venerdì 17 luglio 2020

"Nulla resta nell'ombra", Claudia Vilshofer


Val Bormida (Piemonte), giorni nostri. Sarah e Mark si sono conosciuti a capodanno e fra loro c’è stato il più classico dei colpi di fulmine, così travolgente che otto mesi dopo, freschi sposi, stanno attraversando il Piemonte dopo aver trascorso sulle rive del lago di Como la prima notte del viaggio di nozze che avrà come destinazione finale Viareggio.
Mark, fotografo di professione, ha preferito lasciare l’autostrada sperando di cogliere qualche scorcio interessante delle Langhe percorrendo le statali. A 7 km da Roccaverano, proprio nelle ore più torride di quell’afoso 4 agosto, il dramma: finisce la benzina!
La strada è deserta e Mark può solo recuperare la tanica dal bagagliaio e incamminarsi verso il paese alla ricerca di un benzinaio.
Quella che per Sarah doveva essere un’attesa di un’ora o poco più si prolunga prima in maniera esasperante, poi preoccupante via via che le ore passano, sempre più tesa nella speranza di veder rispuntare il marito da dietro la curva, ma Mark non tornerà più…

Avevo inserito questo titolo nella mia wish list perché la sinossi, oltre a far sperare in un bel thriller, diceva: “Sono diretti in Liguria dalla natia Germania” e, anche se era chiaro che nella mia regione non ci sarebbero mai arrivati, per me Genova e Liguria sono sempre un’attrattiva irresistibile.

A lettura ultimata è irrilevante che la destinazione non fosse la Liguria, ma la Toscana: quel che pesa è che non si tratta di un bel thriller.

Lo stile di scrittura è semplice, banale e ripetitivo, niente per cui valga la pena spenderci dei soldi, ma nella prima delle tre parti la storia è intrigante. La situazione descritta nella sinossi crea sufficiente tensione, si sa che questo marito non tornerà dalla moglie e la curiosità di sapere come lei affronterà la situazione è viva.

Nella seconda e terza parte tutta l’adrenalina si perde e la vicenda diventa sempre più inverosimile e mal raccontata. L’autrice gestisce malissimo i salti temporali e, anzichè costruire almeno un poco il personaggio della protagonista (il più delle volte davvero cretina), si perde in particolari inutili e stupidi.
Soprattutto porta avanti la storia basandola su una coincidenza enorme a cui non prova neppure a dare un senso. Tutto appare come fortuito e casuale perché affida gli sviluppi ai presentimenti di Sarah, impressioni basate sul nulla, e per suscitare tensione sfrutta situazioni da B Movie (come un tentativo di fuga in piena notte, durante un temporale con le immancabili chiavi dell’auto che cadono di mano nel buio) con dialoghi da C Movie (se esistono…), in primis un ridicolo “Apriti, Sesamo” durante la forzatura di una porta!

Ma alla Vilshofer - che ha perso il mio rispetto nel momento in cui è arrivata a definire “uno stravagante peccato di gioventù” l’uccisione di un cane tramite impalamento - devo però riconoscere il merito di aver compiuto un miracolo, quello di aver risvegliato il mio patriottismo, un bel po’ malato e deboluccio…

Fra un “questa maledetta regione è un mortorio” e un “che razza di desolazione”, la signora non perde occasione per sminuire la bellezza oggettiva di quelle zone, ma ad essere davvero offensive sono le banalità anacronistiche con cui descrive noi italiani, dal meccanico sporco e puzzolente che esce con difficoltà da sotto una Cinquecento scassata a evitabili riferimenti al mostro di Firenze, passando per carabinieri incompetenti affetti da “quell’indolenza tutta italiana” e un alto tasso di sarcasmo nell’ipotizzare in quanto tempo sia traducibile l’espressione “un po’” avendo a che fare con noi…

Sono la prima a lamentarmi per tutti i nostri infiniti difetti, ma la signora ha davvero esagerato e anziché abbandonarsi a questi stereotipi avrebbe fatto più bella figura a documentarsi di più sull’Italia, così magari - fra le tante cose - non avrebbe dato a un carabiniere il grado di un poliziotto...
 
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