venerdì 27 marzo 2020

"Nelle terre estreme", Jon Krakauer


Denali National Park (Alaska), 28 aprile 1992. E’ questo il giorno in cui Christopher Johnson McCandless inforca lo Stampede Trail e si avventura nella foresta da cui uscirà solo da morto. L’epilogo di un viaggio iniziato nel luglio di due anni prima, quando Chris, fresco di laurea, senza informare la famiglia, devolve in beneficenza i suoi risparmi e comincia il suo viaggio solitario, un’immersione nella natura, lontano il più possibile dal mondo civilizzato. Un’esperienza che lo porterà a rischiare la vita prima nel deserto californiano del Mojave, poi nelle acque messicane dell’oceano Pacifico ed infine ad affrontare l’isolamento in Alaska con una scarsa quantità di cibo e con un’attrezzatura del tutto insufficiente. Il suo cadavere verrà ritrovato da un cacciatore all’interno di un autobus abbandonato. Fra i suoi pochi averi un diario, che permetterà a Jon Krakauer di scrivere un articolo sul ragazzo per la rivista "Outside" e successivamente questa biografia.

Era da tanto tempo che non mi succedeva di trascinare così a lungo la lettura di un libro, ben 17 giorni per appena 267 pagine. Libro per il quale mi sarebbe bastato leggere la sinossi per non inserirlo nella mia wish list e che, invece, c’è finito dietro consiglio di tre vecchi amici e che mi sono decisa a leggere solo per l’insistenza di uno di loro.

Conoscendolo capisco perché a lui sia piaciuto tanto. Il mistero è come lui, conoscendomi, abbia potuto pensare che piacesse a me, assolutamente priva di spirito d’avventura, non attratta dal pericolo, amante dei comfort, ecc…

Mai come questa volta il mio giudizio sul libro, del tutto negativo, è estremamente soggettivo: posso capire che possa piacere, ma io non sono minimamente rimasta coinvolta. Mi rendo conto di quanto sia brutto dirlo trattandosi di una storia vera con un così triste finale, ma il tema trattato è davvero estraneo alla mia sfera di interesse e lo stile giornalistico con cui è scritto lo ha reso per me ancora meno stimolante, portandomi a scegliere quasi sempre il secondo libro in lettura quando, durante questi 17 lunghissimi giorni, avevo tempo per leggere.

"Nelle terre estreme" appare per quello che è, un articolo giornalistico allungato per esigenze editoriali. Krakauer aumenta il numero di pagine raccontando anche le esperienze di viaggi estremi di altri personaggi, compreso quello da lui compiuto proprio in Alaska quando aveva 23 anni. Imprese che, per come sono fatta, riesco a definire in un unico modo: folli. Per pigrizia, ok, ma anche per raziocinio.

Il suo tentativo di far capire ai lettori che Chris non era inesperto e/o arrogante, come in tanti lo avevano giudicato in risposta all’articolo pubblicato su "Outside", con me ha fallito miseramente. Un viaggio di quel tipo, in quelle terre ancora più estreme di quanto immaginassi prima di questa lettura, va preparato e organizzato seriamente, non come (non) ha fatto Chris.

Un ragazzo particolare con cui non sono proprio riuscita a empatizzare, vuoi per quello che Krakauer racconta di lui (ad esempio il suo essere un grande sostenitore di Reagan indignandosi contemporaneamente per le ingiustizie sociali), vuoi per gli autoscatti che ho visto cercando il suo nome su Google immagini dove appare sorridente mentre mostra gli animali che ha ucciso.

Nel libro ci sono troppa caccia e troppa pesca, a livello per me insopportabile: l’Alaska, che in precedenza mi era del tutto indifferente, mi era già diventata invisa ai tempi di Sarah Palin, e questso libro ha rispolverato quell'antipatia fra trofei di caccia, adesivi sulle auto con la scritta “pesco dunque esisto” e vari conteggi di cadaverini, come se uccidere uno scoiattolo o un porcospino con un fucile potesse essere motivo di vanto e non materia per Sigmund Freud.

Straziante il punto in cui l’autore racconta di quando a bordo di un peschereccio ha incrociato lo sguardo terrorizzato di un cervo mulo in balia del mare di fronte a Petersburg!

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia a cascata di marzo, lo collego a "Medioevo. Un secolare pregiudizio" perchè entrambi gli autori sono stranieri