"Dimenticate Walt Disney e i fratelli Grimm"
Così inizia la sinossi. Ma dimenticatela proprio: la Biancaneve di Barthelme ha 22 anni, dorme con un pigiama di latex nero, scrive poesie erotiche, beve vodka Martini e vive in una specie di comune.
Dimenticatevi anche dei simpatici nanetti: al posto di Brontolo, Pisolo, Eolo, Cucciolo, Mammolo, Dotto e Gongolo ci sono Bill, Kevin, Edward, Hurbert, Henry, Clem e Dan, uomini di altezza normale che non fanno i minatori, ma i lavavetri, oltre a produrre omogeneizzati.
Sono loro la voce narrante del romanzo e l'uso della prima persona plurale è una delle pochissime particolarità che sono riuscita ad apprezzare di queste 232 pagine divise in capitoli brevissimi non numerati che non hanno in comune una trama (perché di trama non ce n'è), ma un nonsense per me - che sono fatta come sono fatta - totalmente destabilizzante.
Donald Barthelme, nato a Philadelphia nel 1931, ma cresciuto a Houston, e morto di cancro nel 1989, giornalista al New Yorker per 25 anni e considerato uno dei più autorevoli scrittori del Novecento, ha pubblicato anche venti romanzi, dei quali al momento solo sei sono stati tradotti in italiano, ma io mi fermerò a questo.
Avevo inserito questo titolo nella mia wish-list sentendone parlare da Marco Cantoni in un suo vecchio video. Dalla sua descrizione mi era chiaro che non mi sarebbe piaciuto ("Per chi ama la letteratura postmoderna americana e per chi ama la letteratura di sperimentazione"), ma ne avevo preso nota proprio perché particolare, pensando che avrebbe potuto essermi utile se nella Reading Challenge fosse capitata una traccia su una rivisitazione. E infatti...
Nonostante credessi di essere preparata a una lettura d'avanguardia, in realtà non lo ero abbastanza e non è stato facile. Soprattutto all'inizio sono stata tentata più volte di abbandonare (cosa che non ho mai fatto), ma poi ho stretto i denti (precisiamo: questo non è certo un libro di basso livello, anzi. Ma io e questo genere di scrittura siamo compatibili come la maionese mescolata al caffè!) e sono andata avanti, anche per vedere fino a che punto si sarebbe spinto.
Spinto, parola che non uso a caso: speravo che lo fosse. Biancaneve, che neppure da bambina mi era simpatica, mi ha sempre dato l'idea di essere più adatta a un film porno che a un cartone animato, e invece Barthelme in questo mi ha proprio delusa perché - se anche la sua Biancaneve, nell'attesa di trovare il principe azzurro ai sette non fa il letto, ma ci va a letto ( e nella doccia) - questo aspetto viene lasciato all'immaginario. Peccato.
Il finale è riuscito a soddisfare la mia vena cinica, ma senza ripagarmi dallo smarrimento per questo vortice di parole.
"A cosa pensa Biancaneve? Nessuno lo sa. Oggi è entrata in cucina e ha chiesto un bicchier d’acqua. Henry le ha dato il bicchier d’acqua. «Non mi chiedi perché voglio questo bicchier d’acqua?», ha domandato. «Pensavo che lo volessi bere», ha detto Henry. «No, Henry», ha detto Biancaneve. «Non ho sete. Tu non fai attenzione, Henry. Non hai l’occhio sulla palla». «Allora perché vuoi il bicchier d’acqua, Biancaneve?» «Che cento fiori sboccino», ha detto Biancaneve. Poi è uscita, portando con sé il bicchier d’acqua. È entrato Kevin. «Ho visto Biancaneve nel corridoio, mi ha sorriso», ha detto Kevin. «Piantala, Kevin, piantala. Piantala e dimmi che cosa significa: che cento fiori sboccino». «Non lo so, Henry», ha detto Kevin. «So soltanto che è cinese». A cosa pensa Biancaneve? Nessuno lo sa."Sicuramente io sono troppo tradizionale, troppo banale, troppo concreta per poter apprezzare passaggi come questo (avrei potuto trascrivere una pagina qualunque: il libro è tutto così), ma penso che in questo caso si vada molto oltre e che il libro sia adatto a una minoranza, non a lettori comuni. E queste tematiche (la controcultura degli anni '60 con il femminismo, il sesso libero, le "comuni" e gli allucinogeni) me le sarei godute di più se raccontate in modo lineare. Ma quello che mi ha davvero delusa è il non essermi riuscita a divertire come assicuravano Marco Cantoni nel suo video ("Un romanzo in cui si ride tantissimo, un umorismo sottile, ma incredibile"), Ivano Bariani nella sua prefazione ("Di base, c’è che Barthelme è mostruosamente, cervelloticamente divertente") e Fernanda Pivano nel suo "Libero chi legge" ("Assicuro che si ride, in maniera intelligente e non banale"). A me non ha divertito e le "indigeribili tecniche innovative di D.B." (cit. Bariani) le ho trovate proprio indigeste.