mercoledì 11 settembre 2019

"A sud del confine, a ovest del sole", Haruki Murakami


Giappone, seconda metà del secolo scorso. Hajime e Shimamoto nascono nel 1951, entrambi figli unici in un'epoca in cui, in Giappone come altrove, era una rarità non avere nè fratelli nè sorelle.
Le loro strade si incrociano quando, a 12 anni, diventano compagni di classe. Uniti dalla solitudine e trascorrendo tantissimo tempo insieme, entreranno uno nella testa e nel cuore dell'altra e viceversa, senza dimenticarsi mai pur perdendosi di vista da ragazzini, reciprocità di cui si renderanno conto 25 anni dopo ritrovandosi per caso a Tokyo.
In mezzo l'evolversi della vita, gli studi, il lavoro, il matrimonio, la famiglia. I ricordi, i rimpianti, la nostalgia.

Romanzo di formazione con Hajime assoluto protagonista. Di Shimamoto scopriamo solo quel poco che lei racconterà a lui, quasi nulla.

Mi ha ricordato tantissimo sia "Norwegian Wood. Tokyo blues" che "L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio" e, siccome oltre a "Sonno" sono i soli libri di Murakami che ho letto, comincio a chiedermi se siano tutti così simili (ma allo stesso tempo ho paura ad avventurarmi sul Murakami onirico che, ne sono certa, detesterei).

Anche questo mi è piaciuto, perchè mi piace la scrittura di Murakami. Mi rilassa, mi dà quel senso di pace che caratterialmente raramente riesco a provare.

Nelle storie che racconta la trama diventa per me un dettaglio e meno male perchè, oltre alla perplessità che ho provato questa volta per via della somiglianza fra i tre romanzi, come ho già scritto nelle altre due recensioni, non amo la mentalità giapponese (anche qui il maschilismo impera spacciato per normalità) e sento il loro temperamento troppo lontano dal mio (nostro).

Dei tre, questo ha il finale che mi è piaciuto di più perchè definito e non lasciato alla libera interpretazione.

Reading Challenge 2019: questo testo risponde alla Traccia casata di settembre "un libro tratto dalla black list dei bambini sperduti"