sabato 4 giugno 2022

"La strada di casa", Kent Haruf

Holt (Colorado), inizio novembre 1985. E' un sabato pomeriggio inoltrato quando una Cadillac parcheggia lungo Main Streat. Molti la notano: perché di Cadillac a Holt se ne sono viste circolare ben poche; perché è rossa fiammante; perché ha la targa della California; e perché l'uomo seduto al volante non scende dall'auto. Passa un'ora, ne passano due. Poi Ralph Bird, il proprietario del negozio di abbigliamento sull'altro lato della strada, si avvicina, osserva l'uomo enorme (alto quanto grasso) alla guida, non lo riconosce, ma poi all'improvviso capisce chi è: dopo otto anni Jack Burdette è tornato a Holt e Bird può fare soltanto una cosa, chiamare lo sceriffo Sealy, che a sua volta non ha scelta. E così ai polsi di Burdette scattano le manette.

Sono passati due anni da quando il romanzo è stato tradotto in italiano e sono passati due anni e un mese dall'ultima volta che avevo letto Haruf. Il libro mi chiamava, ma rimandavo, rimandavo e ancora rimandavo perché sapevo che "La strada di casa" mi avrebbe portata a Holt per l'ultima volta.
Ho letto ogni singola pagina con la consapevolezza che ognuna di esse era una pagina in meno e che dopo non avrei mai più avuto nulla di Haruf da leggere.
Scrivere così bene e pubblicare soltanto sei romanzi in settantuno anni di vita è crudele e delittuoso, ma questo ritmo lento e pacato rispecchia la sua penna.

Scritto nel 1990 - la sua seconda opera, ma l'ultima ad essere stata tradotta da noi - è diviso in due parti divise a loro volta equamente in cinque capitoli ciascuna. Solo il primo e l'ultimo si svolgono nel presente: gli otto capitoli che racchiudono sono flashback, la meravigliosa ricostruzione dei fatti che ci vengono raccontati da Pat Arbuckle.
Holt è la cittadina in cui tutti si conoscono, tutti sanno tutto di tutti, Pat un po' più degli altri essendo proprietario e direttore dell'Holt Mercury, il settimanale della città. Pat però non ci parla da giornalista: lui Jack lo conosce da sempre, se lo è trovato in classe già dalla prima elementare, ha fatto con lui tutto il percorso di studi, e poi... E poi.

Nel primo capitolo il ritorno a Holt di Burdette coinvolge chi legge in maniera relativa: ok, torna questo tizio a bordo del macchinone; ok, è un farabutto che ha fatto qualcosa di illegale (altrimenti lo sceriffo non lo avrebbe arrestato); ok, l'intera cittadinanza ce l'ha con lui. Ma chi legge non ha ancora nessuna opinione sul suo conto, si mette comodo e prosegue la lettura.

L'ultimo capitolo riparte dall'inizio: Haruf riporta chi legge a quel sabato pomeriggio di novembre, c'è di nuovo la Cadillac parcheggiata in Main Street, ma adesso si sa tutto di Jack Burdette e il suo arresto viene vissuto con assoluta partecipazione anche dal lettore.
Perché Haruf ha questa capacità di farti sentire uno di Holt - e ce ne vuole considerando che si tratta di un contesto assolutamente provinciale, benpensante e bigotto - e 
anche questa volta di lieto c'è ben poco, le situazioni che racconta sono quasi tutte drammatiche, quando non sono tragiche. Eppure...

Mi mancherà Holt. Mi mancherà Kent Haruf. Beati voi, se ancora non lo avete letto.

"Vincoli. Alle origini di Holt"
"Canto della pianura"
"Crepuscolo"
"Benedizione"
"Le nostre anime di notte"

Reading Challenge 2022, traccia bonus di giugno: libri del proprio genere preferito (narrativa contemporanea)