mercoledì 27 novembre 2019

"Genova e il mare nel Medioevo", Antonio Musarra


"...vedrai una città regale, addossata a una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la mostra essere la signora del mare”: perché Genova, la mia Genova, vista dal mare riesce a togliere il fiato ancora oggi, nonostante tutto quel cemento che l’ha trasformata in un città verticale.
Non riesco neppure ad immaginare quanto dovesse essere bella quando venne descritta con queste parole, quando c’era una lussureggiante vegetazione a fare da sfondo alle sue torri medievali, tante delle quali ancora esistenti, maestose e forti (a differenza di quello che è stato costruito negli ultimi decenni e che si sta sbriciolando senza pietà): Embriaci, san Marcellino, Grimaldina, Maruffo, Morchi, Piccamiglio, ecc...

E Genova nel Medioevo non era solo bella: era una potenza. A cominciare dalla prima crociata, autentico motore della sua espansione nel Mediterraneo. Fu papa Urbano II a chiedere espressamente l’intervento dei genovesi, che si mossero per fini economici, non tanto religiosi. 
 
Già allora spesso venivamo additati come “diversi”, i romani cercavano di evitare di venire in Liguria, la chiamavano la terra dei lupi… 

Nei secoli centrali del Medioevo Genova era potentissima, ben governata, prestigiosa e temuta: dominava incontrastata da Gibilterra al mar Nero con un sistema di torri che comunicavano a vista su tutto il Mediterraneo.
Gli inglesi pagavano alla Repubblica Genovese la protezione dai pirati e tanti chiedevano l’intervento navale dei genovesi, che in cambio ricevevano vantaggi per la propria politica commerciale.

Scaltri mercanti, grandi navigatori e potenti guerrieri: perché c’è stata un’epoca in cui Genova economicamente era ben più forte di Milano e di Firenze, quando i suoi commerci arrivavano anche alle Fiandre e all’Inghilterra, lasciando il segno a Barcellona, Siviglia, Cadice, Lisbona, Southampton, Londra, Bruges e Anversa.

Questo saggio, il cui autore è storico e ricercatore, racconta con grande precisione quei secoli di gloria: un’accuratezza di dettagli che indubbiamente ne fanno un’opera completa, di pregio, ma una minuziosità che per le mie modeste risorse si è trasformata in un “difetto” rallentandomi tantissimo la lettura, ho impiegato quasi due mesi per leggerlo, in parte anche a causa del font molto piccolo, ma soprattutto per lo stile nient’affatto divulgativo. Centinaia di nomi e di date, con il riporto di compensi, terre conquistate, passaggi di potere, ecc… Mi sarebbe piaciuta una narrazione alla Alberto Angela, per capirci, con una bella descrizione dei personaggi e delle varie situazioni, scenari che invece mancano completamente.

Questa lettura mi ha lasciato il piacere di qualche descrizione dell’epoca della mia città e dei miei antenati, quello di ritrovare i cognomi delle nostre famiglie storiche, i Doria, gli Spinola, i Grimaldi, i Fieschi, gli Embriaci, ecc, e soprattutto la scoperta di cose che non sapevo, ad esempio che Caffaro fu il primo autore laico a scrivere la storia di una città o che Genova con Guglielmo Boccanegra fu la prima città ad avere un governo popolare o ancora che fummo noi a disegnare la prima carta nautica nel 1270…

Alla fine sono contenta di averlo letto, ma felice di averlo finito e di tornare alla mia vecchia e cara narrativa.

Saaihalle: la targa a ricordo della loggia dei mercanti genovesi a Bruges:


Reading Challenge 2019: per questo testo uso il bonus casata che noi Lost in Austen ci siamo aggiudicate a ottobre