Angel’s
Fist (Wyoming), primavera. Reece Gilmore soffre della sindrome del
sopravvissuto da quando, qualche anno prima, dei banditi hanno fatto
irruzione nel ristorante dove lavorava come chef facendo una carneficina.
Da
allora tutto è cambiato per lei: al posto della grande città c’è una
piccola cittadina che vive di turismo, al posto del ristorante di
prestigio c’è una tavola calda, ma soprattutto al posto della
giovane donna con una brillante carriera davanti c’è uno
scricciolo a cui basta lo scoppio di un motore per urlare dal
terrore.
E
un giorno la morte violenta torna a stravolgerle l’esistenza:
durante una passeggiata lungo le rive del lago vede dalla parte
opposta una coppia. Nonostante la distanza è chiaro che stanno
litigando furiosamente. Reece con il binocolo vede l’uomo colpire
la donna, questa cadere, rialzarsi, spintonarlo e quindi lui
buttarla a terra mettendosi a cavalcioni con le mani strette attorno
alla gola.
Reece
corre a perdifiato fino alla casa più vicina, quella di Brody,
l’affascinante scrittore che ha già avuto modo di conoscere al
ristorante, e insieme si precipitano nel punto dove c’era
la coppia non trovando nessun segno e nessun cadavere, ma Reece è sicura di quello
che ha visto, anche se pochi sembrano disposti a crederle…
Storia
strutturata in modo pressoché identico a quella di “Luci d’inverno”: questa volta la protagonista è una donna, ma abbiamo
di nuovo un personaggio che - scottato dal recente passato, con
grosse fragilità emotive e una situazione lavorativa da ricostruire
– opta per un piccolo centro abitato dove tutti si conoscono da
sempre e dove, superata l’iniziale ostilità per il forestiero,
riescono a inserirsi trovando ovviamente il grande amore.
Identico
anche lo stile svenevole e melenso, mentre l’arretratezza di vedute
riguardo ai ruoli delle donne e degli uomini qui raggiunge vette
terrificanti con meccanismi e affermazioni che mandano in frantumi anni
e anni di lotta per l’emancipazione femminile. Dialoghi e scenari
romantici terribilmente leziosi, espressioni che chiaramente vorrebbero essere
sensuali, ma che avrebbero privato di ogni accenno di passione anche
mia nonna, e quel “mingherlina” con cui lui si rivolge a lei, nomignolo irritante per il numero di volte che viene detto, ridicolo anche solo da pensare, ma soprattutto scorretto perchè affibbiato a una
persona sottopeso per problemi psichici.
Appurato
che il rosa crime è un genere che non mi si addice, non posso fare a
meno di chiedermi come un lui che prima di baciare la lei le
raccomanda: “Faresti meglio a prendere fiato, stiamo per
immergerci” possa soddisfare chi in un libro cerca anche del
romanticismo o della sensualità!
Come
in “Luci d’inverno”, il rosa della storia predomina sul giallo, ma stavolta sono due tonalità di rosa e di giallo brutte: il
rosa perché ancora più stereotipato, il giallo perché la vicenda è
molto più banale, la risoluzione basata su casualità grossolane e
il tentativo finale di creare un depistaggio fra due possibili
colpevoli così evidente da risultare imbarazzante.
Anche
i Teton Range non godono di descrizioni belle come quelle di cui avevano
beneficiato i monti dell’Alaska, mentre per gli animali non cambia
nulla, la solita strage fra trofei appesi o costine di alce e stufati
di bisonte nel piatto: è anche per loro se preferisco rimandare la lettura del terzo romanzo della Roberts che ho, "Ossessione", prima di tornare a separare le nostre strade per sempre.