Fahlenberg
(Germania), 2009. E’ passato un anno dagli eventi che hanno fatto
luce sul passato della famiglia Forstner. Jan ha 36 anni, è rimasto
a vivere nella cittadina natia e continua a esercitare presso la
Waldklinik. Ed è in clinica che riceve un mazzo di rose baccara,
regalo insolito per un uomo che lui interpreta come un segnale di
riappacificazione con la sua compagna, momentaneamente assente per
lavoro. Ma basta una telefonata per capire che il mittente è un
altro… ma di chi può trattarsi? Una delle sue tante pazienti?
Un’infermiera? Una collega? Alle rose seguono un paio di disegni
inquietanti, poi cominciano le telefonate.
Jan è vittima di una
stalker, ma è quando un suo conoscente viene brutalmente ucciso dopo
una violenta lite con una donna, fuggita prima dell’arrivo della
polizia, che comincia a preoccuparsi sul serio. Perchè Volker Nowak
era un giornalista e la sera in cui è morto avrebbe dovuto incontrarsi con
Jan, aveva urgente bisogno del suo parere professionale su un
omicidio avvenuto un anno prima e di cui stava seguendo una nuova
traccia.
Questo
romanzo chiude la “trilogia” di Dorn: trilogia fra virgolette
perché l’unico collegamento fra “La psichiatra” e i libri
successivi è l’ambientazione, mentre ne “Il superstite” e in
questo troviamo gli stessi protagonisti. Le storie sono
autoconclusive, ma è bene leggerli in ordine per i rimandi che
vengono fatti in “Follia profonda” riguardo alla vicenda di Jan.
E
“Follia profonda” è quello che mi è piaciuto di più dei tre, e
di parecchio.
Il
tema è quello dello stalking, che Dorn nella postfazione dice di
aver sempre (cioè nei due precendenti romanzi…) evitato perché
già troppo sfruttato nei thriller e di aver ceduto quando “di
colpo ho trovato la chiave per il mio thriller sullo stalking: la
paura pura e semplice”.
Una
precisazione che mi lascia un po’ perplessa perché il femminicidio
dimostra ampiamente come non sia il caso di fermarsi al fastidio, ma
che sia bene avere paura di uno stalker.
O di una stalker: a me è sembrata questa l’idea originale, forse perché – probabilmente per puro caso – nelle mie letture non ho riscontrato l’abuso di cui parla l’autore e di libri sull’argomento ricordo solo il recente “Ad occhi chiusi” di Carofiglio.
O di una stalker: a me è sembrata questa l’idea originale, forse perché – probabilmente per puro caso – nelle mie letture non ho riscontrato l’abuso di cui parla l’autore e di libri sull’argomento ricordo solo il recente “Ad occhi chiusi” di Carofiglio.
Comunque,
se anche non definirei mai “Follia profonda” un romanzo horror,
Dorn è finalmente riuscito a creare una bella suspense e a
trasmettermi quell’ansia fondamentale in un buon thriller, in
definitiva quello che mi era mancato negli altri due romanzi.
Questa
volta la narrazione è davvero incalzante. La storia, a eccezione di
un paio di forzature evitabili, è bella (nella sua brutalità), ben
costruita, gli episodi del passato alla base di quelli del presente
(questo sì che è un meccanismo stra-abusato) sono ben spiegati e il libro si chiude con un bel colpo di scena.
La
cosa particolare è che Dorn continua ad usare protagonisti
psichiatri che avrebbero bisogno di una bella terapia al pari dei
pazienti che curano.
Reading Challenge 2019: collegamento a cascata con la traccia
di settembre. Lo collego a "Il superstite" perchè dello stesso autore