East Midlands (Inghilterra), estate 1976. The Avenue è un viale di periferia fiancheggiato da casette a schiera tutte più o meno simili. Eccetto quella dell'11. La casa è diversa dalle altre, più arretrata rispetto al viale e più vecchia di qualche decina d'anni, ha la porta dipinta di nero, delle grandi finestre ed è ricoperta di muschio, con dei grossi cedri che nascondono parzialmente la facciata al posto degli abituali graziosi giardini. Anche il proprietario, Walter Bishop, è diverso dagli altri abitanti del viale: un uomo solitario, taciturno, sporco. Nessuno tollera la sua presenza, sono nove anni che cercano di spingerlo ad andarsene... All'8 vivono, invece, i Creasy. Sposati da sei anni, senza figli, sono andati ad abitare nel viale dopo che lui ha ereditato la casa dalla madre. Finché la mattina del 21 giugno Margaret scompare. Una settimana più tardi, mentre tutto il vicinato è pervaso da uno stato d'animo più vicino alla curiosità che alla preoccupazione, Grace - residente al 4 - progetta un semplice piano coinvolgendo la sua amica Tilly: sarebbero andate di casa in casa a cercare la presenza di Dio. Dopo averlo trovato ci avrebbe pensato lui a salvare tutti, Mrs Creasy sarebbe tornata a casa e loro sarebbero diventate, a 10 anni, le eroine del quartiere.
Ho scelto questo libro per la singolare traccia "un libro che non hai mai voglia di leggere" (traccia che, tra l'altro, ha messo in moto un'approfondita analisi della mia infinita wish list con conseguente scrematura, perché se un titolo era lì da dieci anni o più senza che mi fossi mai decisa ad affrontarlo, non aveva più tanto senso lasciarcelo) perché temevo che fosse lento, e in effetti un po' lo è, ma è anche molto particolare. Classificato (giustamente) nel calderone della narrativa contemporanea, ha comunque dei risvolti gialli non indifferenti e almeno un paio di colpi di scena degni di un ottimo thriller. Le sue 396 pagine sono divise in molti capitoli di varia lunghezza, non numerati, ma contrassegnati dalla data e dal numero civico in cui si svolge interamente o principalmente quello che di volta in volta viene raccontato. Alcuni hanno come teatro l'immancabile pub e altri "la grondaia" e l'aiuola che la circonda: questa è la parte debole del libro, dal mio punto di vista assolutamente evitabile, ma se proprio la Cannon doveva trovare un posto dove far apparire Gesù avrebbe potuto trovare qualcosa di meglio di una macchia di creosoto (ma del resto io e la mia famiglia negli anni '80 vedevamo Eugenio Bersellini - all'epoca allenatore della Samp - in un giglio stilizzato della carta da parati del salotto, quindi ci può stare anche di immaginare l'apparizione divina in un composto chimico). Solo Grace ci parla in prima persona: lei e Tilly sono davvero adorabili con la loro ingenuità e la loro inconsapevole profondità ("A volte con gli adulti l'intervallo fra la tua domanda e la loro risposta è troppo lungo, e sembra sempre il posto migliore dove incastrare tutte le tue paure"), mentre pensieri e azioni degli altri personaggi ci vengono raccontati da un narratore esterno. Opera prima scritta nel 2016, ha come titolo originale "The trouble with goats and Sheep" che è molto più bello e sensato di quello scelto per l'edizione italiana perché rimanda al problema che le bambine riscontrano in Dio nei confronti "dei capri", bistrattati e allontanati rispetto alle pecore: in questi passaggi - come in quelli in cui emerge l'ignoranza tipica dei razzisti quando una famiglia di Birmingham, ma di origini indiane, si trasferisce al 14 - il libro diventa anche parecchio divertente. Ma è un testo ben più profondo di quanto possa sembrare se letto superficialmente. E anche parecchio triste.
"Il quartiere era sempre stato così, un corteo di persone unite dal tedio e dalla curiosità, che si passavano tra loro l’infelicità altrui come fosse un pacco."
Reading Challenge 2022, traccia di marzo: un libro che non hai mai voglia di leggere