mercoledì 30 ottobre 2024

"La vittima sbagliata", Helen Fields

 

Edimburgo, inizio luglio di un anno non precisato.

"C'erano posti peggiori per morire, ma ben pochi modi più terrificanti"

Il luogo è The Meadows, idilliaco parco nel cuore della città. E a morirci è Sim Thorburn, 21 anni, operatore sociale: il ragazzo viene sbudellato in pieno giorno durante un festival musicale, circondato da centinaia di persone, senza che nessuno si accorga dell'aggressione.
La notte stessa, Helen Lott, 46 anni, operatrice nel ramo delle cure palliative, viene uccisa brutalmente all'interno della sua abitazione.
Il primo caso viene assegnato all'ispettore Luc Callanach, il secondo alla detective Ava Turner, ben contenti di non dover lavorare a stretto contatto dopo il raffreddarsi dei loro rapporti.
Trascorrono tre settimane quando nel corso della stessa giornata altre due persone vengono uccise.
Né Ava né Luc hanno trovato una pista da seguire e sarà il
 blogger Lance Proudfoot a far notare a Callanach che su un muro vicino alla camera mortuaria qualcuno ha scritto in stampatello la professione della terza vittima. Un dettaglio che diventa interessante quando dagli esami emerge che il graffito è stato fatto prima dell'omicidio.

Di Helen Fields, autrice inglese mia coetanea (1969), cinque anni fa avevo già letto 
"Resti perfetti", che mi era piaciuto molto. Questo, titolo originale "Perfect Prey", è il secondo romanzo della serie di sette che ha per protagonista l'ispettore Callanach e la sciagurata Newton Compton non ha tradotto i cinque libri successivi! E dubito che mai lo farà essendo ormai una serie "vecchia" ("La vittima sbagliata" è del 2017) ed essendo passata alla traduzione dei primi due titoli (per ora gli unici) di un'altra serie della Fields, con una protagonista femminile, successiva a questa.

Avrei potuto capire la scelta di non tradurre più un autore di fronte a vendite non soddisfacenti, ma interrompere una serie per passare a un'altra lo trovo illogico e irrispettoso nei confronti dei lettori.

Mi sarebbe piaciuto andare avanti perché - sorvolando su qualche leziosità di troppo, che contrasta con certe scene raccapriccianti, che caratterizzavano anche il libro precedente - entrambi i thriller sono molto coinvolgenti, ricchi di dettagli, vengono raccontati nel modo giusto e hanno un ritmo che tiene viva l'attenzione.
Non ci sono colpi di scena memorabili: la storia - che gravita attorno al mondo del deep web - è di quelle in cui il lettore spesso sa più cose degli investigatori, ma la Fields riesce a mantenere un interesse costante per tutte le quasi 4oo pagine e non è poco.

Come in "Resti umani", anche questa storia gialla è autoconclusiva, ma la trama orizzontale che riguarda i personaggi rimane aperta per il libro successivo, che purtroppo non potrò mai leggere.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: agenzia di viaggio

lunedì 28 ottobre 2024

"Passeggiate nei prati dell'eternità", Valeria Paniccia

 

"Un cimitero è sempre un labirinto dove bisogna accettare di perdersi, perché è solo così che se ne scoprono i tesori"

Scritto nel 2013 da Valeria Paniccia, autrice e produttrice televisiva marchigiana, "Passeggiate nei prati dell'eternità" nasce come trasmissione televisiva ("Extraterreni") per poi diventare libro. Mi sarebbe piaciuto vedere il programma per godere delle immagini, quelle che mancano su carta. Una grave pecca condivisa con le opere di Mariana Enriquez e di 
Claudia Vannucci.

Per fortuna abbiamo il web: ho cercato ogni singola tomba citata, trovando anche tutti gli approfondimenti che mancano nel testo, che nel complesso è piuttosto deludente.

Se si vogliono conoscere storia, caratteristiche, dettagli e curiosità dei vari cimiteri si apprende molto di più leggendo le pagine relative su Wikipedia o cercando approfondimenti su blog e siti vari, dove ci sono post completi e molto belli.
Cosa che non si può certo dire di questo libro.
Manca nella Paniccia una vera passione per i cimiteri e questo fa sì che non siano i protagonisti, ma solo un pretesto estroso per parlare di letteratura, scienza, politica, musica, storia, teatro, cinema, danza e non va bene perché non è quello che si cerca acquistando un libro di questo tipo.
Il turismo cimiteriale, citato all'inizio, si perde nella moltitudine di aneddoti, citazioni e divagazioni, spesso neppure collegate ai morti di cui si parla.

Il viaggio comincia a Venezia, con il San Michele in Isola, cimitero napoleonico attivo dal 1837 con la particolarità, che lo rende unico, di occupare un'intera isola della laguna.
Guida: Massimo Cacciari.


Curiosa la tomba di Helenio Herrera, con l'urna a forma di Coppa dei Campioni:


Seconda tappa, l'Acattolico di Roma (Testaccio), sorto nel 1716 per rispondere all'esigenza di avere un posto dove seppellire i tanti stranieri non cattolici (e di alta estrazione sociale ed economica) che si erano stabiliti in città nel Settecento; in precedenza venivano sepolti a Muro Torto con prostitute, attori e suicidi.
Guida: Margherita Hack.


La statua più celebre è L'angelo del dolore, scolpita da William Story che vi riposa con la moglie.


La terza tappa mi ha portata a casa, al cimitero Monumentale di Staglieno, attivo dal 1851.
Guida: Oreste De Fornari (un giornalista mai sentito, scelta a dir poco deludente).


In principio, però, l'autrice ricorda la visita fatta nel 2004 con José Saramago, quando il suo racconto "Reflusso" venne messo in scena nel cimitero dalla compagnia del Teatro dell'Archivolto (che per me, che sono di Sampierdarena dove si trova, sarà per sempre il Modena ♥).

In quell'occasione Saramago disse di Staglieno:

"Non si sente la morte, ma l'opera dei vivi. In queste sculture, c'è un accanito tentativo d'immortalità - il sogno di pietra di questi monumenti è sconfiggere la morte"

Hemingway lo definì una delle meraviglie del mondo e chi lo ha visitato non può dargli torto.


Quarta tappa, il Père-Lachaise di Parigi, in attività dal 1804 e 
intitolato a un frate libertino, confidente di Luigi XIV, che andava a riposarsi nel parco dove poi sarebbe sorto il cimitero.
Guida: Giorgio Albertazzi.


Una delle tombe più curiose è quella del professore belga Fernand Arbelot.


Quinta tappa, il cimitero Monumentale di Torino, attivo dal 1829.
Guide: Piero Chiambretti, il giornalista sportivo Gian Paolo Ormezzano e don Luigi Ciotti.


Torino, città di morte e di mistero, si dice. Anche per questo mi aspettavo molto e sono rimasta delusa. Molte delle tombe citate sono semplici lapidi a muro.

Fra i tanti lì sepolti quello che più di tutti ci tengo a ricordare è Primo Levi, a cui invece l'autrice ha dato davvero poco spazio rispetto ad altri personaggi meno meritevoli e poco rilevanti.


La Paniccia accenna poi ai chilometri di sotterranei che si sviluppano sotto al cimitero. Molto suggestiva una foto trovata su web, ma un paio di video visti successivamente su YouTube mi hanno svelato che a essere inquietanti sono soprattutto l'incuria e il degrado.


Sesta tappa, il cimitero Monumentale di Milano, inaugurato dal 1866. Dieci anni dopo è qui che divenne attivo il primo forno crematorio italiano.
Guide: Gae Aulenti e Luca Doninelli.


A leggere i nomi citati sembra di fare un giro in libreria: Feltrinelli, Mondadori, Sonzogno, Hoepli...
In generale, "la fiera delle vanità", come dice la Aulenti, e ha ragione, le tombe delle grandi famiglie milanesi sono autocelebrative, "una dimostrazione di potere", e molte sono terribili, come l'edicola del costruttore edile Gaetano Besenzanica:


O quella del nobile Leopoldo Pier d'Houy:


O quella dei Campari, dove si arriva addirittura a una rappresentazione dell'ultima cena con figure che hanno dimensioni più grandi del reale!
Ma questi ricconi lo sanno che almeno da morti siamo tutti uguali?



Settima tappa, la Certosa di Bologna, cimitero in stile neoclassico attivo dal 1801 costruito su una necropoli etrusca.
Guida Pupi Avati.


Nessuna delle tombe citate mi ha particolarmente colpita, bellissimi invece i chiostri, fra cui il chiostro III:


Il chiostro VII:


E il chiostro delle madonne, dove si trova il più antico fra la ventina di ossari del cimitero, ricavato dalla cisterna d'acqua del monastero trecentesco:


Il capitolo si chiude con Lucio Dalla, a cui l'autrice dedica appena una frase: "Lucio Dalla riposa nel campo 1971. Sembra il verso di una sua canzone."


Ottava tappa, il cimitero Novodevičij di Mosca, inaugurato nel 1898.
Guida Demetrio Volcic.


L'autrice descrive il funerale ortodosso, diverso da quelli a cui siamo abituati in Italia: le bare sono aperte perché chi muore deve vedere per l'ultima volta il cielo. Dopo trentacinque giorni parenti e amici si ritrovano sulla tomba per parlare del defunto mangiando uova e bevendo vodka. Il rito si chiama trisna.

Qui le tombe citate sono davvero particolari e uniche (ho trovato un sito russo che ne pubblica ben sessantanove). Una delle più famose è quella dell'attore e clown Yuri Nikulin e del suo cane Fyodor, che gli sopravvisse di quattro anni:


Ben più piccolo e più trascurato, ma molto suggestivo, il cimitero di Peredelkino, a venticinque chilometri da Mosca, dove nel 1932 Stalin concretizzò l'idea di Maksim Gorkij di una residenza letteraria ampliandola con quello che divenne il "Villaggio degli scrittori".


Nona tappa, Napoli.
Guida Toni Servillo.

Un capitolo piuttosto breve e confuso in cui l'autrice alterna parti legate al Monumentale di Poggioreale (Napoli), consacrato nel 1937...


...ad altre relative al cimitero di Santa Maria del Popolo, comunemente chiamato 366 fosse, che venne edificato nel 1762, un secolo dopo rispetto alla costruzione della chiesa di Santa Maria del Pianto. Nel 1865 il cimitero si sviluppò e prese il nome della chiesa.


E' il capitolo dove si parla meno di cimiteri, sembra uscito da un testo su teatro e cinema, con la descrizione di intere scene di film e rappresentazioni di Totò e di De Filippo.

Invece per il cimitero delle Fontanelle (Rione Sanità) solo un misero accenno.


Decima tappa, cimitero delle Porte Sante di Firenze, inaugurato nel 1848, si trova sul colle di San Miniato all'interno della Fortezza di San Miniato e di fianco alla basilica romanica da cui prende il nome.
Guide: Giovanni Sartori, Gabriele Lavia e il monaco Padre Bernardo.


Qui riposano Collodi, Spadolini, Cecchi Gori... ma Macchiavelli, Michelangelo, Galilei, Foscolo, Rossini e Alfieri sono nella basilica di Santa Croce. Si perdono un panorama grandioso.


Undicesima e ultima tappa, Hollywood Forever di Los Angeles, fondato nel 1899 come Hollywood Cemetery, rinominato Hollywood Memorial Park nel 1939 per prendere il nome attuale nel 1998.
Guida Gabriele Muccino.


"Luogo idilliaco. O grottesco. O un luna park." si chiede l'autrice, ma poi lei e Muccino parlano esclusivamente di film, registi e attori. Avrebbero potuto incontrarsi negli studi della Paramount, senza scomodare i defunti.

Le ultime due pagine del capitolo e del libro sono dedicate a un altro cimitero di Los Angeles, il Forest Lawn.


Poco più di un elenco di nomi delle celebrità che ospita, cominciando da Michael Jackson, Liz Taylor, Hunphrey Bogart, Spencer Tracy, Clark Gable e tanti altri.

Reading Challenge 2024, traccia di ottobre: libri in cui almeno una scena si svolge in un cimitero

sabato 26 ottobre 2024

"Verso la bellezza", David Foenkinos

 

"Cari tutti,
sono profondamente dispiaciuto per la preoccupazione che vi ho dato. Gli ultimi giorni sono stati talmente frenetici che non ho potuto rispondere ai vostri messaggi. State tranquilli, va tutto bene. Ho solo deciso di partire per un lungo viaggio. Come sapete, è da tempo che sogno di scrivere un romanzo, e così mi sono preso un anno sabbatico e me ne sono andato. So che avrei potuto fare una festa d’addio, ma è stato tutto così veloce. Non me ne vogliate, ma per portare a termine il progetto ho bisogno di isolarmi dal mondo. Sarò senza telefono. Mi farò vivo via mail.
Vi voglio bene,
Antoine"

E' questo il messaggio che Antoine Duris, 37 anni, docente all'Accademia di Belle Arti di Lione, scrive a familiari, amici e colleghi. Tutti pensano che abbia avuto bisogno di allontanarsi per superare la fine della relazione con Lousie. Nessuno sa che si è stabilito a Parigi andando a lavorare come guardasala al museo d’Orsay. Soprattutto nessuno sa cosa lo ha spinto a farlo, un malessere profondo che non ha nulla a che vedere con l'amore infranto.

E' il quinto romanzo che leggo di Foenkinos, ben quattro quest'anno: diventa così l'autore di cui ho letto più titoli nel corso del 2024 e difficilmente verrà superato. E' curioso perché, pur apprezzandolo, non è il mio scrittore preferito.

Le "Due sorelle" lo avevo trovato migliore rispetto ai precedenti, ma questo (scritto nel 2018) lo supera, è splendido e credo proprio che entrerà nella mia top ten dei libri più belli dell'anno.

All'inizio è quasi noioso, il linea con il protagonista, un uomo piuttosto banale che non riesce a rassegnarsi alla perdita della compagna che lo ha lasciato dopo sette anni senza farsi remore. A Parigi la sua esistenza diventa ulteriormente piatta, ma l'ultimo capitolo della prima parte segna la svolta e il libro cambia marcia in un crescendo di drammaticità, inaspettata e sconvolgente, con Antoine che lascia il posto di protagonista a un altro personaggio a cui è impossibile non affezionarsi.

Non voglio dire di più, è un libro che va letto e amato.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: freddo nel testo


martedì 22 ottobre 2024

"I baffi", Emmanuel Carrère

 

Parigi, primavera di un anno non precisato. "Che ne diresti se mi tagliassi i baffi?": è la domanda che il protagonista, di cui non verrà mai detto il nome, rivolge ad Agnés, la donna con cui è sposato da cinque anni. E' uno di quegli uomini condannati a radersi due volte al giorno se vogliono avere la pelle liscia e senza ombre, cosa che lui fa diligentemente: di fretta al mattino, con calma alla sera. Con un preciso rituale porta via tutto da mento, guance e collo, per poi dedicarsi alla cura dei baffi, che sfoggia da quasi dieci anni. E non sa neppure perché adesso gli sia venuto in mente di tagliarli, ma - rimasto solo - lo fa. Quando la moglie rientra a casa dopo aver fatto la spesa si fa trovare seduto sul divano nell'atto di allacciarsi le scarpe, pregustando la faccia di lei quando si tirerà su e vedrà la sua... E invece non succede nulla: Agnés lo guarda senza cambiare espressione. Ed è lì che inizia una situazione da incubo.

Altro che case infestate dai fantasmi, licantropi e vampiri: se si cerca una lettura inquietante per Halloween (o per quando più se ne ha voglia) eccola qua!
Senza ricorrere a nulla di sovrannaturale, con solo una manciata di personaggi e in appena 149 pagine, Carrère racconta una storia che, dopo un inizio scherzoso, si trasforma in qualcosa di veramente angosciante, in un crescendo di curiosità e ansia che la maggior parte degli horror e dei thriller possono solo sognarsi di raggiungere.

E' il terzo romanzo che ha scritto, nel 1986, ed è il terzo che ho letto, dopo "La settimana bianca" e "L'avversario". Impossibile fare un paragone con il secondo, che è un reportage, ma ho preferito "I baffi" al primo, e non me lo aspettavo data la fama de "La settimana bianca", ma questa è una storia che stupisce, colpisce e lascia il segno.

Con la narrazione in prima persona Carrère riesce a far percepire in maniera quasi soffocante gli stati d'animo del protagonista, che vede sgretolare in fretta la sua tranquilla esistenza perdendo via via ogni appiglio con la realtà e arrivando a vedere nella fuga l'unica via di uscita.
Qui, caratterialmente, avrei preferito qualcosa di diverso, ma sarebbe stato un altro libro, sicuramente non altrettanto bello.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: stelle nel titolo

sabato 19 ottobre 2024

"La svastica sul sole", Philip K. Dick

 

San Francisco, 1962. Robert Childan, 38 anni, proprietario del più importante negozio di manufatti artistici americani, riceve la visita di Nobusuke Tagomi, funzionario giapponese di alto rango, alla ricerca di un regalo di pregio che lo aiuti a impressionare l'ospite che sta aspettando, l'industriale svedese Baynes.
Childan è attento e servizievole nei confronti di Tagomi, un cliente che va compiaciuto e assecondato. E' troppo alto il rischio di perderlo. Troppo pericoloso inimicarsi un uomo così potente.
Perché questo mondo è diverso dal nostro. Il Presidente Roosevelt è stato ucciso nel 1933, gli Stati Uniti non hanno superato la Grande Depressione, la Russia è crollata nel 1941, la Seconda Guerra Mondiale è finita nel 1947 ed è stata vinta dalle forze dell'Asse.
Gli Stati Uniti non sono più uniti, nazisti e giap se li sono spartiti al pari del resto del mondo e i tedeschi non ambiscono soltanto alla conquista di Marte, ma mirano a impossessarsi anche di quelli che vengono chiamati "Stati Americani del Pacifico", sottraendoli ai nuovi nemici, i giapponesi.

Consigliereste a chi ama Guccini di ascoltare Annalisa?

Allo stesso modo, quanto può essere saggio uscire dalla propria comfort zone letteraria?
La risposta è un grande: dipende.
In linea teorica è un qualcosa di positivo che può portare a piacevoli scoperte, ma nella pratica conviene fare molta attenzione a non scontrarsi contro quei generi per i quali non si prova la minima attrattiva, perché leggere qualcosa che non interessa è più angosciante del leggere qualcosa che non piace.

"La svastica sul sole" apparteneva alla rosa di titoli di libri, film e serie TV con cui mio marito mi martella spronandomi alla lettura o visione che sia. E ogni tanto, tragicamente, cedo, quasi sempre finendo col pentirmene.
Due anni fa, di fronte al mio entusiasmo per "Il complotto contro l'America" di Roth, Fabio aveva tirato fuori una copia vecchiotta (1997) e malandata del libro di Dick.

Disgraziatamente lui non ha mai letto nulla di Roth e qui si torna alla domanda iniziale e la verità è che se ami Fabrizio De André difficilmente puoi apprezzare Gigi D'Alessio! 

I due romanzi ucronici hanno in comune soltanto l'immaginare per Roosevelt una morte precoce cosa che, in entrambi i casi, porta alla creazione di una fantastoria molto diversa da quella reale. 

Ma mentre la fiction di Roth non si avventura su scenari impossibili, Dick - da scrittore di fantascienza quale è - con un ritmo e con scenari da spy-story (genere che mi respinge forse ancor più del fantasy e della fantascienza), ci racconta di un mar Mediterraneo completamente prosciugato, di razzi che permettono di volare da Berlino a San Francisco in appena quarantacinque minuti e di tedeschi pronti a colonizzare Marte e la Luna.
Dettagli fastidiosi, ma sopportabili, cosa che non posso dire del modo in cui i personaggi credano negli oracoli dell'I Ching prendendo decisioni anche importantissime sulla base delle risposte "date" dal libro cinese.
Bello, invece, l'inserimento di un libro nel libro, "La cavalletta non si alzerà più", messo al bando dai nazisti perché racconta una guerra vinta dagli Alleati e che vede gli inglesi dominare sul mondo.

Un universo parallelo che sarebbe stato al centro del previsto seguito, come risulta chiaramente dalla lettura dei primi due capitoli (compresi nella mia edizione), gli unici scritti da Dick otto anni dopo, nel 1974, prima di stancarsi di immaginare e raccontare storie di nazisti.

Però alcune cose sapeva come dirle:

"Il Duce era un buffone, lo sappiamo tutti"

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: ombre nel testo

giovedì 17 ottobre 2024

"Le vedove del giovedì", Claudia Pineiro

 

Buenos Aires, complesso residenziale di Altos de la Cascada. I Guevara, gli Scaglia, i Masotta, gli Urovich, gli Insúa, gli Andrade: coppie facoltose che nel corso degli anni hanno costruito o comprato le proprie lussuose case in quest'area di oltre duecento ettari interdetta ai non residenti, con tanto di servizio armato di vigilanza. Un quartiere sicuro dove far crescere i figli senza che vengano contaminati o messi a rischio dal resto della città, quella povera e violenta. Circa trecento ville immerse in splendidi giardini. Campo da golf, campi da tennis, la piscina, due club house.
Non ci sono pericoli dentro alla Cascada. Fino al 27 settembre 2001.
Al giovedì Ronie, Gustavo, Martín e Tano si ritrovano sempre a casa di quest'ultimo. Una cena sontuosa e poi via, a giocare a carte e a bere fino alle tre del mattino. Le mogli non sono ammesse ed è per questo che le quattro signore si sono date il nomignolo de "le vedove del giovedì".
Tutti lo hanno sempre trovato simpatico, ma da quel giovedì smetterà di esserlo.

Scritto nel 2005, e tradotto in italiano soltanto dieci anni dopo, è il quinto romanzo di Claudia Pineiro (Buenos Aires, 1960) e solo il secondo a essere stato tradotto.
Quello precedente, "Tua" (di cui a maggio è uscito il seguito), lo avevo letto due anni fa, un noir acuto, che avevo apprezzato al pari di questo.

La struttura narrativa non semplicissima. In parte perché la voce narrante cambia di capitolo in capitolo: ognuno è dedicato a un personaggio o a un intero nucleo familiare e spesso è Virginia Guevara - colei che più degli altri si avvicina al ruolo di protagonista, pur non essendolo in assoluto - a raccontare in prima persona, ma molti capitoli hanno un narratore esterno, mentre in altri il narratore è un abitante del quartiere non identificato che usa la prima persona plurale.
Ma anche la sequenza temporale non lineare richiede attenzione, episodi del passato e del presente si alternano nei capitoli senza seguire nessuna cronologia.

Le classiche tessere di un puzzle che appassionano e coinvolgono, toccando tematiche importanti (violenza sulle donne, complessi rapporti familiari, mancanze genitoriali) e mantenendo viva la curiosità di sapere cos'è successo quel 27 settembre 2001 e perché.

Sono trascorsi soltanto sedici giorni dal crollo delle Torri Gemelle: gli attentati non hanno a che fare con ciò che la Pineiro fa succede nel libro, ma servono a rivelare la bassezza e l'avidità di queste persone:

"I viaggi adesso te li tirano dietro, con quello che è successo alle Torri Gemelle la gente è diventata paranoica, ti danno gli alberghi a prezzi stracciati, bisogna approfittarne."

Lusso e ricchezza, anche quando sono solo ostentati e non reali: ecco i veri protagonisti del romanzo.
Tutto ruota attorno alla smania di apparire, al confronto, alla rivalità. Chi vive all'interno del perimetro non si pone domande sul merito. Tutto è dovuto. E neppure un pensiero va a chi è al di fuori, all'Argentina flagellata da continue crisi politiche ed economiche che si traducono in povertà e violenza.

Ma a volte le crisi toccano anche chi è convinto di essere immune e può succedere di giovedì.

"L’errore di molti dei nostri vicini era stato credere che si potesse vivere in eterno spendendo tanto quanto si guadagnava. E quello che si guadagnava era tanto e sembrava eterno. Ma un giorno qualcuno chiude il rubinetto quando nessuno se lo aspetta, e ci si ritrova insaponati nella vasca da bagno, a guardare il soffione della doccia da dove non scende più neanche una goccia d’acqua."

Reading Challenge 2024, annuale Shopping: edicola

domenica 13 ottobre 2024

"Dente per dente", Francesco Muzzopappa

 

Varese, mese e anno non specificati. Leonardo ha 28 anni e da quasi tre lavora come guardiano al museo MU.CO (MUseo d'arte COntermporanea), che ha la particolarità di esporre le opere peggiori degli artisti migliori, perché "anche i geni della pittura di tanto in tanto si sono riposati, producendo, in quei frangenti, delle autentiche croste d’autore. Il MU.CO. ha il pregio di raccoglierle tutte".
Non il lavoro dei sogni, ma Leo i suoi sogni li ha persi il 3 febbraio di tredici anni prima insieme al mignolo e all'anulare di una mano in un brutto incidente con il suo go-kart.
Adesso, però, un sogno lo ha: sposare Andrea. Equipaggiato con torta, fiori e, ovviamente, anello, va da lei per farle quella che nel suo immaginario sarà la sorpresa che cambierà le loro vite per sempre. E, infatti, una sorpresa c'è, ma è Andrea a farla a lui facendosi trovare a letto impalata sul membro eretto del suo bellissimo vicino di casa svedese!
Un dramma capitato a tante persone, ma qui al danno si unisce la beffa perché Andrea, la cattolicissima Andrea, non aveva mai voluto fare sesso con Leo per non disonorare il sesto comandamento!!
E a lui rimane solo una cosa da fare: mettere in pratica il suo piano Virile E Vendicativo (il VEV) e infrangere i dieci comandamenti, dal primo all'ultimo.

Terzo romanzo di Muzzopappa (Bari, 1976), pubblicato nel 2017.
I primi due,
 "Una posizione scomoda" e "Affari di famiglia", li avevo letti nel 2022 e l'anno scorso: il primo mi aveva divertita per la parodia sui titoli porno, il secondo mi aveva convinta molto meno. Questo l'ho letto solo perché ormai lo avevo già comprato e, nonostante lo abbia trovato migliore dei precedenti, mi porta a mettere una croce definitiva sull'autore.

E' il genere a non piacermi e, con i 55 anni letteralmente alle porte, non voglio più sprecare tempo prezioso leggendo testi umoristici, soprattutto quelli che al massimo riescono a strapparmi un paio di risatine.

Qui, poi, è mancato il coraggio: con un protagonista che decide di infrangere i dieci comandamenti serviva un buon livello di blasfemia, che invece manca del tutto, ed è meglio evitare certi argomenti se si ha paura di offendere.

Più convincente la satira sull'arte contemporanea e carina l'idea di inserire alla fine dei capitoli le riproduzioni di finte croste d'autore, opera di Muzzopappa stesso.



Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: pioggia nel testo

giovedì 10 ottobre 2024

"Le lettere di Esther", Cécile Pivot

 

"Vuoi imparare a dar forma ai tuoi pensieri, raccontare una storia e parlare delle tue emozioni? Iscriviti al mio laboratorio di scrittura epistolare. Non è richiesta la presenza e potrai partecipare comodamente da casa. Dal 4 febbraio al 3 maggio 2019."

Gennaio 2019. E' questo l'annuncio che viene pubblicato da Esther Urbain, 42 anni, proprietaria della libreria C'est à Lire di Lille. Sono in cinque a iscriversi e il gruppo che si forma è una sorpresa, persone all'apparenza mal assortite, accumunate soltanto dal bisogno di aggrapparsi a qualcosa per superare ognuno il proprio malessere. Nessuno si è iscritto per migliorare nella scrittura, ma tutti alla fine otterranno molto più di quanto osassero sperare. Esther compresa.

Cécile Pivot (Parigi, 1966) è autrice di tre saggi e di altrettanti romanzi. Questo, scritto nel 2020, è il secondo (romanzo) che ha pubblicato e al momento l'unico a essere stato tradotto in italiano.

"Quel laboratorio era la loro ancora di salvezza, ciò che li avrebbe salvati dall’incomprensione, da un lutto che non stavano affrontando, da una vita in stallo, da un amore messo a dura prova."

Se siete alla ricerca di un libro coccola, compratelo. Attraverso la protagonista e i partecipanti al laboratorio, più tutti i personaggi di contorno legati a essi, la Pivot tratta quasi ogni genere di sofferenza e di difficoltà, impossibile non ritrovare qualcosa che ci affligge o che abbiamo sperimentato in passato.

Fra lutti, depressioni e crisi di vario genere ne esce un romanzo fortemente introspettivo. Un  romanzo epistolare (genere che non amo, ma per quasi cinque lustri - a partire dai miei dieci anni - ho sperimentato la gioia della corrispondenza trovando fra le tante amiche di penna alcune amiche vere a cui sono ancora fortemente legata ♥): dal terzo capitolo inizia lo scambio di lettere e l'aprirsi di ognuno è bello e toccante.

Ci sono Juliette e Nocolas, alle prese con la gravissima depressione post-partum di lei; Samuel, il membro più giovane, in lutto per la perdita del fratello maggiore morto di cancro ad appena ventun anni; Jean, che arrivato a 53 anni si rende conto di come carriera, potere e soldi non bastino a rendere appagante un'esistenza priva di affetti; la stessa Esther, il cui padre è morto suicida tre anni prima; e Jeanne, la più anziana del gruppo con i suoi 67 anni. Vedova da dieci, una figlia che vive all'estero e che si è allontanata irrimediabilmente da lei. Iscritta al gruppo forse per sconfiggere la solitudine o forse creata dalla Pivot per avere fra le pagine una voce a difesa dell'ambiente e degli animali.

"Con il suo padrone, il cane è felice, agli ordini, sottomesso. È così, esercitiamo un potere su di lui, come su tutti gli altri animali, senza limiti ed eccezioni. Da secoli, l’uomo li ha resi schiavi. Questa dominazione non è mai stata messa in dubbio. E all’inizio di questo XXI secolo continuiamo a mangiarli, cacciarli, pescarli, addestrarli, torturarli, picchiarli, dissezionarli, ingabbiarli, sterminarli. Ci sto male fino a farne una malattia. Con quale diritto l’uomo si comporta così? La sappiamo tutti la risposta: in nome della sua intelligenza superiore. Dimostra davvero un’intelligenza superiore usando e brutalizzando i più deboli?"

La Pivot con le risposte dei vari personaggi non è brava come quando scrive i loro dolorosi racconti: tanti "mi dispiace" e
 qualche inutile "dovresti fare" o, peggio ancora, "io farei", ma scrivere aiuta e questo laboratorio è un'idea così bella da portarci a pensare a quanto ci piacerebbe se qualcuno li organizzasse davvero.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Shopping: cartoleria

martedì 8 ottobre 2024

"L'unica figlia", Anna Snoekstra

 

Canberra, sera del 17 gennaio 2003. Rebecca Winter, 16 anni, scompare nel breve tragitto che dalla fermata del bus porta a casa sua. Unica traccia: il cellulare ritrovato sotto a un cespuglio con lo schermo spaccato.
Sidney, 2014. Una giovane donna viene fermata per taccheggio in un supermercato. Ha rubato del pane, un pezzo di formaggio e una mela, ma né al direttore né ai due agenti chiamati da lui sembra interessare sapere che lo ha fatto solo perché aveva fame. La ragazza ha paura, non può rischiare di essere arrestata, se le prenderanno le impronte digitali capiranno chi è e che cosa ha fatto... Ma all'improvviso nella sua mente prende forma una possibile via di uscita e un attimo dopo sente se stessa dire: "Mi chiamo Rebecca Winter e sono stata rapita undici anni fa".

Scritto nel 2016 è l'unico dei tre thriller pubblicati da Anna Snoekstra (Canberra, 1988) a essere stato tradotto in italiano.

Pur facendo indubbiamente parte del filone tanto sfruttato nel decennio scorso - dove la protagonista riappare dopo un lungo rapimento e in cui
la storia si sviluppa con lo scopo di farci scoprire se è davvero lei oppure no - "L'unica figlia" si differenzia perché fin dal principio sappiamo che la ragazza arrestata nel supermercato non è Rebecca.

Sa di somigliarle in maniera impressionante grazie a un servizio visto in TV e dice di essere lei per evitare la denuncia per furto, pensando di potersene poi andare come se niente fosse. Ovviamente non sarà così, dopo un paio d'ore si ritroverà su una volante della polizia diretta a Canberra dove dovrà incontrare la famiglia Winter e l'ispettore capo Vincent Andipolis, che si è occupato del caso di Rebecca fin dal principio.

Da lì comincia l'alternanza dei capitoli fra i fatti del passato (raccontati in terza persona) e quelli del presente (con la protagonista - di cui non verrà mai detto il vero nome - come voce narrante).
Si ha così un doppio thriller, capire cosa sia successo a Bec nel 2003 e vedere se la protagonista riuscirà a scoprirlo, senza tralasciare l'aspetto più importante: se qualcuno ha fatto del male a Rebecca, quel qualcuno sa benissimo che non è lei a essere tornata.

Bello, avvincente, incalzante, si ha voglia di leggerlo, di sapere ciò che non è chiaro.

Però ci sono grosse criticità: lo stile è prettamente Young Adult, nonostante il libro non appartenga a questa categoria; i dialoghi sono di una semplicità e di una banalità sconcertanti; non c'è differenza fra i ragionamenti e i comportamenti della Rebecca sedicenne del 2003 e quelli della protagonista nel 2014, che di anni ne ha 24 e che finge di essere una 27enne (l'età che avrebbe avuto Bec undici anni dopo la scomparsa); molti ingranaggi sono inverosimili; il finale avrebbe meritato qualcosa di più (maggiori dettagli di quelli che vengono forniti nell'ultimo sbrigativo capitolo che si svolge nel 2015) e qualcosa di meno (una scena finale senza senso ed evitabilissima).

Ma la Snoekstra, oltre a condannare la politica anti immigrazione del suo Paese (
"L’Australia rinchiude i richiedenti asilo nei centri di detenzione. Quando eravamo piccoli c’erano Woomera e Villawood (...) adesso li spediamo sulle isole del Pacifico, a Nauru e Manus. Là le condizioni sono terribili, vivono letteralmente nelle tende e fa un caldo assurdo. Il nuovo governo ha ordinato l’oscuramento mediatico nei centri di detenzione. È pericolosissimo cercare di scoprire cosa succede in quei posti. Il governo non vuole che lo sappiamo. Li trattengono lì per anni, anche i bambini. Mantenere aperti questi centri ci sta costando miliardi, eppure non abbiamo idea di cosa succeda lì dentro. Siamo tutti terrorizzati all’idea che queste persone siano dei mostri, e non ci rendiamo conto che siamo diventati noi i mostri."), mi ha fatto scoprire che Canberra è famosa per le sue strambe sculture, come il Silver Cushion citato nel libro:


E tante altre che ho trovato in rete, fra cui la Ainslie's Sheep:


La The Other Side of Midnight:


E la The Big Pears:


Reading Challenge 2024, traccia vagabonda ottobre: Australia