domenica 19 marzo 2023

"Le notti senza sonno", Gian Andrea Cerone

 

Milano, venerdì 21 febbraio 2020. Il commissario Mario Mandelli - 55 anni e un amore sconfinato per sua moglie Marisa (Isa), per il suo mestiere e per la sua città - non sa che quel Covid-19, di cui tanto si parla, sta per arrivare anche in Europa, proprio in Italia, proprio in Lombardia, proprio a due passi da Milano.
Quel venerdì di febbraio Mandelli e la sua squadra hanno ben altro a cui pensare: all'alba tre addetti alla nettezza urbana hanno rinvenuto in un cassonetto una mano tranciata di netto e un bulbo oculare. L'esame autoptico rileva che appartengono a una donna caucasica sui trent'anni e che era ancora viva quando ha subito le mutilazioni. Alle difficoltà di un caso del genere, che fa subito pensare ai serial killer così comuni nelle serie tv americane (ma fortunatamente così rari nella realtà), il mattino dopo si aggiunge l'omicidio di Pierluigi Panizza, gioielliere settantaduenne appartenente all'alta borghesia milanese, picchiato a sangue e poi freddato da due malviventi nella propria casa. Nel caveau erano custoditi quasi ottantotto milioni di euro fra diamanti, gioielli e oro.
"Praticamente mi stai dicendo che dobbiamo dare la caccia a uno psicopatico che mozza le mani e strappa gli occhi alle vittime mentre un’epidemia mortale si sta diffondendo intorno a noi. Vorrei davvero conoscere lo stronzo che ha scritto questa sceneggiatura."
Simpatico il Cerone a darsi dello stronzo da solo ^^ A fine gennaio è uscito il suo secondo romanzo che ha sempre come protagonista il commissario Mandelli e la squadra investigativa dell’U­nità di Analisi del Crimine Violento di Milano: a colpirmi de "Il trattamento del silenzio" è stata la copertina e cercando altri libri dell'autore, per me sconosciuto, ho trovato "Le notti senza sonno" (pubblicato nell'aprile dello scorso anno) e ho visto che Cerone - classe 1964 e milanese d'adozione - è nato a Savona, città che mi sta tanto a cuore, quasi quanto la mia Genova. E' per il mio campanilismo, questa volta esteso alla regione, che ho inserito i suoi titoli in wish list, seppur con un paio di timori. Intanto non avevo voglia di leggere un libro che mi riportasse in piena pandemia: non è successo, la storia inizia venerdì 21 febbraio e si conclude il venerdì successivo, quindi nove giorni prima dell'inizio del lockdown e di tutto il resto. Si respira una certa ansietà, ma il Covid è ancora qualcosa di sconosciuto e vi si accenna così superficialmente da rendermi incomprensibile la scelta di sviluppare la storia proprio in quei giorni, ma forse Cerone lo ha scritto in quel periodo e non poteva ignorare quanto stava accadendo. L'altro aspetto che mi preoccupava erano le 576 pagine del libro: non sono un'amante dei tomi, libri con più di quattrocento pagine per me sono già dei libroni di tutto rispetto e raramente leggo quelli che ne hanno più di cinquecento, ma dopo questo le 592 de "Il trattamento del silenzio" non mi spaventano affatto, anzi. Perché ieri mi è dispiaciuto tantissimo aver finito "Le notti senza sonno" e, pervasa da un senso di vuoto, pensavo a come lo stato d'animo che proviamo dopo aver letto l'ultima parola dell'ultimo capitolo - dispiacere o sollievo, con tutte le possibili vie di mezzo - rappresenti al meglio il nostro giudizio, alla faccia delle stelline di Amazon! Ne "Le notti senza sonno" non c'è niente di semplice e non è un libro perfetto. Mi sembra improbabile che dei crimini così diversi finiscano alla stessa Unità e, soprattutto, alla stessa squadra. Cerone ha esagerato, ci ha messo dentro davvero di tutto e non scendo nei dettagli di quel "tutto" per il solito motivo (evitare gli spoiler), e se anche alla fine è stato bravo a spiegarlo quel "tutto" - senza perdere collegamenti, motivazioni, cronologia dei fatti, eccetera - pensando al "tutto" risulta difficile non associarlo a un'idea di mappazzone letterario... E' esageratamente descrittivo, a 576 pagine ci è arrivato anche raccontando la vita di personaggi estremamente marginali che compaiono solo in un capitolo (ad esempio i tre netturbini del tragico ritrovamento all'inizio del libro) e questo potrebbe infastidire chi, a differenza mia, non ama gli scrittori che si perdono in particolari irrilevanti. Viceversa non ho amato i tanti cliché. Quelli territoriali li sfrutta tutti: fra toscani, marchigiani, campani, sardi, laziali, ma anche senegalesi, venezuelani, serbi e russi, viene da chiedersi se a Milano viva ancora qualche milanese, oltre a Mandelli (a essere nato a Milano c'è anche mio suocero ed è stata una clamorosa coincidenza che l'11 di via Bottego, teatro di una delle scene principali del libro, si trovi a due passi dalla palazzina dove viveva da bambino, prima del trasferimento della famiglia in Riviera).
Curiosamente mancano proprio i liguri!

Ma al di là di questi difetti, che potrebbero anche generare una sonora stroncatura, per me è stata una lettura piacevole e coinvolgente. Non sono d'accordo con Guanda, questo libro non è un noir, né tantomeno un hard-boiled, come lo ha classificato Amazon. Ci ha preso IBS infilandolo nei gialli, anche se secondo me è semplicemente un poliziesco, grazie al suo protagonista (che è un bel personaggio), alle indagini, ai pedinamenti, alle sparatorie e a tutto quanto il resto.
Ed è un bel poliziesco.

"Sembra una cazzata, ma quando giri la boa dei cinquanta realizzi davvero che gli anni che hai alle spalle sono più di quelli che avrai davanti, prima manco ci pensi."

Reading Challenge 2023, traccia annuale di marzo: un libro con un detective protagonista