lunedì 6 luglio 2020

"La casa della bellezza", Melba Escobar


Bogotà, 23 luglio 2015. La casa della bellezza è un centro estetico di lusso nell’esclusiva Zona Rosa. Karen ha 24 anni e si occupa di manicure, cerette e massaggi. Si è trasferita nella capitale da Cartagena con l’obiettivo di arrivare a risparmiare un milione di pesos e farsi raggiungere da Emiliano, il suo bambino. E’ per lui che riesce a sopportare dodici ore di duro lavoro, sempre sorridente, sempre paziente, subendo l’arroganza delle sue facoltose clienti che devono la loro ricchezza a padri o a mariti potenti e corrotti, donne che sfoggiano borsette che costano come due stipendi di Karen, ma che le lasciano soltanto mille pesos di mancia (l’equivalente di 24 centesimi di euro!).
Quel giorno la sua ultima cliente è Sabrina Guzmàn, che si presenta al centro con la divisa scolastica: ha 18 anni, è agitata ed euforica perché passerà la serata con il ragazzo che la corteggia da due mesi e che le ha detto di presentarsi “liscia come una mela”.
Ma quella sera Sabrina morirà e Karen è l’unica persona a sapere chi doveva incontrare…

Un libro tutto al femminile dove la voce narrante è quella della psicoterapeuta Claire Dalvard, 59 anni, tornata in Colombia da due dopo aver vissuto a Parigi tutta la sua vita adulta. Karen è la sua estetista ed è per questo che si intrecciano le esistenze così diverse di queste due donne e di altri personaggi femminili e maschili, più o meno rilevanti, tutti più o meno condannabili.

Ho letto gialli migliori di questo, ma raramente ho letto romanzi così disturbanti. L’autrice è editorialista dei quotidiani “El Pais” e “El Espectador” e questo è un grandioso libro-denuncia contro la società colombiana, machista e corrotta, misogina e classista, dove moralismo e ignoranza dettano le regole.

L’Italia non è certo esente da maschilismo e corruzione e sappiamo tutti che anche qui ci sono donne stuprate che, come Karen, arrivano a pensare: “Mi ha obbligata, ma anch’io non dovevo mettermi abiti così aderenti”, ma nel libro sembra che nessuna donna sia esente dalla sottomissione all’uomo, neppure quelle che grazie all’essere agiate e istruite avrebbero i mezzi per rendersi indipendenti.
La cosa peggiore è che sembrano non voler neppure provare a farlo perché in questo tipo di società essere la “prescelta” di un uomo è un vanto che appaga, senza capire che si viene considerate e trattate come un oggetto.

Politica e forze dell’ordine completano un quadro talmente squallido da risultare inconcepibile. Eppure parlandone con un vecchio amico che da molti anni vive in Brasile e che per via del suo lavoro conosce molto bene i vari Paesi del Sud America, Colombia compresa, mi sono sentita ricordare che non si può generalizzare, ma anche dire che le situazioni descritte non sono esagerazioni.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia annuale "sei libri ambientati in sei capitali diverse"