mercoledì 29 giugno 2022

"L'estrema fortuna", Richard Ford

 

Oaxaca (Messico), fine anni '60. Harry Quinn, 31 anni, ex marines, era nel suo noioso Michigan quando aveva ricevuto una telefonata insperata da Rae, la sua ex fidanzata: suo fratello Sonny era nei guai, recluso in una prigione messicana per traffico di droga. Due giorni dopo Harry era già a Oaxaca, da solo in mezzo a una moltitudine di turisti, mendicanti e hippies.
"Rae aveva lasciato un vuoto che non riusciva più tanto a controllare. Ed era venuto quaggiù ad aiutare Sonny solamente per riprendersi Rae"
E Rae arriva quel pomeriggio...

"I libri di Richard Ford ricordano quelli di Kent Haruf": non ricordo se lo avevo sentito dire in qualche video su YouTube oppure se lo avevo letto in un gruppo FB, comunque sia questa affermazione aveva lanciato in orbita le aspettative che avevo su questo autore. Ho quindi aspettato di finire di completare la lettura di tutti i titoli dell'immenso Haruf per approcciarmi a Ford, partendo da "L'estrema fortuna", suo secondo romanzo scritto nel 1981 (il primo non è ancora stato tradotto in italiano), disponibile solo in versione cartacea. Se anziché comprare il libro on-line lo avessi preso in mano in libreria dando prima una sbirciata alle pagine, lo avrei lasciato lì. La mia versione è quella della collana Universale Economica di Feltrinelli, la stessa dell'immagine qui sopra. Quasi ogni volta in cui leggo un loro libro mi chiedo se da Feltrinelli lavorino solo dei falchi oppure se abbiano un accordo con gli ottici per cercare di affaticare il più possibile la vista dei loro lettori!

In questo caso il font oggettivamente piccolo (mi sono lamentata con tantissime persone e tutti mi hanno dato ragione) è reso ancora più ostico da uno stile di scrittura povero di dialoghi: molte pagine formano un rettangolo perfetto di parole, senza neppure un'andata a capo! Sono libri come questo che - per quanto concordi sul fascino inimitabile della carta - mi fanno pensare con infinito amore alla mia amica Margherita che ormai molti anni fa mi aveva convinta a dare una chance al Kindle.

Questo dettaglio ha contribuito non poco a rendermi pesante la lettura, che ha cominciato a prendermi solo nelle ultime cinquanta pagine (su 200 totali). Sulla base di quest'unico libro non me la sento di dare ragione a chi aveva paragonato Ford a Haruf: i due autori sono nati nella stessa epoca (1944 e 1943), uno in Mississippi e l'altro in Colorado e hanno scritto le loro opere negli stessi anni, ma la scrittura di Haruf, secondo me, è più particolare, più intima, nettamente più bella.

Richard Ford - di cui leggerò sicuramente altro - non mi ha fatto innamorare come invece mi è successo con ognuno dei libri di Haruf. Al mio distacco ha contribuito anche l'ambientazione messicana: il mio giudizio su questo Paese è, me ne rendo conto, fortemente condizionato dalle scene raccapriccianti viste nella serie TV "The Shield". Meravigliosa, l'ho adorata, ma contemporaneamente mi ha fatto passare la voglia di approcciarmi a qualsiasi cosa che abbia a che fare con il narcotraffico. Ormai non posso guardare un copertone di un camion senza pensare alla scena in cui ne usano uno per immobilizzare un uomo e gli danno fuoco!

Ford non arriva a simili descrizioni (ma ci va vicino quando fa esplodere una gelateria con un attentato terroristico), comunque porta il suo protagonista nella provincia messicana per cercare di far scarcerare il suo ex (quasi) cognato e ci mette dentro trafficanti di droga, avvocati e funzionari corrotti ("In Messico rispettare la legge significa evitarla. Se sono colpiti dei poliziotti, si accusano sempre i guerriglieri. Molti non sanno di essere guerriglieri finché non glielo dice la polizia. Ma poi, appena lo scoprono, cominciano a comportarsi da guerriglieri."), un carcere dove regna un "odore dolciastro di piscio" (questo ricorda Haruf?!? No, no e ancora no!), posti di blocco coi militari che puntano le mitragliatrici sulle auto, corpi crivellati di colpi, il tutto in un'atmosfera messicana polverosa e indolente.

"Il Messico era come il Vietnam o Los Angeles, solo ancor più deludente"
I due anni di stanza in Vietnam del protagonista ne fanno un uomo non devastato nel fisico e nella mente come tanti reduci, ma con tormenti interiori di una certa portata che costituiscono buona parte della storia rendendola inevitabilmente più pesante.

"Non aveva incubi di guerra con gli uomini che aveva ucciso che urlavano sott'acqua senza far rumore. Però si sentiva solo senza stare proprio male, come fosse nell'immagine residua di una catastrofe, anche se si era ormai convinto di essersi perfettamente abituato alle catastrofi senza andare in mille pezzi"
E poi c'è lei! Rae, la sua ex, una donna insopportabilmente ingenua e irriconoscente, insistente, inopportuna. L'ho detestata dalla prima apparizione e di conseguenza ho detestato anche Ford per averle cucito addosso quel ruolo da zavorra inutile e isterica che spesso viene (e soprattutto veniva) dato a noi donne sullo schermo e sulle pagine nelle scene di azione: intollerabile per la Lara Croft che è in me!

Reading Challenge 2022, traccia bonus di giugno: libri del proprio genere preferito (narrativa contemporanea)