Francia, febbraio di un anno non precisato. La settimana bianca per Nicolas non inizia nel migliore dei modi: dieci giorni prima alcuni bambini sono morti nella collisione fra uno scuolabus e un camion e per questo motivo suo padre, autoritario quanto apprensivo, non lo lascia partire in pullman con i suoi compagni, ma preferisce accompagnarlo in macchina il giorno dopo. Il ritardo di 24 ore aumenta le già notevoli difficoltà di inserimento del bambino e l'aver dimenticato nella macchina del padre lo zaino con tutte le sue cose accresce ulteriormente il suo disagio.
E con il suo anche il nostro. O almeno dovrebbe essere così...
E invece no: era quello che mi aspettavo, ma non è successo.
Di quanto Carrére sia bravo a scrivere me ne ero già resa conto leggendo su "Robinson" i suoi articoli sul processo alla strage del Teatro Bataclan.
Questo è il primo dei suoi romanzi che leggo, il quarto di narrativa che ha scritto (nel 1995) e contemporaneamente l'ultimo di pura fiction.
Avevo aspettative stellari che però sono state parzialmente deluse. Lo stile narrativo, che in generale preferisco al taglio giornalistico, ha confermato ciò che già sapevo della sua penna, ma è stato proprio Carrère a causare il mio malcontento verso la storia che racconta con la sua affermazione riportata nella sinossi:
"Ero solo, in una casetta in Bretagna, davanti al computer, e a mano a mano che procedevo
nella storia ero sempre più terrorizzato"
Letto questo, pur sapendo che "La settimana bianca" viene classificato come noir, mi ero sentita legittimata a credere di avere in mano un horror, o comunque una lettura inquietante, convinzione rafforzata da uno stile che mi ricordava tantissimo quello de "La lotteria" di Shirley Jackson.
Facendo attenzione a non chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in me per non trovare angosciante la fantasia macabra del piccolo protagonista, sono andata avanti speditamente pregustandomi un finale scioccante come quello della Jackson, ma non l'ho trovato, riscontrando invece una certa (per me insopportabile) ambiguità.
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