", Valérie Perrin


Milly (Borgogna), 2013. Justine Neige ha 21 anni e da tre lavora come aiuto infermiera alla casa di riposo "Le ortensie". A differenza dei suoi coetanei, lei non sogna di andarsene da questo piccolo villaggio di appena 349 abitanti e, soprattutto, a differenza della maggior parte di loro, lei ama le persone anziane.
Una l'ha conquistata in modo particolare, l'ospite della camera 19: Hélène Hel, classe 1917, una donnina dagli occhi azzurri convinta che ogni persona abbia il proprio uccello che la accompagna nel corso di tutta la vita vegliando su di lei e il suo è un gabbiano.
La sua di vita è stata lunga, ha 96 anni e tante cose da raccontare a questa bizzarra ragazza a cui a un certo punto non basta più solo ascoltarla: allora compra un quaderno azzurro e inizia a scrivere la storia di Hélène.

Valérie Perrin ha pubblicato questo suo primo romanzo nel 2015, vale a dire tre anni prima di "Cambiare l'acqua ai fiori", che avevo letto l'anno scorso: è difficile per me stabilire quale mi sia piaciuto di più e dovendo per forza scegliere allora penalizzo questo perchè nel secondo l'autrice ha perfezionato la tecnica dei salti temporali, ma si tratta del voler cercare il pelo nell'uovo perchè le (non la: le) storie raccontate ne "Il quaderno dell'amore perduto" sono davvero belle.

Le vicende dei due romanzi sono completamente diverse, ma ci sono similitudini di altro genere, partendo dall'ambientazione. Ma la caratteristica più evidente che li accomuna è la tristezza: chi cerca letture di svago deve stare alla larga da questa autrice. La tragedia, più o meno grande, non risparmia quasi nessuno dei suoi personaggi e se questa volta non è riuscita a farmi versare neppure una lacrima, mi ha comunque trasmesso un certo grado di malinconia.

Ma non ho vissuto questa sensazione in maniera negativa: è un gran bel libro e parte della sua bellezza la deve proprio al fatto di essere triste.

Data la mia predilezione per la concretezza avrei forse evitato l'immagine del gabbiano "angelo custode", senza il libro sarebbe stato altrettanto bello, ma sono sicura che la maggior parte dei lettori abbia apprezzato questo particolare.

Bello il modo in cui la Perrin racconta gli anni della guerra e le sue atrocità: certo neppure lei è la Allende, la storia rimane lo scenario senza diventare la protagonista, però le sue parole mi sono piaciute.

Quello in cui è davvero bravissima è il modo che ha di piazzare i "colpi di scena", espressione che avevo già usato per "Cambiare l'acqua ai fiori" anche se si adatta poco a questo genere di narrazione, ma che rende l'idea perchè in entrambi i libri a un certo punto vengono svelati dei fatti che danno veramente un colpo forte a chi legge e quando i piani temporali da due diventano tre è davvero difficile staccarsi dalle pagine.

PS: avrebbero dovuto usare la traduzione del titolo originale, "Les oubliés du dimanche", "I dimenticati della domenica", assolutamente perfetto! Mi domando se gli editori italiani quando decidono di cambiare pecchino più di arroganza o di stupidità...

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla nona traccia annuale, "cinque libri svuota wish list"