lunedì 30 dicembre 2024

"A casa prima di sera", Riley Sager

 

Villaggio di Bartleby (Vermont), 15 luglio di un anno non precisato. E' notte quando gli Holt - padre, madre e figlia - abbandonano Baneberry Hall, la casa che avevano comprato a fine maggio e dove si erano trasferiti il 26 giugno. Venti giorni soltanto, ma sufficienti per far precipitare la famiglia nel terrore. Rumore di passi nel cuore della notte, tonfi, campanelle di servizio che suonano senza che nessuno sia presente nella stanza per azionarle, porte e sportelli che si aprono e chiudono da soli: un inferno che pochi mesi dopo la fuga Ewan Holt racconta ne "La casa degli orrori. Una storia vera".
Un libro diventato best seller che venticinque anni dopo tormenta ancora Maggie. Ne aveva cinque all'epoca dei fatti, non ricorda nulla e sa solo quello che il padre ha descritto. E non crede a una sola parola. I fantasmi non esistono.
Per cui quando eredita la casa alla morte di lui non ha paura a tornarci: è una designer, la ristrutturerà e la venderà. Invece non le ci vorrà molto per scoprire che il padre non si era inventato proprio tutto e che certe cose inspiegabili continuano a succedere.

Scritto nel 2020, titolo originale "Home Before Dark", è il quarto libro dell'autore e il secondo a essere stato tradotto in italiano. A giugno avevo letto "Final Girls. Le sopravvissute" che avevo trovato troppo vicino a un Young Adult per stile di scrittura, dialoghi e personaggi.

Anche questa volta il livello rimane molto semplice e basico, ma a non piacermi è stato soprattutto il modo in cui Sager ha cercato di cavalcare due generi, thriller e ghost story. Questo è un libro che può piacere moltissimo a chi ama il gotico e il soprannaturale, alcune scene sono abbastanza inquietanti, tipiche degli horror, ad esempio quando Maggie bambina dice ai genitori che la signorina Pennyface li sta guardando e indica un angolo della stanza dove invece non c'è nessuno, ma gli ingranaggi del thriller sono esagerati, confusi e alcuni perfino contraddittori. Alla fine non tutto torna e questo per me è inaccettabile.

Reading Challenge 2024, traccia di dicembre: fantasma fra i personaggi

sabato 28 dicembre 2024

"Tentacoli", Peter Benchley

 

Bermuda, notte di un anno non precisato. Elizabeth e Howard Griffin sono in mezzo all'oceano a bordo del gommone di salvataggio su cui sono saliti un attimo prima di veder affondare il loro yatch. Il cielo è sereno, il mare è calmo, la temperatura è mite. Hanno acqua, cibo e hanno azionato il radiotrasmettitore di emergenza. Devono solo aspettare che qualcuno capti il segnale dando il via ai soccorsi. All'improvviso avvertono un rumore, sembra un raspare di unghie contro il gommone. L'aria si impregna di uno sgradevole odore di ammoniaca. Sentono un grugnito. E un attimo dopo il gommone inizia a sobbalzare.
Howard si volta ed Elisabeth non è più a bordo.

Raramente il Book Crossing del mio quartiere mi dà soddisfazioni, ma quando a giugno ho trovato questo libro ero felice come una bambina davanti al suo giocattolo preferito. Ed ero proprio una bambina quando ho visto il film "Tentacoli", del quale ricordo benissimo la prima scena e poco altro.

Solo prima di iniziare a leggerlo mi sono accorta che Peter Benchley - autore newyorkese (1940 - 2006) che raggiunse la fama con "Lo squalo" nel 1974, con più di venti milioni di copie vendute grazie alla trasposizione cinematografia di Spielberg dell'anno successivo - ha scritto "Beast" nel 1991, mentre il film risale al 1977.  Dal libro di Benchley è stata però tratta una miniserie televisiva di due puntate che ora vorrei riuscire a recuperare (invece il film mi aspetta già da tempo sul mio My Sky).

Immagino che Longanesi abbia scelto di dare all'edizione italiana del libro lo stesso titolo del film per sfruttarne il successo e non è stata una brutta decisione: "Bestia" non mi sarebbe piaciuto ed è così che Benchley chiama sempre l'
Architeuthis dux nel suo libro.

Il calamaro gigante esiste e vive nelle profondità oceaniche (nel libro ne viene raddoppiata la dimensione arrivando a una lunghezza di trenta metri), indubbiamente nessuno vorrebbe trovarselo davanti, ma è soltanto un animale che vive nel suo habitat seguendo i suoi ritmi, i suoi impulsi, i suoi cicli.

Nel libro attacca barche e (mini) sommergibili uccidendo un bel po' di persone: fa esattamente quello che ci si aspetta da una storia di questo tipo e Benchley mi ha fatto provare più di un brividino di paura con le sue descrizioni (non è un caso se ho aspettato dicembre per leggerlo, quando mancano minimo cinque mesi al mio prossimo bagno in mare, perché su certe cose sono piuttosto suggestionabile), ma la sorpresa è stata trovarmi in mano un libro di denuncia.

"I responsabili della morte dell'industria ittica di Bermuda erano i pescatori. Non solo quelli di Bermuda , ma l'intera genia. Persone che non si accontentavano di guadagnarsi la vita e volevano fare una strage, trattando l'oceano come una fossa da disseminare di bombe."

Certo il libro non brilla per coerenza: il protagonista, 
William Somers Darling detto Whip, è un pescatore e la sua indignazione verso i colleghi che usano le trappole è miope e ignorante:

"Pescare con le trappole non era pescare, era uccidere e tirare su, non era affatto divertente"

Questa è una bestialità: considerare divertente - o addirittura nobile - uccidere un animale, a prescindere dal modo in cui lo si fa. Ma ho comunque apprezzato come Benchley abbia messo in evidenza il male che abbiamo fatto, e facciamo, al mare e ai suoi legittimi abitanti.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Come Quando Fuori Piove, come: un libro di cui va detto come è arrivato nelle nostre mani (trovato al BookCrossing del mio quartiere)

mercoledì 25 dicembre 2024

"Non tornerai mai più", Hans Koppel

 

Helsingborg (Svezia), tardo pomeriggio del 5 maggio di un anno non precisato.

"Ylva? Sei proprio tu, ne è passato di tempo"

Sono queste semplici parole che Ylva si sente rivolgere mentre sta andando alla fermata dell'autobus. A pronunciarle è la donna alla guida dell'auto che ha appena accostato al marciapiede. Una donna che Ylva conosce, come conosce l'uomo seduto sul sedile posteriore. Una coppia che appartiene al suo passato, a quando era ancora ragazza e viveva a Stoccolma. Ed è un passato che non ha piacere di ricordare. Ma quando i due le offrono un passaggio non sa come rifiutare e sale, pentendosene appena la conversazione a bordo prende una piega spiacevole. Le portiere bloccate sono il primo segnale di allarme, ma la conferma del pericolo arriva dal taser che l'uomo estrae dalla tasca e che non esita a usare su di lei.
Quando riprende i sensi è ammanettata a un letto in quella che sembra una cantina priva di finestre. Di fronte a lei un grande schermo che trasmette le immagini del suo giardino e della sua casa. E all'improvviso capisce di essere stata rinchiusa nel seminterrato della villetta di fronte, quella che i nuovi proprietari hanno fatto insonorizzare durante la ristrutturazione.

Hans Koppel è lo pseudonimo con cui Petter Lidbeck (Stoccolma, 1964), autore di libri per bambini e romanzi umoristici, ha scelto di firmare questo suo primo thriller, di cui non sono riuscita a risalire né al titolo originale né all'anno di pubblicazione. Ho letto che sarebbe il primo di una trilogia: se fosse vero noi italiani non avremo modo di completarla visto che oltre a questo è stato tradotto un solo altro romanzo dell'autore ("Ora sei mia") ed essendo passati più di dieci anni dall'uscita di entrambi dubito che un eventuale terzo venga recuperato a distanza di così tanto tempo.

Per fortuna la storia di "Non tornerai mai più" è comunque autoconclusiva ed è una buona storia. Koppel/Lidbeck non si sforza più di tanto: mette in gioco tematiche pesanti limitandosi a trattarle superficialmente, con personaggi poco consistenti  e in alcuni casi irritanti (in particolare Mike, il marito di Ylva, definito non a caso "piagnone"), ma lo stile è scorrevole e le dinamiche sono accattivanti. La polizia ha un ruolo estremamente marginale e burlesco, sarà qualcun altro a dare una svolta alle indagini e questo rende il libro abbastanza originale, con un finale inaspettato.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro ambientato in un Paese freddo

venerdì 20 dicembre 2024

"Segreti pericolosi", Linda Castillo

 

Belleville (Pennsylvania), giugno 2022. Doyle Schlabach ha quasi finito di arare un terreno della sua fattoria quando la lama si incaglia in quella che in principio gli sembra una pietra tondeggiante e che, una volta girata, rivela di essere un teschio umano.
Due mesi dopo la polizia ha dato un nome alla vittima e arrestato il presunto assassino. Il primo si chiamava Ananias Stoltzfus, scomparso nell'ottobre di diciotto anni prima all'età di 86 anni. Il secondo è Jonas Bowman, all'epoca ventunenne e oggi sposato con tre figli. Poco prima della sparizione del vecchio fra i due c'erano stati forti attriti, culminati in un grosso litigio di fronte a molti testimoni.
Entrambi erano Amish. 
Stoltzfus era addirittura il vescovo della congregazione. Ed è per questo che il nuovo vescovo, il diacono e uno dei ministri sono andati a Painters Mill per chiedere l'aiuto del commissario Burkholder. Kate ha accettato, soprattutto per l'importanza che Jonas aveva avuto nella sua vita di adolescente Amish, ma adesso si ritrova osteggiata sia dalla polizia locale sia dai figli del defunto e non è di nessun aiuto la remissività di Jonas, convinto che sarà fatto il volere di Dio.

Pubblicato nel 2022 e tradotto in italiano soltanto questa estate,
 titolo originale "The hidden one", è la diciottesima puntata della serie che ha per protagonista il commissario Kate Burkholder.

Come in tanti altri titoli precedenti, anche qui abbiamo un bel cold case. Anche qui Kate subisce violente aggressioni (stavolta ben due) sfuggendo per un pelo alla morte. Anche qui vengono riassunti i punti salienti del suo passato a beneficio di chi non ha letto i libri precedenti. Con l'ambientazione Amish è quasi impossibile non cadere nell'impressione del "già letto", però le trame costruite dalla Castillo sono sempre diverse e la placida atmosfera che descrive rende i suoi romanzi unici e rilassanti, al di là dei crimini commessi.

Quello che manca totalmente a Linda Castillo è l'empatia nei confronti degli animali. Certo non mi aspetto un personaggio Amish vegano, ma se evitasse affermazioni imbecilli come questa sarebbe già un bel passo avanti.

"A Jonas piace la carne, soprattutto quella di cervo, ma non è un cacciatore. Lo sai. Adora gli animali."

Adora gli animali e intanto se li mangia. 
Ma la gente quando dice (o scrive) certe idiozie dove mette il cervello? Davvero si può essere così ottusi da pensare che non uccidendoli non si sia responsabili della loro morte? Quando è vero esattamente il contrario? Mai sentito dire che è la domanda che genera l'offerta?
Quanta ignoranza, quanto egoismo.

Reading Challenge 2024, traccia di dicembre: sorelle fra i personaggi


martedì 17 dicembre 2024

"No exit", Taylor Adams

 

Colorado (Stati Uniti), 23 dicembre di un anno non precisato. Sono le 19.39 e Derby Thorne, 20 anni, sta arrancando sulla statale che sale attraverso i boschi, colpita da una colossale bufera di neve. E Blue, la sua vecchia Honda, non ha neppure le catene. Da qualche chilometro all'auto manca anche un tergicristalli. Derby deve assolutamente tornare a casa, nello Utha, entro mezzogiorno del giorno dopo, prima che la madre entri in sala operatoria per un intervento che potrebbe esserle fatale. Deve chiederle scusa per le brutte cose che le ha gridato per telefono il giorno del Ringraziamento. Ma per il momento deve arrendersi, ripararsi nell'area di servizio di cui ha appena oltrepassato il cartello, scaldarsi e aspettare che gli spazzaneve arrivino a sgombrare la strada. Nel parcheggio ci sono già tre mezzi - un furgone, un pick-up e un'altra auto sepolta dalla neve - e dentro al locale trova quattro persone. I problemi cominciano un'ora più tardi quando, dopo essere uscita sperando di trovare un po' di segnale per chiamare la sorella, passando di fianco a un furgone vede qualcosa di assurdo attraverso il vetro: la manina di un bambino aggrappata a una gabbia per cani.
Sarà una lunga notte e in pochi vedranno l'alba del giorno dopo.

Terzo romanzo scritto (nel 2017) da Taylor Adams, autore e regista statunitense, il primo a essere stato tradotto in italiano (solo quest'anno ne è stato tradotto un altro, "L'ultima parola") e uno dei primissimi eBook che avevo comprato dopo aver cominciato a leggere anche sul Kindle. Era decisamente arrivato il suo momento.

Gran parte del libro è costituto dalle congetture e dalla pianificazione della protagonista, spesso con poca logica: è un qualcosa che il tipo di trama rende obbligatorio (storia concentrata in poco più di dieci ore, dal crepuscolo all'alba, in un ambiente chiuso, con un numero ridottissimo di personaggi), ma le ripetizioni annoiano, nonostante quasi alla fine di ogni capitolo ci sia un colpo di scena, più o meno rilevante.

Una dinamica che funzionerebbe meglio sullo schermo, per un'americanata perfetta, mentre la scrittura ne enfatizza i difetti, in primis il continuo gioco del gatto e del topo che diventa presto ripetitivo, con risvolti esagerati e inverosimili. Anche i personaggi sono poco credibili, i dialoghi da dimenticare.

Ma non mi sono ancora ripresa dalla pesantezza de "I miei uomini" mentre il libro di Adams, nonostante tutto, mi chiamava dal comodino: a volte è bello accontentarsi di poco.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: renna nel testo


domenica 15 dicembre 2024

"A Parigi con Colette", Angelo Molica Franco

 

Sidonie-Gabrielle Colette nasce a Saint-Sauveur-en-Puisaye, in Borgogna, il 28 gennaio 1873 e muore a Parigi il 3 agosto 1954 lasciando ai posteri un'ottantina di titoli fra romanzi, racconti, opere teatrali e altro.

Angelo Molica Franco (traduttore de "Le lettere di Esther", che avevo letto a ottobre) nel 2018 ha pubblicato questa biografia che per me è stata una cocente delusione. Principalmente perché da anni ero attratta dai volumi della collana Passaggi di dogana con la convinzione che fossero i luoghi a essere protagonisti. Quindi avevo comprato questo volume spinta dall'interesse per Parigi, non per Colette. Ma, appurato che invece si trattava di una biografia, il testo non mi ha convinta perché, pur essendo scritto benissimo, non va oltre l'essere nozionistico.

Il capitolo migliore, perché più descrittivo del luogo, è l'ultimo: l'autore, dopo aver tratteggiato la vita di Colette, scrive del paesino in cui era nata, della rabbia degli abitanti dopo che li aveva bistrattati in un romanzo (durante una visita la presero a pietrate) e della rivalutazione postuma, con l'immancabile casa di famiglia trasformata in un museo.

Prima c'è sì Parigi - la nascita del Moulin Rouge, l'alluvione del 21 gennaio 1910, il salone Goncourt, il cimitero Père-Lachaise, dove Colette è sepolta - 
ma tutto è ridotto ad accenni e brevi aneddoti.

"La Parigi della sera non era mai quella del mattino. Ho potuto vedere Parigi sprofondare nel dolore, rabbuiarsi di pianto e umiliazione, ma anche innalzarsi ogni giorno di più"

E si va ben poco oltre a questo anche a livello biografico: i mariti, i tanti personaggi famosi che l'hanno incrociata più o meno significativamente, i fatti salienti della sua vita, il passaggio attraverso le due guerre mondiali.

Un po' poco per "la più grande scrittrice francese del Novecento". Ma sono poche anche le pagine, 116, e probabilmente è l'editore (Perrone) a chiedere testi snelli per questa collana.


Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro con lo sfondo di copertina rosa

venerdì 13 dicembre 2024

"Il club delle lettere segrete", Angeles Donate

 

A che cosa serve un postino in un mondo in cui non si scrivono più lettere?

Porvenir (Spagna), ottobre di un anno non precisato. Sara - prossima al giro di boa dei quarant'anni, separata e con tre figli - è la postina di questo piccolo paese montano di appena un migliaio di abitanti. Ancora per poco. Come racconta a Rosa, la sua vicina di casa, le hanno appena comunicato che a inizio anno verrà trasferita in città perché, in un mondo dove la gente comunica tramite WhatsApp e Telegram, di posta da consegnare non ce n'è quasi più, meno che mai in un posto così scarsamente abitato.
Le due non sono soltanto vicine di casa: la prima ha aiutato la madre della seconda durante il parto. Rosa conosce Sara dal suo primo istante di vita, le vuole bene come se fosse sua figlia e soffre alla sola idea di doversi separare da lei. Deve aiutarla e può farlo solo in un modo: scrivendo una lettera. Non una lettera qualunque, ma la prima di una catena dove chiederà alla destinataria di scrivere a un'altra donna del paese raccomandandole di domandarle di fare altrettanto e così via. In questo modo, se nessuna interromperà la catena, in città dovranno rendersi conto che Porvenir ha ancora tanto bisogno della sua postina.

Nel mondo reale una decina scarsa di lettere, spedite nell'arco di tre mesi, non fanno certo cambiare idea a un ente pubblico che ha deciso di chiudere un ufficio postale per manifesta inattività, ma nel 2015 attorno a questa idea Angeles Donate - nata a Barcellona nel 1971 - ha costruito questa bella favoletta.

Un romanzo quasi totalmente al femminile dove regnano i buoni sentimenti, non solo d'amore e di amicizia, ma anche di 
rapporti fra vicini, conoscenti e parenti vari. Quasi ogni personaggio scrive la propria lettera (una sola ciascuno) dove racconta di sé aprendosi come non sarebbe mai riuscito a fare parlando. Non tutti scrivono a persone che conoscono: c'è anche chi sceglie a caso dall'elenco telefonico facendosi ingannare da un nome unisex, chi scrive a qualcuno non sapendo se è ancora in vita, chi indirizza la propria lettera a una casa disabitata da anni...

"Vivo solo quando scrivo"

Ci sono tante citazioni, non solo quelle all'inizio di ogni capitolo, ma anche all'interno di essi. Tratte da poesie, canzoni, altri libri. Tutte molto belle.

Di solito non amo i romanzi di questo tipo e difatti non posso dire di essermi innamorata di questo. Una bontà così generalizzata ed estremizzata non esiste, ma la Donate è riuscita a evitare alla sua opera di essere sdolcinata e già solo per questo merita un plauso.
Addirittura mi sarebbe piaciuto poter leggere un seguito per ritrovare i vari personaggi, ma mi dovrò accontentare degli altri due romanzi dell'autrice tradotti in italiano. 

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda dicembre: Spagna

martedì 10 dicembre 2024

"Rosso di sera. Come nascono le previsioni del tempo", Andrew Blum

 

"Si tratta semplicemente di applicare la fisica classica all'atmosfera, su un globo rotante, dotato di gravità"

La meteorologia è tutta qua, davvero una cosa semplicissima ^^

Andrew Blum, scrittore e giornalista newyorkese classe 1977, autore di diversi saggi, questo lo ha scritto nel 2019 (t
itolo originale "The Weather Machine. A Journey Inside the Forecast") e penso sia stata la lettura più complessa della mia vita.

Fin dalla prefazione italiana di Dino Sardi ho capito che fra m
eccanica, elettromagnetismo, termodinamica e fisica atomica ero messa male: la mia esperienza di studio con "materie scientifiche" si è esaurita alle medie, ma essendomi sempre considerata un'appassionata di meteorologia sono stata attratta dal titolo non pensando che Blum sarebbe andato ben oltre al mio interesse per le previsioni del tempo.

Inizia il saggio raccontando del suo incontro con 
il direttore del servizio meteorologico norvegese avvenuto nel giugno 2015: in Norvegia, paese ricco che deve fare i conti con freddo e vento per gran parte dell'anno, la meteorologia fin dal principio si è concentrata sulla ricerca scientifica, lì il servizio meteorologico nazionale non è nato dalla Marina Militare, come invece è successo nella maggior parte delle nazioni.

Utsira si trova uno dei più antichi (1844) e importanti osservatori meteorologici, ma la posizione strategica dell'isolotto lo ha reso una pedina fondamentale sia durante la Seconda Guerra mondiale, quando i nazisti ne presero possesso, sia durante la Guerra Fredda, quando diventò una base NATO: gli aneddoti storici riportati sono stati molto piacevoli, ma più volte mi sono sentita persa fra carte sinottiche, termometri, anemometri, satelliti, boe, eccetera, e sono questi i temi portanti del saggio.

Dalle osservazioni fatte a occhio nudo guardando il cielo, passando all'importanza che
 l'invenzione del telegrafo ebbe anche per la meteorologia e arrivando alla svolta definitiva data dai satelliti, Blum spiega come funzionano i modelli meteorologici, come ricevono le osservazioni e come le trasformano in previsioni, argomenti tristemente al di fuori delle mie capacità.

"La density altitude, raramente tradotta in italiano come “quota di densità”, rappresenta la quota dell’atmosfera standard (modello di atmosfera ideale, priva di vapore acqueo e rappresentativa delle medie latitudini, utilizzato in altimetria e meteorologia aeronautica) alla quale corrisponde la stessa densità dell’atmosfera reale."

A tratti mi sembrava di leggere una lingua straniera e mi è dispiaciuto non trovare nessuna foto, in molti casi sarebbero state utili, o anche solo interessanti.
Un esempio fra tanti: racconta di come nel 1954 un razzo fotografò per la prima volta una tempesta tropicale in atto sul Golfo del Messico, foto che venne pubblicata sulla rivista "Life". L'ho cercata on-line, ma sarebbe stato bello trovarla nel libro.


Quello che ricorderò di questo testo è che Thomas Jefferson e John F. Kennedy erano molto interessati alla materia, che gli inglesi hanno il miglior modello meteorologico del mondo (chiamato 
"l'europeo") e che al giorno d'oggi i previsori fanno pochissime previsioni, quelle che consultiamo anche più volte al giorno sulle app si basano sui modelli matematici.

Modelli matematici (e satelliti) che nel presente vengono sempre più spesso gestiti da un gruppo ristretto di Paesi. Quello della meteorologia è sempre stato un mondo competitivo, ma anche molto collaborativo, e a breve rischia di non esserlo più. 
Se le osservazioni in un futuro spaventosamente vicino verranno eseguite e raccolte da reti private (Google, Amazon, IBM) c'è il rischio che decidano di interrompere la cooperazione internazionale che caratterizza il sistema da centocinquant'anni. Proprio adesso che il mondo intero ha più che mai bisogno di previsioni precise.

"La macchina del tempo deve essere un sistema globale e non può funzionare in un altro modo. È incentrata su un equilibrio tra quanto gli Stati fanno per se stessi e quanto per contribuire a sistemi che prescindono dai loro confini. Siamo molti Paesi, su un solo pianeta."

L'aspetto che più mi ha delusa del saggio è che Blum s
olo alla fine affronta il tema dei cambiamenti climatici e lo fa in maniera troppo frettolosa e superficiale.

Avevo in wish list anche l'altro suo saggio tradotto in italiano,
 "Tubi. Viaggio al centro di internet", ma dopo questa esperienza non me la sento di affrontare un'altra impresa troppo grande per me.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro con un tramonto in copertina

venerdì 6 dicembre 2024

"La protetta", Hélène Gullberg

 

Hammarnas (Stoccolma), luglio 2018. Quando Karin Klinga, 52enne ispettrice investigativa della capitale, viene inclusa dal suo capo nel programma di scambio fra Stoccolma e il comune di Östhammar, pensa che il suo ginocchio malandato trarrà giovamento da un periodo di riposo. Perché in campagna non succede mai nulla. Invece già dalla prima notte si trova a dover indagare su un caso di omicidio. Sten Hammar, anziano e ricchissimo armatore, è stato ucciso nella sua casa, un maniero zeppo di opere d'arte, grande passione dell'uomo.
E' necessario riuscire a fare un inventario per capire se davvero si è trattato di una furto finito male e per questo dalla prestigiosa casa d'aste Wallius mandano la loro collaboratrice più esperta, Majja Skog, che fin da bambina aveva trascorso tutte le domeniche in quella dimora, imparando tutto quello che adesso sa sull'arte grazie agli insegnamenti di Hammar, che ne aveva fatto la sua protetta.

Hélène Gullberg, nata a Stoccolma nel 1976, laureata in storia dell'arte e curatrice al Palazzo Reale, nel 2020 ha pubblicato un primo romanzo storico non tradotto in italiano, "Den konserverade ankan".
Con "La protetta" (
titolo originale "Adepten") ha vinto il premio svedese Deckarakademin come miglior romanzo poliziesco del 2023 (anno di pubblicazione) ed è il primo della serie con protagonista Majja Skog. Il secondo, "Novisen", è uscito quest'anno e spero che Neri Pozza, da casa editrice seria quale è, continui a tradurre l'autrice, come mi auguro di ritrovare anche l'ispettrice Karin Klinga, assolutamente co-protagonista di questa storia.

Una storia che trae la sua originalità proprio dall'immersione nel mondo dell'arte.

"Majja era ben consapevole dell’effetto che Rothko poteva produrre su chi lo guardava, il primo incontro con uno dei suoi quadri spesso era speciale. Si narravano storie di persone che erano scoppiate in lacrime davanti alle sue enormi tele, senza sapere perché. I suoi rettangoli di colore, orizzontali e fluttuanti, emanavano una luce interna che ipnotizzava l’osservatore, e per questo la sua arte veniva definita religiosa o meditativa."

La mia ignoranza in materia non mi ha mai fatto provare emozioni di questo genere, ma neppure lontanamente! Ho cercato in rete le opere di Rothko e davvero non capisco come possano piacere.


Ma attraverso Majja al lettore arriva tutto l'amore e la passione dell'autrice per l'arte ed è un qualcosa di piacevole anche per chi, come me, non ne condivide l'interesse.

Purtroppo Majja non è altrettanto originale: soprannominata dai colleghi "la Lisbeth Salander della Wallius", è una skinhead trentatreenne sboccata e rozza che guida una Lamborghini Gallardo rosa shocking, un'immagine scudo per nascondere le sue enormi carenze affettive.

Karin è più banale, ma più interessante, una donna di mezza età fresca di divorzio che vivrebbe con serenità la sua nuova condizione di single se non subisse il pressing dell'ex marito e dei due figli già grandi. E che dopo il divorzio si è trasferita
 in un appartamento della Norra Tornen, un complesso di due torri realmente esistenti, due mostruosità costruite in mezzo  a un bel quartiere degli anni Trenta e che adesso svettano sul panorama della capitale svedese deturpandolo.


Majja ogni volta che si agita rischia una potente scarica di diarrea, mentre Karin ha la f
obia per i fluidi corporei, dal sudore al vomito al sangue mestruale: a me leggere dettagli e descrizioni di questo tipo non dà particolarmente fastidio, però non ho ben capito perché la Gullberg abbia deciso di attribuire queste caratteristiche ai suoi personaggi.

Fra smorfie di disgusto e crampi addominali, è comunque una lettura piacevole: l'alternanza fra il passato (conosciamo Majja nel 1992, quando ha sette anni, e la seguiamo fino ai venti) e il presente crea un arco narrativo che mira a far sembrare la storia più intricata di quanto non sia, c'è anche qualche forzatura e manca completamente una vera suspense, cosa che come thriller lo rende mediocre, mentre come giallo funziona (attenzione alla sinossi ufficiale che riassume la prima metà del libro).

Reading Challenge 2024, traccia annuale Come Quando Fuori Piove: un libro con in copertina uno scenario esterno


martedì 3 dicembre 2024

"A letto nel Medioevo. Come e con chi", Chiara Frugoni

 

Ultimo saggio scritto da Chiara Frugoni (1940 - 2022), storica pisana specializzata nel Medioevo, pubblicato proprio nell'anno della sua morte.

Un testo piuttosto breve (168 pagine) ricco di illustrazioni ed è proprio dall'analisi di miniature, dipinti e affreschi che l'autrice prende spunto per spiegare gli usi del tempo, un'epoca dove - a giudicare dall'abbigliamento rappresentato - tutti sembrano patire sempre il freddo.

"Nel Medioevo sembra esserci un'unica stagione: l'inverno"

Però tutti dormivano nudi, indossando solo un berretto per proteggere la testa dal freddo della stanza. E la nudità aveva un unico scopo: avere a che fare con meno pulci e insetti possibile.

Leggendo la Frugoni ho pensato più volte a quanto mi sarebbe piaciuto assistere a un dibattito fra lei e Régine Pernoud che nel suo "Medioevo. Un secolare pregiudizio" smontava tutti i giudizi negativi che tendenzialmente suscita questa grande epoca storica, mentre nel saggio della Frugoni non viene descritto neppure un aspetto che possa portare a pensare a quanto sarebbe stato bello nascere mille anni fa: fra igiene, aspettativa di vita, questioni sociali e altro siamo stati molto fortunati a nascere adesso (e in una certa parte del mondo)!

"Oggi, con l’acqua corrente e l’abituale igiene personale, non pensiamo più agli afrori del sudore e a tutti i cattivi odori stagnanti nell’aria medievale a causa della presenza di liquami e deiezioni animali e umane nelle strade - non esistevano le fognature -, dove abitualmente finiva anche, buttato dalla finestra, ogni tipo di rifiuto organico commestibile."

Come il titolo rende chiaro, il focus dell'opera riguarda il letto, che nel Medioevo era un vero e proprio indicatore sociale: se i ricchi potevano godere di ampie strutture (i
l letto da parata di Carlo V misurava quasi quaranta metri quadrati) ben isolate dal pavimento e circondate dal legno (come in Italia) o da cortine in tessuto (come in Francia), i poveri avevano a disposizione soltanto miseri pagliericci di frasche tenute insieme da paletti quando non dovevano accontentarsi di stuoie stese direttamente sul terreno.

Ma anche per le persone benestanti spesso il letto era il mobile più importante e l'unico confortevole dell'intera casa.
Si dormiva con molti cuscini dietro alla schiena, cosa che costringeva a stare quasi seduti, e i letti venivano rifatti usando appositi bastoni.
Ed era normale ritrovarsi (nudi) a dormire con perfetti sconosciuti: succedeva ai malati negli ospedali, ai viaggiatori nelle locande (qui 
la Furgoni ricorda che nel Medioevo era così pericoloso viaggiare che prima di partire si era soliti fare testamento), ovviamente ai servi nelle case nobili.

Queste sono solo alcune delle curiosità descritte dall'autrice, un testo interessante di cui però mi sono pesati i tanti rimandi al "Decameron" di Boccaccio, almeno uno per capitolo, con stralci riportati alla lettera di cui non posso dire di aver capito tutto: fra le infinite note non ci sarebbe stata male una "traduzione" per chi, come me, non è in grado di leggere l'italiano del milletrecento come se fosse "Topolino".

Reading Challenge 2024, traccia annuale Come Quando Fuori Piove, quando: un libro con un'indicazione temporale nel titolo

domenica 1 dicembre 2024

Reading Challenge: tracce di dicembre

    


TRACCE MENSILI


Libere:
  • libri da abbinare al bingo natalizio
  • libri che si sviluppano in almeno due piani temporali diversi alternati
  • libri in cui sia presente uno di questi personaggi: ballerina, bambino, fantasma, soldatino di stagno, sorelle, topo
    Segreti pericolosi, Linda Castillo, sorelle (3 punti)
    A casa prima di sera, Riley Sager, fantasma (3 punti)

Traccia gioco di società: Tombola, libri con un numero nel titolo


Traccia vagabonda: 
  • Spagna: Il club delle lettere segrete, Angeles Donate (3 punti)

Traccia annuale Cocktail: da tre a cinque libri, uno per categoria (10 punti)
  • Mojito: un libro ambientato in un paese esotico
    Il grande mare dei Sargassi, Jean Rhys
  • Pina Colada: un libro con lo sfondo di copertina bianco come il cocco o giallo come l'ananas
    Patrimonio. Una storia vera, Philip Roth 
  • Tequila Sunrise: un libro con un tramonto di copertina
    Rosso di sera... Come nascono le previsioni del tempo, Andrew Blum
  • Moscow Mule: un libro ambientato in un Paese freddo
    Non tornerai mai più, Hans Koppel
  • Cosmopolitan: un libro ambientato in una grande metropoli o con lo sfondo di copertina rosa
    "A Parigi con Colette", Angelo Molica Franco

Come Quando Fuori Piove: quattro libri, uno per categoria (13 punti)
  • Come: un libro di cui va detto come è arrivato nelle nostre mani
    Tentacoli, Peter Benchley
  • Quando: un libro con un'indicazione temporale nel titolo
    A letto nel Medioevo. Come e con chi, Chiara Frugoni
  • Fuori: un libro con in copertina uno scenario esterno
    La protetta, Hélène Gullberg
  • Piove: un libro che nel titolo o in copertina abbia un chiaro rimando alla pioggia
    La verità tradita, Brooke Robinson

Traccia stagionale crucipuzzle, autunno:
  • Miele, Ian McEwan (3 punti)
  • Ballo di famiglia, David Leavitt (2 punti)
  • Lettera di una sconosciuta, Stefan Zweig (1 punto)
  • Il giudice e il suo boia, Friedrich Durrenmatt (1 punto)
  • No exit, Taylor Adams (3 punti)

I miei punti di dicembre: 42


venerdì 29 novembre 2024

"Ivy", Susie Yang

 

Chongqing (Cina), metà degli anni Ottanta del secolo scorso. Ivy Lin ha tre anni quando i suoi genitori espatriano negli Stati Uniti lasciandola alle cure di Meifeng, la nonna materna. Ne ha cinque quando raggiunge mamma e papà nel Massachusetts. Ne ha sette quando anche la nonna si trasferisce. Ne ha nove quando nasce Austin, il suo fratellino.

E ne ha 14 quando Susie Yang - nata come la sua protagonista a Chongqing ed emigrata da bambina negli Stati Uniti - inizia a raccontare la storia di Ivy, una ragazzina sofferente a causa dell'anaffettività della madre, che vive con disagio il suo essere un'adolescente asiatica nell'America alta e bionda e che si vergogna delle umili condizioni della sua famiglia, bramando il lusso e l'agio perché le privazioni la spingono a sognare gli eccessi.

"Tu sei coraggiosa, egocentrica ed egoista"

E' questo che le dice sempre sua nonna. Io aggiungo e metto al primo posto un altro aggettivo: opportunista. Ivy è un bellissimo personaggio, non per le sue doti, quanto per la bravura con cui la Yang ce la racconta in quello che è il suo primo (e al momento ancora unico) romanzo, uscito nel 2020.

Ventidue capitoli divisi in cinque parti per un totale di 368 pagine che catturano e sorprendono. Una bella lettura, un libro che mi è dispiaciuto finire e che sicuramente meriterebbe più fama di quella che ha, direi pochissima, non ricordo nemmeno come fosse entrato nella mia wish list né perché, la trama di Neri Pozza non rende giustizia alla storia e neppure alla complessità del personaggio, sembra un romanzo d'amore, quando in realtà l'amore viene più che altro rincorso da Ivy, che giovanissima si convince che i pregi di una persona, anche l'intelligenza, derivino dalla bellezza.

"Era americana, americana, americana! Ma il suo aspetto esteriore lo nascondeva. Quell'ingiustizia la feriva profondamente"

In un ambiente dove nessuno ha stima per gli altri e dove quasi tutti giudicano superficialmente dalle apparenze, Ivy sviluppa quelle che considera le sue maggiori qualità: la furbizia e l'essere molto brava a mentire.
Ma la sua astuzia - che la porta a gesti estremi - non è abbastanza grande da farle capire di essere a sua volta vittima delle bugie altrui.

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda novembre: Cina

giovedì 28 novembre 2024

"I miei uomini", Victoria Kielland

 

Donna attraente proprietaria di bella fattoria in ottime condizioni cerca uomo affidabile benestante scopo matrimonio


Era più o meno questo il testo dell'annuncio che 
Belle Gunness, giunta alla seconda vedovanza, pubblicava sui quotidiani di Chicago. Grazie a una prima corrispondenza riusciva a far nascere nelle persone che la contattavano, se non l'amore, almeno un interesse sufficiente per andare a conoscerla. Una volta arrivati alla fattoria raramente ne uscivano vivi.
Il 
28 aprile del 1908 la fattoria venne rasa al suolo da un incendio: della proprietaria non v'era traccia (Belle scomparve senza venire mai processata per i suoi crimini), mentre nel terreno furono trovati i cadaveri di più di trenta uomini, quello di una donna decapitata (che non era Belle) e i corpicini carbonizzati di tre bambini.

La Gunness passerà alla storia come la prima serial killer americana e Victoria Kielland, autrice norvegese classe 1985, in questo testo, scritto nel 2021 e tradotto quest'anno in italiano, racconta la sua storia.

Più o meno.

"I miei uomini" - vincitore di 
svariati premi, fra cui il New York Times Best Crime Book nel 2023 - ha una trama che attira chi, come me, ha un interesse non troppo salutare verso i serial killer e in quest'ottica è inevitabile rimanere delusi dalla lettura.

La Kielland, basandosi sui pochi dati certi, per lo più anagrafici, ha messo insieme quello che non è un giallo, né un thriller, né un noir, ma nemmeno una biografia. Visto che mi piace etichettare quello che leggo con un genere, per questo scelgo la classificazione di romanzo storico.

E per me è stata una lettura mortalmente noiosa.

Senza dubbio più raffinata e colta di "Appuntamento dove il cielo è più blu", il primo libro letto quest'anno rimasto da allora sul podio del libro peggiore del mio 2024 e che ora viene scalzato non per una maggior bruttezza oggettiva, ma per la pesantezza che mi ha fatto provare ogni singola pagina frase della norvegese.

"Chi ama con tutta se stessa non sopravvivrà mai all'amore"

Solo con l'ultimo capitolo si arriva agli omicidi seriali, di cui viene detto pochissimo. I tredici precedenti seguono la vita di 
Brynhild Paulsdatter Størseth (questo il vero nome di Belle, nata a Selbu l’11 novembre del 1859) a partire dai suoi diciassette anni. Viene raccontato il triste evento che la porterà a lasciare la Norvegia per gli Stati Uniti, la difficile convivenza con la sorella, il primo matrimonio, poi il secondo e infine gli annunci matrimoniali.

Una storia lontana nel tempo che può essere riassunta in poche righe che invece diventano 237 pagine (per fortuna nel tipico formato pocket di Sellerio) piene di introspezione e di Dio.

Non ricordo di essere mai stata così felice di essere riuscita ad arrivare alla fine di un libro.

Reading Challenge 2024, traccia di novembre: libri cartacei che si devono fotografare cn altri libri e con una pianta




martedì 26 novembre 2024

"Il giudice e il suo boia", Friedrich Durrenmatt

 

Berna, 3 novembre 1948. Il corpo senza vita del tenente di polizia Ulrich Schmied viene ritrovato a bordo della sua Mercedes azzurra ferma sul ciglio di una strada all'uscita di un bosco. Gli hanno sparato alla testa. 
Il caso viene affidato al commissario Bärlach, diretto superiore della vittima. Bärlach ha subito un sospetto, ma sceglie di non parlarne né al giudice istruttore Lutz né a Tschanz, il giovane collega che gli viene affiancato nelle indagini. Indagini che portano il commissario a ritroso nel tempo, fino a quarant'anni prima quando si trovava nel Bosforo e un uomo gli aveva assicurato che sarebbe stato in grado di commettere un delitto sotto ai suoi occhi senza lasciargli niente in mano per riuscire a incriminarlo. Bärlach aveva sciaguratamente accettato la scommessa, perdendola tre giorni dopo e da allora non aveva mai smesso di cercare il modo per pareggiare i conti.

Quando il mese scorso ho visto fra le nuove uscite la riedizione di "Greco cerca greca" mi si è risvegliato il ricordo di questo autore di cui più di trent'anni fa avevo letto "Il sospetto" e "La promessa". Ho quindi inserito in wish list gli altri suoi titoli e mi è sembrato giusto riprenderlo da questo, che è il suo primo poliziesco, scritto nel 
1952, titolo originale "Der Richter und sein Henker Benziger Verlag".

Un altro romanzo breve (121 pagine) e parecchio datato che però, a differenza di "Lettera di una sconosciuta", dimostra tutti gli anni che ha. Non necessariamente un difetto, ma non si può negare che stile, descrizioni, atmosfere e storia siano cupe e pesanti. Tutto sommato un buon noir, ma non bello come i due letti in precedenza.

Principalmente ho patito la divergenza di opinioni con il vecchio commissario Bärlach, sicuro che - non avendo modo di incriminare un soggetto per un delitto accertato - sia lecito incastrarlo per uno che non ha commesso.

"Sono un vecchio gatto nero, e mi piacciono i topi"

Un metodo che, nella migliore delle ipotesi, lascia comunque in libertà un colpevole. Ed io, a differenza di Dürrenmatt, convinto che la giustizia non possa arrivare alla verità, sono tendenzialmente molto più fiduciosa, l'onere di emettere sentenze lo ha solo chi il giudice lo fa per professione. Quanto ai boia meglio lasciarli relegati nel loro passato.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: abete nel testo


domenica 24 novembre 2024

"Lettera di una sconosciuta", Stefan Zweig



Vienna, anni Venti del secolo scorso. E' il giorno del quarantunesimo compleanno di R., romanziere di successo che si gode la vita senza legami. E' appena rientrato da una breve vacanza in montagna e si accomoda in poltrona, sorseggiando il tè che gli ha preparato il solerte domestico. Accanto a lui la pila di missive arrivate durante la sua assenza. Mette da parte la busta più voluminosa, riprendendola in mano solo dopo aver letto anche i giornali. Ne estrae una ventina di fogli, scritti fittamente da una calligrafia femminile. Non sono firmati, come non c'è mittente sulla busta.

"A te, che mai mi hai conosciuta"

Questa è l'intestazione e l'inizio racconta subito qualcosa di atroce: chi ha scritto gli dice che il giorno prima il suo bambino è morto e che, se adesso sta leggendo quella lettera, vuol dire che anche lei non c'è più. E prosegue raccontandogli la sua breve esistenza, vissuta amandolo senza che lui ne sapesse mai nulla.

Sono tante le cose che Stefan Zweig (1881 - 1942) - autore viennese di moltissimi saggi, di molti racconti e di alcuni romanzi - fa dire alla sua sconosciuta in questo racconto lungo (o romanzo breve, 96 pagine appena) scritto nel 1922.

Una lettura veloce nei tempi (l'ho iniziato e finito venerdì sera, non riuscendo a staccarmici), ma più ricca e intensa di tanti "romanzoni". Uno stile ricercato, ma non del tutto antiquato, che non dimostra affatto i suoi cento e passa anni.

Una lettura triste e non solo perché fin dal principio sappiamo che non ci sarà alcun lieto fine.

Come è stata triste anche la vita (o quanto meno l'epilogo) di Zweig, pacifista e 
antifascista di origini ebraiche, fra le opere bruciate dai nazisti nel 1933 c'erano anche le sue (la Germania nazista arrivò a ritenerlo l'intellettuale ebreo più pericoloso), portandolo a lasciare l'Austria per Londra nel 1934, trasferendosi poi a New York nel 1939 e quindi in Brasile nel 1941 dove morì suicida l'anno successivo.

L'umanità dell'uomo in questa lettura emerge con la descrizione che la donna fa del luogo in cui dovette partorire, l’Ospizio di Maternità, "mattatoio del pudore", che accoglieva donne bisognose, reiette, dimenticate, tutte caratterizzate dalla miseria.

"Quel che la povertà deve subire in fatto di umiliazioni, di oltraggi fisici e morali, io l’ho patito laggiù"

Alla fine resta solo da chiedersi se sia la morte l'aspetto più triste di questa storia.
Secondo me, no.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: neve nel testo


venerdì 22 novembre 2024

"La verità tradita", Brooke Robinson

 

Londra, giorni nostri. Revelle Lee, 33 anni, da bambina ha vissuto in dodici nazioni diverse a causa del lavoro della madre. Per questo motivo parla correttamente nove lingue oltre all'inglese, capacità che fa di lei la migliore interprete dell'agenzia per cui lavora. Sempre affidabile e impeccabile, ai tranquilli ingaggi in convegni di ogni genere alterna le traduzioni fatte nei tribunali e per la polizia. In otto anni di carriera sa di aver commesso un unico sbaglio, proprio durante uno dei suoi primi incarichi. Un errore non intenzionale, l'opposto di quello che fa quando viene chiamata in centrale per fare da interprete a un uomo polacco che fornisce l'alibi a un amico in stato di fermo per l'omicidio di una donna. 
Revelle conosceva la vittima e quando sente un poliziotto dire che sul suo corpo è stato trovato il DNA del sospettato non si fa scrupoli a modificare la testimonianza del polacco quel tanto che basta per screditarla, facendo così crollare l'alibi dell'amico che, infatti, viene subito arrestato.
Ma la soddisfazione di Revelle finisce quando capisce di essere in pericolo perché qualcuno sa cosa ha fatto e adesso tutto è a rischio: la sua reputazione, il suo lavoro e, soprattutto, l'affido del bambino che sta cercando di adottare.

Un libro che è un chiaro esempio di come le aspettative possano condizionare il nostro giudizio (o per lo meno il mio), in positivo o in negativo. Tante volte mi è successo di rimanere delusa da una lettura di cui avevo sentito parlare benissimo, invece questa volta è successo il contrario: "La verità tradita" al momento ha raccolto su Amazon soltanto due valutazioni, da una e da due stelline. Non è dato sapere il perché di questi giudizi estremamente negativi, i due utenti non hanno lasciato neppure una riga di recensione (cosa odiosa). Forse i libri avevano dei difetti (io l'ho letto in digitale), forse non li hanno ricevuti oppure a loro il libro ha fatto proprio schifo. Io ormai lo avevo comprato (cosa che evito in caso di valutazioni così basse, magari aspettando altri pareri), per cui l'ho letto aspettandomi il peggio del peggio e probabilmente questo mi ha portata ad apprezzare la lettura più di quanto avrei fatto senza quelle influenze negative.

"The Interpreter", romanzo di esordio dell'australiana Brooke Robinson, ex libraia e drammaturga, pubblicato lo scorso anno e arrivato in Italia un paio di mesi fa, è un thriller che presenta alcuni difetti - tutti riconducibili a esagerazioni e inverosimiglianze che caratterizzano il modo di pensare e di agire della protagonista - ma che merita la sufficienza piena grazie a una scrittura fluente, a un buon intreccio fra passato e presente e a un discreto colpo di scena finale.
Ci sono diversi misteri da spiegare: chi è la voce narrante del prologo e delle parti in corsivo che chiudono molti capitoli, quali sono il legame e i trascorsi della protagonista con un altro personaggio femminile, più naturalmente tutta la parte legata alla "verità tradita".

Insomma, non è certo un capolavoro di genere, ma è un thriller che si lascia leggere più piacevolmente di tanti altri e quando verrà tradotto prenderò senz'altro anche il secondo libro della Robinson, "The Negotiator", uscito a giugno.

Mi sono segnata un passaggio curioso:

"Nel mercato del lavoro, le lingue sono considerate complementari, un bonus che serve a migliorare qualche altra abilità primaria. Non sono pensate per essere tutto ciò che hai da offrire al mondo, per dare vita a un’intera esistenza."

Questo può pensarlo e scriverlo giusto qualcuno che, come la Robinson e la sua protagonista, parla la lingua che ormai è l'esperanto nel mondo moderno! Un italiano in grado di fare traduzioni simultanee dall'inglese, francese, spagnolo, portoghese, russo, tedesco, polacco, ungherese, dari e hindi avrebbe infinite possibilità di lavoro, altro che bonus...

Reading Challenge 2024, traccia annuale Come Quando Fuori Piove, piove: un libro con in copertina o nel titolo un chiaro rimando alla pioggia

lunedì 18 novembre 2024

"Un giorno solo", Felicia Yap

 

Newnham, nei pressi di Cambridge, 6 giugno 2015. E' mattina quando Claire e Mark Evans ascoltano alla radio la notizia che il corpo senza vita di una donna è stato ripescato dal fiume Cam, a poca distanza da casa loro. In quel momento il detective Hans Richardson, incaricato delle indagini, bussa alla loro porta: la vittima, Sophia Alyssa Ayling, nel suo diario ha scritto che lei e Mark erano amanti. Mark ammette di averla conosciuta due anni prima a un festival letterario, ma nega la relazione.
Il detective porta Mark alla centrale di polizia, deve muoversi in fretta, entro la fine della giornata deve chiudere il caso scoprendo chi ha ucciso Sophia, prima di dimenticare tutto.
Perché il mondo è diverso da quello che conosciamo.
Gli esseri umani hanno gravi limitazioni mnemoniche: al compimento del 
ventitreesimo anno la produzione della proteina della memoria a breve termine si interrompe per tutti ed è in quel momento che si scopre a quale categoria si appartiene: se alla maggioranza dei Mono oppure se si ha la fortuna di essere un Duo, persone la cui memoria funziona per i due giorni precedenti.
Claire è una Mono, Mark è un Duo e la differenza è abissale.

Che libro bizzarro.

Titolo originale "Yesterday", scritto nel 2017, è il primo romanzo di Felicia Yap 
(il secondo, "Future Perfect", del 2021 non è stato tradotto in italiano), nata in Malesia nel 1980 e trasferitasi in Inghilterra a vent'anni per completare gli studi.

Leggendo la trama pensavo fosse una delle tante storie che nel decennio passato avevano come protagonista una donna affetta da amnesia, ma mi sono bastate poche pagine per passare dal thriller alla fantascienza, con la popolazione mondiale divisa fra Mono e Duo (non viene data nessuna spiegazione di ciò, per cui è lecito pensare che la Yap abbia immaginato un mondo fatto così fin dalle origini), dove chi sostiene di poter ricordare tutto viene rinchiuso perché pazzo, con i Mono considerati inferiori e trattati di conseguenza ("Il mondo è già fin troppo pieno di stupidi Mono. Gran parte degli omicidi viene commessa dai Mono. I Mono creano già abbastanza problemi a noi Duo. Inquinano le zone residenziali"), mentre la minoranza dei Duo è l'unica ad avere diritto a coprire cariche di prestigio e di potere, cosa che li rende automaticamente più ricchi, creando barriere sociali simili a quelle del mondo reale (ma purtroppo il romanzo non si spinge ad analisi di questo tipo).

"C'era un conforto immenso nel non ricordare"

Entrambi i gruppi ogni sera annotano sui diari personali (in origine cartacei, poi digitali con l'invenzione degli iDiary nel 1998) i fatti salienti delle loro giornate. Ogni mattina devono rileggere con attenzione cosa hanno scritto perché queste informazioni dopo essere state lette sul proprio diario non vengono più dimenticate: "I fatti tornano immediatamente in mente perché le informazioni sono state trasferite nella parte del cervello che contiene i ricordi a lungo termine."

In pratica le persone non ricordano cosa è successo, ma ricordano cosa hanno scritto.

Su queste basi si capisce l'urgenza del detective di poter archiviare il caso prima che cambi il giorno: le 400 pagine del romanzo si svolgono interamente il 6 giugno del 1995, ma anche in un mondo di smemorati un thriller trova il modo di dare ampio spazio ai flashback, indispensabili per ricostruire il quadro generale.

La trama è senza dubbio molto originale, ma questo è purtroppo l'unico merito del libro. Con una scrittura mediocre i capitoli alternano le quattro voci narranti: marito, moglie, vittima e detective.

"Non c’è bisogno di annotare ogni cosa, perché ben poche delle esperienze quotidiane si innalzano al di sopra della banalità"

E il libro è pieno di banalità, di ripetizioni, di lungaggini e di dettagli irrilevanti, mentre un paio di spunti interessanti vengono lanciati e lasciati cadere senza essere sviluppati. Così come Claire nasce protagonista per poi cedere il ruolo alla vittima: non mi era mai successo di veder messo da parte il personaggio principale a metà della storia e forse anche questa è una trovata originale, ma a me non è piaciuta, come non mi è piaciuta Sophia, così arrogante, boriosa e sgarbata da non suscitare alcuna compassione, portando a pensare che chi l'ha buttata nel fiume avrebbe dovuto zavorrarne meglio il corpo.

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda novembre: Malesia

venerdì 15 novembre 2024

"Ballo di famiglia", David Leavitt

 

Opera prima di David Leavitt, nato in Pennsylvania nel 1961, che pubblicò questa raccolta di nove racconti (la nuova edizione ne contiene anche un decimo) nel 1984, quando aveva 23 anni e da uno si era laureato a Yale in composizione creativa.

"Territorio"
Quando Neil a 23 anni aveva fatto outing i genitori avevano detto la cosa più ovvia, ma mai scontata: "Vogliamo solo che tu sia felice". Ma adesso sta per arrivare Wayne e la madre, in attesa di conoscere per la prima volta un compagno del proprio figlio, si rende conto che per lei l'esperienza non sarà facile come l'aveva immaginata.

"Contando i mesi"
La signora Harrington ha il cancro. I medici le avevano dato sei mesi di vita e oggi, il 17 dicembre, sono passati.

"Bisogna mentire per vivere attraverso la morte, altrimenti si muore attraverso ciò che è rimasto della propria vita"

"Il cottage perduto"
La famiglia Dempson si ritrova, come ogni anno, a trascorrere le ultime due settimane di giugno nel piccolo cottage dove Lydia e Alex avevano trascorso la luna di miele ventisei anni prima. Ma questa volta per loro e per i tre figli sarà tutto diverso perché poco prima di Natale Alex ha chiesto il divorzio.

"Alieni"
Nina ha 11 anni ed è convinta di essere un'aliena mandata sulla Terra per studiare gli esseri umani, che presto verranno a riprenderla. Per questo guarda spesso il cielo.

"Danny in transito"
Danny ha cominciato a dare segni di squilibrio dopo la separazione dei suoi genitori, avvenuta dopo l'outing del padre.

"Ballo di famiglia"
Seth è il protagonista del racconto che dà il titolo alla raccolta. La madre ha organizzato una grande festa per il suo diploma, una rivincita, perché potrà sfoggiare la sua nuova casa, la sua nuova silhouette e il suo nuovo marito alla sua famiglia, soprattutto al suo ex marito. 

"Radiazioni"
Una madre di tre figli si sta sottoponendo alla radioterapia per sconfiggere il tumore che l'ha colpita, faticando per trovare dentro di sé il coraggio per continuare a combatterlo.

"E' incredibile come ci si può abituare anche ai cambiamenti più spaventosi col tempo, come si riesce a far fronte persino all'inimmaginabile"

"Da queste parti"
Gretchen, Carola, Jill: tre sorelle che si riuniscono alla morte del padre nella casa che lui aveva condiviso con la seconda moglie e che sarà teatro dello scambio di accuse e recriminazioni fra loro.

"Devota"
Nel racconto più lungo u
na ragazza e due ragazzi, amici dai tempi dell'università. Lei, innamorata di uno dei due e li ha visti diventare una coppia.

"Dieci minuti"
Il racconto conclusivo, inedito e brevissimo.
Una madre e un figlio si incontrano al parco dopo tre anni. Le autorità hanno concesso alla donna soltanto dieci minuti.

Non è stata una lettura facile. Proprio in un momento in cui avrei bisogno solo di letture di puro svago, mi è capitato in mano questo supplizio.
In ogni racconto c'è tanta omosessualità maschile, raccontata con naturalezza e delicatezza, com'è giusto che sia, ma ci sono soprattutto disagi familiari, di ogni genere e grado, e ovunque ci sono malattia o morte.

"La d
isperazione, il pessimismo e l'inquietudine fanno da sottofondo alla narrativa di David Leavitt", recita l'introduzione ed è proprio così. Mi piacerebbe leggere altro dell'autore, ma se queste sono le caratteristiche comuni in tutto ciò che ha scritto mi servirà una buona dose di coraggio per tornare da lui.

Reading Challenge 2024, traccia stagionale crucipuzzle, autunno: Natale nel testo




mercoledì 13 novembre 2024

"L'incredibile storia di Soia e Tofu", Pallavi Aiyar

 

Pechino, estate 2008. Soia - gattino rosso affetto da manie di protagonismo - e Tofu - micina nera timida e un po' fifona - sono nati in primavera all'interno dell'antica Città Imperiale, a poche settimane e a poche decine di metri di distanza. Lui, (incredibilmente) figlio unico, ha mosso i primi passi nello siheyuan della famiglia Xu, accudito dalla sua mamma. Lei è stata svezzata dentro a un bidone insieme a quattro fratelli.
Un giorno vengono portati via per essere consegnati a Mrs e Mr A, una coppia di stranieri arrivati da poco in città. Fra coccole, pranzetti prelibati e tanti posticini comodi e caldi dove dormire, i due maomi inizieranno subito ad apprezzare la loro nuova vita, senza dimenticare le proprie origini e consolandosi grazie al reciproco affetto. Finché a Soia viene proposto il ruolo di protagonista della pubblicità del nuovo, eccezionale cibo per gatti prodotto in Cina: e "qualcuno" finirà col montarsi la testa.

Pallavi Aiyar, scrittrice e giornalista indiana che ha vissuto per sei anni a Pechino, ha pubblicato "Chinese Whiskers" (unico suo titolo tradotto in italiano) nel 2010.

Un librino di 167 pagine con una copertina adorabile che non può non attrarre ogni amante dei gatti. Apparentemente una favoletta, raccontata da Soia e da Tofu che si alternano di capitolo in capitolo.

Due mici diversi nelle pellicce quanto nel temperamento.

Lui: il tipico gatto star, come lo erano il mio Gippi e il mio Gastone e come lo è la mia MuMù, vere e proprie primedonne, catalizzatori dell'attenzione di chiunque, quella dei loro umani e di ogni persona in visita, senza fare distinzioni fra parenti, amici, idraulici, antennisti e scocciatori vari.

Lei: esattamente l'opposto, capace di nascondersi per ore alla vista di chiunque non sia un suo umano, per poi diventare in assenza di estranei così affettuosa e presente da risultare perfino appiccicosa, esattamente come lo era la mia Fumetta e come è la mia Lunetta.

Ci sono tante cose carine nel libro, come lo stupore di Tofu quando vede per la prima volta un essere umano ("Niente zampe, niente baffi, niente coda") o la saggezza con cui la mamma descrive a Soia i limiti degli uomini ("Ai ren (gli esseri umani) piace parlare del tempo, quando piove esclamano "Piove!", benché sia piuttosto ovvio").

Apprezzabile anche la difesa degli animali:

"Quando le cose si mettono male, di solito i ren danno la colpa agli animali. L'anno scorso c'era un virus che dicevano venisse dai polli: è bastato che morisse un ren e hanno ammazzato quarantamila polli. Quando i ren hanno paura di un virus noi animali siamo nei guai"

Peccato che però l'autrice non si dimostri migliore di quelli che critica tanto:

"Come si fa a essere così crudeli con degli animali innocenti? Mi rifiuto di credere che non vedano la differenza tra uno zibetto che vive nei boschi e un cane o un gatto domestici"

Evidentemente per lei la crudeltà contro gli zibetti è lecita e io la gente che ragiona così non la sopporto.


La Aiyar tira molte stoccate alla Repubblica Popolare Cinese ("Il governo del suo paese non è esattamente noto per dire la verità") - come se l'India, soprattutto adesso, fosse un modello di democrazia - ma il racconto assume uno spessore inaspettato nella sua denuncia contro i divari e le disuguaglianze sociali perché ci sono tante, troppe persone che vivono da randagie, e non per scelta.


Reading Challenge 2024, traccia vagabonda novembre: India

domenica 10 novembre 2024

"Patrimonio. Una storia vera", Philip Roth

  

"Siamo in posa, in costume da bagno, un Roth dietro l'altro, sul prato antistante la pensione di Bradley Beach dove la nostra famiglia affittava una camera da letto con uso cucina ogni estate per un mese. É l'agosto 1937. Abbiamo quattro, nove e trentasei anni. Ci drizziamo verso il cielo formando una V, di cui i miei sandaletti sono la base appuntita e le spalle larghe di mio padre - tra le quali è perfettamente centrata la faccia furba da folletto di Sandy, - le due imponenti terminazioni della lettera. Sì, quella che spicca sulla foto è la V di Vittoria: di Vittoria, di Vacanza, di retta e distesa Verticalità! Eccola, la linea maschile, intatta e felice, in ascesa dalla nascita alla maturità!"

La foto in questione è, naturalmente, quella in copertina e merita di essere vista meglio:


Il protagonista del libro è Hermann Roth, morto nel 1989 a ottantasei anni per un tumore al cervello. Il figlio Philip due anni dopo pubblica "Patrimonio. Una storia vera", un memoir dove racconta la fase finale della vita del padre, partendo dalla diagnosi sbagliata fatta da un medico della Florida, dove il padre stava trascorrendo un periodo di vacanza a casa di un vecchio amico.
La perdita quasi totale della vista dall'occhio destro non era dovuta alla paralisi di Bell, ma - come riscontrato da successivi esami fatti in seguito alla comparsa di altri disturbi - era stata causata dal cancro, che agiva nella testa dell'uomo da almeno una decina d'anni.

Un romanzo biografico e autobiografico, estremamente intimo e riflessivo, che descrive le difficoltà e la sofferenza che accompagnano sempre la malattia e la consapevolezza di una vita giunta ormai all'epilogo.

In 187 pagine divise in sei capitoli, Roth - che all'epoca aveva 55 anni ed era già orfano di madre (era morta qualche anno prima, nel 1981) - commuove toccando con la condivisione del suo dolore tasti dolorosi per chi ha perso i propri genitori ben prima di lui.

Ma riesce anche a far divertire raccontando di un - decisamente non imperdibile - concertino di musica da camera suonato per il padre in Florida dai residenti della struttura dove soggiornava oppure descrivendo la maniacale - e non necessaria - avarizia che aveva caratterizzato alcune scelte del padre in tarda età o, ancora, ricordando l'imbarazzo provato durante una cena quando si era ritrovato a leggere la bozza di un libro scritto da un amico del padre, dietro insistenza del padre stesso che evidentemente non sapeva che l'amico aveva scritto un porno, nemmeno di buon livello.

Invece la scrittura di Roth, come sempre, incanta e con i rimandi alla situazione ebraica la storia personale diventa interessante anche dal punto di vista socio-culturale.

Toccante il suo ricordo di Primo Levi.

"Probabilmente il sopravvissuto il cui numero mi aveva fatto più impressione a vederlo era lo scrittore italiano Primo Levi. Nel 1986 ero andato a Torino a fargli una lunga intervista per il «New York Times», e nei quattro giorni passati insieme eravamo diventati misteriosamente amici intimi: così intimi che quando venne il momento di andar via Primo disse: «Non so quale di noi due è il fratello minore e quale il fratello maggiore», e ci abbracciammo con grande emozione come se quella potesse essere l'ultima volta che ci vedevamo. E fu proprio così. Avevamo parlato a lungo di Auschwitz, degli undici mesi che vi aveva passato quando era giovane e dei due libri che aveva scritto sui campi, e questo era stato il nocciolo dell'intervista. Essa venne pubblicata nella sezione domenicale del «Times» dedicata ai libri sei mesi giusti prima che Primo Levi si togliesse la vita gettandosi dall'alto della scala del palazzo di Torino dove abitava: la stessa scala le cui cinque rampe di gradini avevo salito pregustando il nuovo incontro ogni giorno che ero andato là per le nostre chiacchierate."


Intervista di cui non ho trovato il testo vero e proprio, ma solo due immagini degli articoli della traduzione pubblicata da "La Stampa": adesso devo solo trovare la forza visiva per riuscire a leggerla.

Reading Challenge 2024, traccia annuale Cocktail: un libro con lo sfondo di copertina bianco