Milano, 10 novembre 2017. Sono passati un anno, un mese e tre giorni da quando il cadavere di Giuliana Baldi è stato rinvenuto in un campo incolto a Rozzano. Uccisa con un colpo alla testa sparato a bruciapelo, il suo è un caso irrisolto. La polizia aveva sospettato del marito, arrivando poi in fretta all'archiviazione per mancanza di prove a suo carico e di altre piste da seguire.
Adesso l'uomo, Mario Rossi, è seduto in un bar. Di fronte a lui Penelope Spada, l'ex pubblico ministero a cui Zanardi, cronista di nera del Corsera, gli ha consigliato di rivolgersi. Perchè a Rossi non basta essere stato prosciolto dalle accuse, non quando negli atti il giudice ha scritto che ci sono inquietanti sospetti a suo carico, parole che un domani sua figlia potrebbe leggere per capire cos'è successo alla sua mamma quando lei era bambina e quindi sospettare di lui.
Almeno due delle tracce di gennaio della Challenge mi permettevano una scelta amplissima e fra i tanti libri adatti ho puntato su questo perchè volevo essere sicura di partire col botto. E invece no, la lettura è stata una mezza delusione. Soltanto mezza perchè il libro tutto sommato è piacevole, veloce sia perchè non raggiunge le duecento pagine (192) sia per lo stile snello. Non mi stupisce che sia stato apprezzato da tanti, ma chi conosce l'autore avrà constatato come non si avvicini nemmeno ai soliti livelli.
Il confronto con gli altri suoi due personaggi seriali è inevitabile. Ho ben pochi dubbi che questo sia solo il primo di una nuova serie con Penelope Spada come protagonista.
Personaggio davvero poco originale, un mix fra il tipo di donna alla Kim Stone di Angela Marsons di cui giallisti e autori di thriller abusano - risoluta, dura e senza paura fuori, ma fragile e irrisolta dentro e con un passato difficile (quello della Spada non viene rivelato, uno dei motivi che mi fanno dare per certo un seguito) - e lo stereotipato protagonista di un noir, un investigatore depresso, tetro e disfattista, con seri problemi di alcool e fruitore di sesso occasionale di cui è meglio non conservare memoria.
Un recensore stipendiato da non ricordo quale quotidiano aveva evidenziato la bravura di Carofiglio nel dare voce alla sua prima protagonista donna, complimenti che non condivido, ho trovato Penelope Spada maschile in tutto e per tutto, negli atteggiamenti, nei ragionamenti, nel modo di vivere; in ogni pagina è palese che la mente che c'è dietro è quella di un uomo, che è quella di Carofiglio, e lui di femminile non ha proprio nulla. Che la scelta sia stata sua o dell'editore non lo so, ma so che un Tizio Spada sarebbe stato più credibile.
Siamo comunque ben lontani dalla grandiosità di Guido Guerrieri e di Pietro Fenoglio, chiaramente sopra mi riferivo a loro.
Anche la storia gialla non brilla di estro. Un'indagine procedurale svolta con i limiti di chi è ormai fuori dal sistema e che quindi può basarsi quasi esclusivamente su intuito e appostamenti, con un bel po' di fortuna.
Senza le acute osservazioni dell'avvocato Guerrieri e del maresciallo Fenoglio - che, grazie ai rispettivi ruoli, hanno sempre permesso a Carofiglio di raccontare la realtà delle aule giudiziarie italiane, dei penitenziari, degli intrighi sia criminali che politici - questo romanzo viene fuori privo dello spessore che amo dell'autore: ecco spiegata la mia delusione.
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Challenge 2022, traccia bonus di gennaio: libri ambientati in Italia